giovedì 18 luglio 2019

ANDREA CAMILLERI: TEATRANTE!

Ho visto e letto un mare di cose in queste ultime 24 ore su Andrea Camilleri. 
Ora, io Andrea il piacere di conoscerlo ce l'ho avuto, dato che era un insegnante della "Silvio D'Amico", ho seguito alcune sue lezioni e mi prese per fare uno spettacolo, che dopo qualche prova io rifiutai (avrei dovuto fare un intermezzo recitando tutta "La quercia del Tasso" di Campanile, lo fece poi un mio compagno di corso, Giacomo Zito). 
Quando al bar di fronte l'Accademia andai a comunicargli che avevo deciso di non partecipare più, mi disse: "Non preoccuparti, Alfonso, lo avevo capito. Tu sei un anarchico che lavora meglio solo che in compagnia". E tutto si chiuse lì, senza patemi. 
Ci ho messo anni, davvero anni per capire cosa volesse dire quella frase, per arrivare a dire, alla fine, che era vero, che Andrea Camilleri, in una breve frequentazione, aveva capito di me più di quanto io non abbia capito in 30 anni. 
Ci siamo incrociati piacevolmente in Accademia altre volte, e poi intorno casa sua poiché per un periodo ho abitato praticamente dall'altro lato della piazza, in via Corridoni. Sempre uno scambio cordiale, piacevole, una battuta spiritosa. Un uomo davvero davvero interessante sotto mille e mille punti di vista. 
Un giorno, in Accademia, durante la pausa pranzo, ero seduto a fumare sul muretto di fronte all'ingresso principale che delimita il cortiletto intorno la palazzina. C'erano un po' di nuvole e la luce era come grigia, pesante. Andrea apparve sulla soglia con la sua solita Multifilter tra le dita. Si guardò intorno, guardò il cielo, poi venne da me, piantò improvvisamente il suo viso a cinque centimetri dal mio e con quella voce che tutti ormai conoscete mi disse: "Che luce di merda!". E se ne andò. Io lo guardai andar via con gli occhi sbarrati pensando una semplice cosa: "è pazzo!". Ma non lo era, chissà cosa gli girava per la testa... 
Suonava il sax, con l'ancia, con l'imboccatura al contrario. Una volta a casa sua, durante una di quelle prove, spiegò anche il perché, ma non me lo ricordo.
Ora, come è purtroppo nell'ordine delle cose, Andrea non c'è più, e tanti di quella generazione splendida che ci ha allevato non ci sono più. Penso a Mario Ferrero, alla grandissima Marise Flach, ad Angelo Corti, a un bravo insegnate e ballerino che si chiamava Stefano Valentini che un brutto male si è portato via giovanissimo, Paolo Terni, Elena Povoledo... E un giorno, forse ve li nominerò tutti e vi spiegherò cosa facevano e perché erano speciali. 
Di questo gruppo di insegnanti straordinari faceva parte anche Andrea Camilleri.
Ho letto, vi dicevo, e ascoltato, decine di cose. E quel che più mi ha ferito è che nessuno ha detto o scritto che Camilleri era un docente dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica, e che insegnava una cosa importantissima: Regia. 

Forse avrò letto e visto le cose sbagliate. Tutto può essere.
E francamente me ne infischio delle polemiche politiche sia dell'una che dell'altra parte.

Su qualche giornale ho letto che "Camilleri si dilettava anche di regia". Beh, è una dimostrazione di ignoranza e superficialità che non mi meraviglia nell'attuale giornalismo italiano.
Camilleri ERA un regista, non si dilettava, ERA.
Camilleri Andrea diviene scrittore dopo, con il passar del tempo, ma studia da regista nella più prestigiosa scuola italiana di teatro, l'Accademia "Silvio D'Amico", e nel 1949 è anche il solo allievo ammesso al corso. 

Il suo Maestro si chiamava Orazio Costa Giovangigli, per tutti Orazio Costa: il Maestro dei Maestri, il più importante teorico e soprattutto pedagogo teatrale che il nostro Paese abbia conosciuto, che ha elaborato un proprio metodo di formazione dell'attore, che nel corso di quasi mezzo secolo ha fatto crescere quasi tutti gli attori e i registi della seconda metà del '900 in Italia. E noi, in qualche modo, siamo tutti figli, nipoti o pronipoti di Orazio Costa!

Ma tanto loro, quelli che scrivono, queste cose non le sanno. 
Non sanno chi è Andrea, perché non sanno chi è Costa, e non sanno cosa è un regista e che lavoro davvero fa, difficile e faticosissimo, e soprattutto non sanno che cosa sia il Teatro e quanta cultura e lavoro ci sia dietro anche soltanto a una farsa di Peppino De Filippo. 
Costa ha attraversato i confini nazionali con il "metodo mimico", in continuo scambio teorico e pratico con le scuole di mezzo mondo. Era, per farlo capire ai gonzi, lo Stanislavskji italiano. E a sua volta era cresciuto alla scuola di Copeau. Era anche un filologo, ma soprattutto era Maestro nel senso alto della parola (e pensate che rifiutava per sé la definizione di regista, ma figuriamoci quanto vi incartereste se adesso vi spiegassi questo, nel link su Costa ci sono moltissime buone informazioni). 

A questa scuola è cresciuto Andrea Camilleri, nello stesso periodo insieme a un altro grande Maestro, Mario Ferrero, anche lui allievo e per tanti anni assistente del Maestro Costa.
Era una generazione con le palle, c'è poco da fare! Camilleri, fece nel '58 il primo Beckett in Italia, Ferrero, di qualche anno più grande, il primo Eliot (Cocktail Party, 1950). Non solo: Ferrero, rampollo di benestante famiglia fiorentina, conosceva benissimo l'inglese, al punto che in gioventù ha tradotto alcuni dei racconti di Hemingway che ancora trovate pubblicati. Purtroppo non si sa più quali siano e in verità nemmeno Mario se lo ricordava più. 

Le storie sono strane, e si intrecciano a volte meravigliosamente: Ferrero fece il servizio militare insieme a un certo Franco Rosi, il quale finita la guerra lo invita a Napoli dove Ferrero conosce Patroni Griffi, ed insieme a questi va a vivere a Roma, Mario per frequentare l'Accademia, Peppino per lavorare alla Radio. 

Scusate se ho deviato un attimo dalla mia riflessione su Camilleri. Era solo per farvi comprendere cosa siano state quelle generazioni.
Camilleri e Ferrero si re-incroceranno tante volte in tv, uno come regista (Sorelle Materassi, Velia, I Murri, Il commissario De Vincenzi), l'altro come dirigente Rai. 
Poi di nuovo in Accademia, entrambi a insegnare, Mario recitazione in versi (materia che oggi, chissà perché, non si insegna più), Camilleri fu scelto per sostituire proprio il loro Maestro Orazio Costa alla classe di Regia. 
E si poteva capire il perché: Mario era più "pratico", più feroce nell'attaccare il palcoscenico, più "animale di scena". Il primo anno di corso con lui ti rivoltava come un calzino, ne uscivi invecchiato, maturato all'improvviso di cinque anni. 
Andrea era più riflessivo, narratore, quasi più intellettuale sebbene entrambi avessero vasta cultura, ragionatore, conoscitore di uomini e cose, maggiormente capace di condurre un allievo dentro lo spirito di un testo e nel mistero di quel difficile lavoro.
Racconta un suo carissimo allievo, Giuseppe Di Pasquale, che ogni mattina Andrea cominciava, seduti al bar ovviamente, con raccontare: "Stanotte ho sognato che...". 

Un giorno, anche un po' esasperato da questo modo di procedere, Di Pasquale gli chiese: "Scusa, Andrea, ma perché ci racconti sempre cosa hai sognato?", e lui: "Perché se non sai raccontare una storia non puoi fare questo lavoro". 
Ecco, quando parlava di "questo lavoro", Camilleri si riferiva al regista, a ciò che lui era. 
DOPO, solo dopo è diventato uno scrittore. Il perché non lo so e non ha alcuna importanza. Per lui, evidentemente, era un altro modo di raccontare una storia. 

Chiaro che la popolarità viene dai libri, da Montalbano, dagli sceneggiati tv con Zingaretti, per tantissimi Camilleri è l'autore di Montalbano e basta. Va benissimo!
Ma forse, scrivendo un "coccodrillo", certi cronisti dovrebbero fare lo sforzo di raccogliere qualche informazione in più e non fermarsi come ormai regolarmente paiono fare, all'evidente e all'ovvio! 

Andrea Camilleri era un regista, allievo del più grande Maestro di Teatro che l'Italia abbia mai avuto, Maestro a sua volta di regia e anche di recitazione nella più importante scuola italiana di Teatro, che poi un giorno, per motivi suoi che non ci interessa sapere, è diventato anche scrittore. 
Le vie del destino sono strane, " cos'è il caso - si chiedeva Borges - forse il caso è soltanto la nostra ignoranza della complessa meccanica della casualità": Andrea chiude il suo percorso, almeno quello pubblico, con un bellissimo spettacolo che ieri sera Rai1 ha riproposto, "Conversazione su Tiresia", una meravigliosa serata di teatro nella quale chi ha orecchio per queste cose, poteva ritrovare proprio tutta la lezione di Costa, quella della grandissima recitazione italiana, della recitazione migliore, alta, che cerca i colori, le espressioni, il senso logico e filologico, la combinazione di questi con il sentimento, che spinge sulla nitidezza delle frasi, sulla chiarezza dell'espressione, con i ritmi, la sorpresa, il sorriso elegante. Le sue letture dei versi, poi, erano emozionanti: piene, assolute, esattamente come quella scuola ci ha insegnato, attraverso non soltanto Costa, ma un altro grande Maestro di allora, Mario Pelosini.
L'ho visto ieri sera e ho goduto, l'ho visto e posso dire senza tema di smentita che Camilleri non parlava, recitava!, con tutta la consapevolezza del teatrante di razza e di altissima scuola, la nostra, quella italiana.  
Poi fu lo scrittore, ma alla fine di tutto Andrea è tornato a casa.