lunedì 17 gennaio 2022

ERA MIO NONNO

Il 17 gennaio sta per terminare. 
Oggi si festeggia Sant'Antonio Abate. Il santo del porcellino. 
Mio nonno, nacque a Messina proprio in questo giorno, nel 1906. La sua era una famiglia decisamente benestante, secondo alcuni ricordi ricca. Gli fu dato nome Antonio,  in onore del santo del giorno, e così per compleanno e onomastico ebbe sempre una sola festa.
Suo padre, Vittorio, era un disegnatore navale, la madre, una Crisafulli, proprietaria terriera. 
Vittorio morì presto, e mio nonno Antonio, da tutti detto Totò, si ritrovò a dover essere capofamiglia ben prima del tempo. Da quella morte tutta la sua vita cambiò. 
Le redini della famiglia furono prese in mano da un cugino che aveva sposato sua sorella Maria Rosaria, sposati con una dispensa ecclesiastica perché i matrimoni tra cugini non erano propriamente permessi. 
Il cugino, però, era un accanito giocatore, e come accade spesso in queste storie, dissipò in breve tempo, a Zicchinetta, tutto il patrimonio di famiglia. 
Le donne, a quei tempi, non parlavano. Le responsabilità erano dell'uomo, e loro vi si adeguavano qualsiasi cosa accadesse. 
La famiglia si ritrovò in miseria, il cugino-sposo fu colto da un improvviso malore e morì. Totò non aveva ancora 17 anni. Dovette lasciare gli studi. Ma non era pensabile, all'epoca, che le donne, soprattutto le donne di una famiglia agiata e nota in città, lavorassero. La sola strada fu l'emigrazione, la meta fu Roma. 
6 e 17, fa 23. Era dunque il 1923 quando, fatte le valigie, la famiglia La Bella/Crisafulli si trasferì nella capitale: era da poco arrivato il Fascismo. E Totò non trovò di meglio, per mantenere la famiglia che diventare un militare. Entrò nella Milizia. La famiglia trovò un po' di respiro. Non è difficile immaginare perché Totò vedesse il Cav. Benito Mussolini come una sorta di secondo padre. E a quel padre fu fedele sempre, finché alla caduta del fascismo, alla sconfitta, alla fine della guerra, Totò elaborò il nuovo lutto e di tutto quel periodo della sua vita non parlò mai più. 
Antonio ha vissuto da lì in poi la sua vita come tutti, tra gioie e dolori, benvoluto e rispettato da coloro che lo conoscevano. Nel 1963 perse la sua prima figlia per un brutto male. Da allora ha sempre portato la cravatta nera del lutto fino all'ultimo dei suoi giorni, non è mai più andato al cinema o a teatro. La sola cosa che si concedeva era andare al ristorante ma soltanto quando c'erano i suoi figli e i suoi nipoti.
Non tornò mai più in Sicilia. Tutte le volte che attraverso lo Stretto non riesco a non immaginare un ragazzo bello, di 17 anni anni che guarda la sua casa allontanarsi per sempre. Era mio nonno.   

OBTORTO COLLE

Dal caro amico nella vita e in Twitter, Ismaele, con grande piacere ricevo e pubblico, nella certezza che quanto prima si "sdebiterà" con un buon bicchiere di Nebbiolo.


Quirinale? O se volete ‘momento PeterGoodwin’.

A Torino c’era un barbiere che per ogni tornata elettorale o referendaria piazzava l’urna in negozio e faceva votare i clienti. Organizzava dibattiti che hanno richiesto l’occupazione autorizzata di suolo pubblico, con chiusura della via e maxischermi esterni, per i molti che non trovavano posto in barberia. Clientela che spaziava dal senato accademico al circolo degli immigrati sardi, dalle amministrazioni comunale-provinciale-regionale alla gente del quartiere, su su fino alle fondazioni delle banche e - non plus ultra - ai suonatori un po’ sballati e ai balordi come me. Mimmo non dava ragione a tutti e non stava sul vago perché, si sa, il cliente… no no: lui ti diceva la sua e contestava la tua. E poi a bere e mangiare e cantare. Alla sua memoria dedico questo texto. 


Qualche puntata fa il #GattoThunbergShow è decollato dalla vetta del Colle per raggiungere quote ben più elevate.

Per chi se la ricorda vorrei rimarcare che: 

1)la battaglia che rese non più credibile lo stato d’emergenza e portò alla destituzione del Comitato tecnico scientifico di salute pubblica con conseguente liquidazione dell’avvocato Maximilien Robersperr e della sua potenza fu quella di Fleurus e non quella di Valmy;

2) riguardo alle coordinate spaziali tutti gli interventi sono rimasti nel recinto italico, solo ‘Durezza del vivere’, col nome di David Sassoli, aveva montato il grandangolo; riguardo a quelle temporali non si è risaliti oltre Napolitano. 

E qui sta il problema. 

Non si tratta di un gioco fra i partiti. Si tratta dell’Ambasciata di Via Vittorio Veneto e di quella di via XX Settembre. E non si tratta di un ruolo del presidente che sarebbe cambiato con la nuova gestione, forno a legna, di Napolitano e Mattarella. Da qualche anno chiunque, anche se stava facendo l’Erasmus o prendendo un PhD, dovrebbero essersi accorto che la favola delle elementari - il presidente che taglia solo nastri - non è mai stata più vera di quell’altra sull’Italia paese sovrano nato dalle resistenze, mentre invece è nato dai condensatori. 

Chi ha detto che Mattarella “è spuntato fuori dal nulla” si è dimenticato che lo stesso fu Vice di D’Alema alla Presidenza del consiglio dei ministri, con delega ai servizi segreti, e Ministro della difesa nel secondo governo D’Alema. A quei tempi un ragazzino di nome Novak si esercitava fra un bombardamento e l’altro, in Serbia, dov’era Nato.

Cossiga lo ha detto e lo ha scritto di aver garantito per D’Alema con inglesi e americani, da ex-Presidente. Ma Scalfaro fu un tagliatore di nastri? E Ciampi? E Pertini non diede l’incarico al primo socialista di formare il governo? In piena autonomia? E Moro (cof, cof … ehm!)? e Segni? E Saragat, ieri citato come un pistola qualsiasi, dimenticando che il Partito socialdemocratico è stato letteralmente una creatura USA?

Ho cominciato a prendere sul serio la candidatura di Draghi al Quirinale il giorno in cui chiamò dittatore Erdogan. Non era una gaffe. Si parla di Libia, per dire. Leviamoci dalla testa l’idea che il presidente della Repubblica, nonché del suo Consiglio supremo di difesa, possa scaturire solo dall’aula sordocieca e arcobaleno. 

Ora, esiste la versione di Boni, secondo cui bisogna tifare per Draghi al Quirinale perché potrebbe fare meno danni, forse perché non completamente in grado di controllare l’imprevisto elettorale e le dinamiche fra i partiti. Insomma, sui massimi sistemi resterebbe in grado di esercitare un controllo, ma sull’attività ordinaria dell’esecutivo forse resterebbero margini di manovra. Mah…

Un pronostico forse non campato in aria è questo: Draghi resta a Chigi, e Mattarella resta al Quirinale, con la scusa del DDL Zanda, a tempo determinato. Poi: fine della legislatura approvato il DDL o al massimo al 2023, elezioni delle Camere ridotte dalla riforma e riallineate all’elettorato che non si astiene, dimissioni e elezioni presidenziali.



Ismaele @ChiamatemiI