martedì 1 marzo 2016

LO SFREGIO SUL VOLTO DEL TEATRO.






















Stiamo, noi attori, generalmente al di là del sipario che vedete sullo sfondo della foto. E troppo spesso non ci rendiamo conto delle difficoltà che colpiscono gli spettatori.
Ad esempio, difficilmente noi pensiamo al fatto che un signore si è svegliato alle sei del mattino, è andato al lavoro affrontando un'ora o più di traffico, è tornato a casa, dopo avere litigato con colleghi, capo ufficio, utenti allo sportello, riaffrontando lo stesso biblico viaggio, si è cambiato, è arrivato a teatro, ha cercato un posto per l'auto e l'indomani mattina si risveglierà alle sei per un'altra giornata di lavoro.
Questo dovrebbe farci sentire profondamente responsabili, soprattutto se si aggiunge che, l'eroico spettatore ha speso mediamente sui € 25,00 a biglietto moltiplicato almeno per due (parlo di Prosa, per la Lirica la media si alza vertiginosamente).
Ma ci sono altre difficoltà che il povero spettatore incontra, e le trova all'interno del teatro stesso.
Da qualche anno, infatti, una balorda normativa sulla sicurezza ha imposto di piazzare nei palchi delle fastidiosissime sbarre che rendono difficoltosa la fruizione dello spettacolo.
In alcuni casi, molti, sono poste al di sopra del "parapettino" del palco, in altri, come in questo nella foto (Teatro Carignano), addirittura all'interno.
Il risultato è che, per chi è fronte palco, si è costretti all'interno dello stesso, avendo così un effetto di limitazione sonora (fate il semplice esperimento di lasciare la testa dentro e di sporgerla poi fuori un attimo, e vi accorgerete della enorme differenza); per coloro che finiscono in palchi laterali è ancora peggio poiché la visione viene ad essere fortemente limitata.
C'è poi il posticino nell'angolo, quello dove in genere noi, da bambini, coricavamo la testa, riuscendo così a vedere meglio senza impedire la vista agli adulti che erano allineati al bordo della balaustra.
Non a caso, quello, a Napoli, viene definito come "'o posto d''o guaglione".
Come si può facilmente notare dalla foto, tale possibilità viene a scomparire, e in generale, quello che del palco si vede, è all'incirca quello che vedete nella foto.
E dalla foto potete notare che lo spazio perso è decisamente tanto. Circa 25 cm.
Risultato: chi non ha i soldini per comprate un biglietto di platea o di un palco fronte scena, viene decisamente penalizzato. Anche in questo caso si può rilevare che la forbice tra chi ha i soldi e chi non li ha viene ad allargarsi. Se puoi comprare godi, altrimenti soffri. Solo simbolico, si dirà, ma... tout se tient.
Il fatto è che, mentre tali barriere esistevano da sempre per i posti di loggione, giustamente, oggi si ritrovano anche sui palchi di prima fila.
Ora, a parte il fatto che trovo difficile che qualcuno cerchi di suicidarsi buttandosi da un palco di primo ordine dal quale al massimo si può incrinare una costola, sopra tutto mi preme segnalare all'improvvido legislatore che, così come non c'è un solo teatro al mondo che sia mai andato a fuoco per una sigaretta, non c'è mai stato un solo caso di suicidio gettandosi da un palco, e non sarà certo un'asta di ottone ad impedire di compiere, a chi lo decida, l'improvvido gesto. Nè si hanno notizie, a memoria di teatrante (decisamente solida) di sfortunate cadute!
Ci fa piacere per i costruttori di barre di ottone che avranno incassato qualche soldino, ma questa come mille altre cose, è una norma contraria alla storia, alla tradizione, alla consuetudine.
Le sbarre nei palchi sono come uno sfregio sul volto del Teatro, pare assurdo che tutti lo abbiano trovato normale.
Non lo è.

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