martedì 26 gennaio 2016

SE I GAY DISCRIMINANO I GAY

Ci sono due coppie omosessuali, una composta da due uomini e una da due donne. Sono entrambe coppie di benestanti. Le due coppie decidono entrambe di avere un figlio.
I due uomini, potendo spendere, prendono un utero in affitto, le due donne, potendo spendere, ricorrono all’inseminazione artificiale. Il loro sogno si compie.
Ci sono due coppie omosessuali, una composta da due uomini e una da due donne. Sono entrambe coppie di operai e/o impiegati, reddito basso o medio basso, vita dignitosa, ma certamente non benestanti e impossibilitate a spendere grandi cifre. Le due coppie decidono entrambe di avere un figlio.
I due uomini non hanno la disponibilità economica per prendere un utero in affitto. Le due donne non possono permettersi una inseminazione artificiale.
Ma ecco che interviene la natura: le due donne, decidono che una di loro avrà una storia con un ragazzo, un bellissimo ragazzo, giovane, alto, forte, occhio scuro e intenso, volto intelligente, scelto magari da entrambe per l’abbisogna. Il ragazzo non saprà della omosessualità di lei, conoscerà l’altra coma la migliore amica, intreccerà una storia, un mese, forse due, se è necessario tre. Nel momento in cui la donna sarà certa di essere incinta lo lascerà, con una qualsiasi scusa troncherà il rapporto senza comunicargli della nuova situazione. Il ragazzo non saprà mai di essere divenuto padre. La donna tornerà dalla sua compagna e insieme avranno il loro tanto sospirato bambino.
Nel frattempo, la coppia gay dei due uomini, operaio uno, impiegato l’altro, sarà ancora alla ricerca di una soluzione per realizzare il loro sogno. Alla fine, conti alla mano, ci dovrà rinunciare.
Ecco che la primordiale discriminazione di natura, caratterizzante le coppie etero, implacabilmente si replica: se una donna vuole un figlio può fare a meno della vita con un uomo, se un uomo vuole un figlio deve per forza... avere a che fare tutta la vita con una donna, anche se saranno divorziati.

Nella sacrosanta lotta dei diritti delle coppie omosessuali, lo si voglia o no, l’elemento economico si fa determinante a dispetto della buona fede collettiva e del singolo. Non considerarlo è solo non voler guardare in faccia la realtà: prima dei diritti civili, vengono i diritti sociali; senza questi, gli altri non hanno senso; e la battaglia che pare di tutti, si tramuta, in realtà, in battaglia per pochi.
Potremmo pensare a inseminazioni artificiali negli ospedali pubblici. Ma se vengono meno i diritti sociali, ci saranno ancora ospedali pubblici?
Reputo l’utero in affitto una pratica immorale, figlia diretta del sistema capitalistico, e dunque naturalmente un mostro genetico come quasi tutto ciò che del capitalismo è figlio; ma allora per la nostra coppia di due uomini si potrebbe pensare all’adozione, che è veramente una gran bella cosa, forse la migliore di tutte le soluzioni – anche per la coppia di donne -, ma quanta fatica costerà tirare su un figlio senza scuola pubblica, senza sanità pubblica, senza quei servizi di base che non solo garantiscono la dignitosa sopravvivenza del cittadino, ma sono anche l’intelaiatura de "l’ascensore sociale"?
Perché “l’ascensore sociale”, per un qualsiasi vero genitore, è importante: nessun vero genitore, che abbia una vita di difficoltà e sacrifici, vuole che suo figlio faccia la sua stessa vita. Qualsiasi genitore normale – la normalità non ha nulla a che vedere con la sessualità – vuole che il proprio figlio faccia un passo in più rispetto a quelli che lui ha fatto o potuto fare. Perché questo accada, se non hai di tuo i soldi, tanti soldi, puoi solo contare su una struttura sociale forte che garantisca a ciascuno pari dignità, diritti, possibilità.
Per vedere esistere davvero i tuoi diritti civili, hai innanzi tutto bisogno di uno stato sociale forte, inattaccabile.

E qui vengo alla nota dolente, quella che mi fa arrabbiare da etero, ma che da gay mi farebbe davvero imbestialire.
È con profondo disgusto, signori della corte, che rilevo che ogni qual volta un Governo è in difficoltà, viene fuori la storia dei diritti della coppie di fatto, e la discussione di tutto il popolo si concentra sui matrimoni gay e le problematiche a questi collegate.
Tra banche che saltano, esodo di migranti, Unione Europea che si sfalda, intrighi massonico-politico-finanziari, tensioni internazionali, elezioni amministrative alle porte, referendum costituzionale in avvistamento, scandali di vario genere o sempre dello stesso: “er politico rubbba”... guarda un po’ su cosa viene concentrata la nostra attenzione: i diritti civili, quelli che “noi non siamo un paese civile”, quelli che “in tutto il mondo...”, quelli che “in europa siamo rimasti i soli che...”, quelli che “le adozioni come in america...”

Ecco, parliamone un momento di questa storia dei figli, naturali o adottati.
O meglio: dove ne parliamo, dove ne parlano? Fondamentalmente in televisione.
E chi va a parlarne in televisione, a dirci che il bambino ha bisogno di una figura paterna e una materna, che la natura ha fatto così e poi così, e quell'altro controbatte che non è vero, e che poi quindi sì e che poi quindi no...? 
Ma sempre i politici, miei cari lettori, politici, giornalisti e opinionisti vari.
É esattamente in quel frangente che dovrebbe sorgervi il sospetto, per la miseria! Perché dovreste chiedere: dove sono i veri esperti, gli scienziati, gli psicologi, i pediatri, gli psicoterapeuti, gli antropologi... Insomma, dove cazzo sono quelli che studiano queste cose? E sopratutto, dove sono gli studi scientifici, scritti, nero su bianco, che certificano o sostengono l’una o l’altra teoria?
Continuate, invece, ad ascoltare vuote chiacchiere di chi non ha alcuna competenza per fare informazione su materia delicatissima. 
E il lasciare al deputato libertà di coscienza è un’altra bufale che fa parte di questo sporco gioco, dove tu, caro amico gay, sei preso per il culo come tutto il resto dei cittadini: perché quale coscienza si può avere senza una informazione scientifica e corretta? La coscienza, se lo avessi dimenticato, non solo la si ha, ma la si forma anche, ce la si forma, ce la si costruisce, si “prende coscienza” appunto.
La coscienza non è una sorta di istinto che ci induce, per via di natura, a decidere sul bene o sul male. Osserva bene: nella parola “coscienza”, vedi o non vedi compresa la parola “scienza”?
E allora, senza SCIENZA, che cazzo di COSCIENZA vuoi formare?
Lo capisci o no, caro il mio amico omosessuale, che questa è tutta una presa per il culo? Chiediti perché dei tuoi diritti si parla solo quando la cose vanno male, mentre se ne dovrebbe parlare, e intensamente, quando le cose vanno bene, quando il Paese può davvero garantirti i tuoi diritti, come può garantirli a tutti i cittadini.
Certo, domani potrai andare ad assistere il tuo compagno/a in ospedale. Sempre che esistano ancora gli ospedali. In clinica, basta che hai i soldi e paghi, l’assistenza la fai già.
Certo, domani avrai il diritto alla reversibilità della pensione. Sempre che esistano ancora le pensioni pubbliche, ché quelle private puoi già renderle reversibili, basta che paghi.
Certo, domani...
Non devo continuare, so che hai capito.

O almeno lo spero, spero che tu abbia compreso, mio carissimo amico omosessuale, che in realtà questa politica ti usa più di quanto usi gli altri cittadini; e che ancor più che usarti, attraverso una adeguata propaganda di regime, ti raggira, ti illude, ti abbindola, ti mostra un mondo che non esisterà proprio perché non potrai esercitavi quei diritti per cui tu e tantissimi di noi hanno combattuto e combattono.
Tu mi dirai, a questo punto, che essendo tanto tempo che si conduce questa battaglia, non è il caso di stare a sofisticare e si deve arrivare a positiva conclusione. Capisco e in parte concordo anche.
Ti chiedo solo di stare molto molto attento, e di non pensare mai che sia finita qui. Finita qui non per te, ma per tutti. Ti chiedo, infatti, di metterci lo stesso impegno e lo stesso entusiasmo e la stessa determinazione, quando si parla di diritti dei lavoratori, spero di vederti ancora agguerrito e in piazza quando si parla di diritto alla salute, sui social e nelle sfilate per la strade quando si parla di scuola pubblica, di giustizia, di difesa dei posti di lavoro, di lotta al potere finanziario distruttivo della nostra società, di battaglia contro tutto ciò che vuole distruggere lo stato sociale.
Altrimenti, caro amico omosessuale, avrai soltanto contribuito a creare una nuova discriminazione, contribuito ad allargare la forbice tra ricchi e poveri, alimentato un sistema dove chi ha danaro si salva, gli altri affogano. Avrai, da gay, discriminato altri gay.

lunedì 11 gennaio 2016

LA PERCEZIONE


















Da qualche tempo si è inserito nel dibattito politico italiano un dato estremamente interessante, quello della “percezione”.
Interessante non tanto per quel che di volta in volta racconta, quanto per l’uso che ne viene fatto.
Ad esempio, la percezione della corruzione o la fiducia degli italiani nella ripresa economica (che sempre di una percezione si tratta), vengono sbandierati dalla “armata governativa” come un dato importante su cui basare le decisioni future o sul quale far ruotare la retorica del buon lavoro svolto.
In questo caso, va a capire il perché, la “percezione” assume un “valore scientifico”. Sulla base di cosa non si sa. Che può esserci di scientifico nel fatto che io percepisca che gli altri non mi vogliono bene, o che sono corrotti, o raccomandati o ammalati o buoni o grassi o magri...?
È soltanto la mia percezione, la mia sensazione. Che valore può avere rispetto ai dati, per esempio, del PIL o della disoccupazione? Ma siccome serve alla narrazione (Dio!, non se ne può più di questo termine, bisognerà trovare un’altra parola) di chi guida la barca, ecco che il dato viene sbandierato ai quattro venti.
Lasciamo stare per ora a cosa può servire il dire che gli Italiani percepiscono il loro Paese come il più corrotto d’Europa. Basterebbe, per controbattere, mostrare che i Tedeschi percepiscono il LORO Paese come il più corrotto d’Europa.
Stamane sento un altro dato: tra gli Italiani, in rapporto al problema emigrazione, è alta la percezione di insicurezza con conseguente paura.
Curiosamente, ascoltando i soliti dibattiti televisivi, questo elemento viene immediatamente smontato, rilevando, appunto, che si tratta di “percezione”, e che quindi ha un valore relativo.
La prima osservazione che sorge è: perché se la percezione interessa voi è trattata come dato assoluto, se viene contro la vostra “narrazione” invece non lo è?
Fatevi la domanda e datevi la risposta perché tanto è facile.

La seconda osservazione è forse più interessante: la “percezione” diventa dato scientifico nel momento in cui si entra nel campo della psicologia. Nel momento in cui, cioè, essa rileva il rapporto tra il racconto (sinonimo di narrazione) fatto e il risultato psicologicamente ottenuto; quando, insomma, viene ad indicare la relazione non tra il mio operare e i risultati reali, ma tra il come te la racconto e il quanto mi credi. Questa relazione è talmente forte - forte perché si sedimenta nel profondo di un inconscio sia singolo che collettivo – che diviene difficilissimo, quasi impossibile smontarla (chi è passato in psicoterapia sa che non basta un giorno o una settimana di cura per cambiare la propria visione delle cose).
Con questo tipo di “indagine di mercato”, dunque, posso verificare se attraverso il consolidamento della tua percezione, la mia narrazione è stata efficace; quindi, ciò che realmente si consolida è... il mio potere, la mia possibilità futura di gestire le cose rilevando di volta in volta quanto devo correggere la “narrazione” e quanto questa può procedere sullo stesso binario.
La scientificità, dunque, è nell’uso delle parole che, come scriveva Roland Barthes, sono una chimica impalpabile, ci entrano dentro e ci modificano, che noi lo si voglia o no, che noi lo si percepisca o no. E a questa bella citazione colta (Barthes fa sempre “colto”), ve ne accosterei un’altra, di Xavier Marias, dal suo romanzo “Un cuore così bianco” (titolo non a caso preso da battuta del Macbeth shaekespiariano), che osserva una cosa talmente semplice quanto irrilevata e vera: “Le orecchie non hanno palpebre”.