sabato 13 gennaio 2018

AUTORI E ATTORI: PROFESSIONISTI vs DILETTANTI (Se il teatro perde un pezzo di repertorio)

Per anni non mi sono coricato presto la sera... sono dunque disabituato a prendere sonno in "orari da impiegati". Ma ho una compagna "impiegato" e quindi volentieri mi adeguo.
La soluzione che ho ultimamente trovato per conciliare il sonno è decisamente piacevole: prendo il nostro piccolo tablet, metto le cuffie, mi ricopro totalmente con il lenzuolo perché la luce del video non disturbi il sonno di chi mi è accanto, e guardo una bella, vecchia commedia su YouTube. 

Ultimamente ho visto tutte le quattro commedie di Renato Simoni, ora sto dando una interessante passata a Aldo De Benedetti, ma prima ancora mi sono goduto Giraudoux, e Anouilh, Guitry, G.B. Shaw... e poi tanti e tanti altri autori, classici e no. 
Il tutto, ovviamente, è condito da interessanti regie, attori straordinari o quando va male bravissimi, e messe in scena rigorose che offrono il vantaggio, vedendo, praticamente di avere letto la commedia. 
Guardo un atto, magari due... e pian piano mi addormento... sereno... il resto... sarà... per... domani... not... (ronf... ronf... ronf...). 

Link non ve ne offro, perché come vi ho detto è tutto su YT. 
La cosa ulteriormente interessante è che tutto questo prezioso materiale, quasi sempre in bianco e nero, è per il 98% produzione RAI!
Ora, quando ero ragazzo e andavo a teatro (adesso non so cosa ci vado a fare se non a trovare gli amici), sui nostri palcoscenici giravano tante e tante di queste commedie, e pure quando sono entrato in arte, parliamo della fine degli anni '80, ancora abbondavano gli allestimenti di autori che oggi sono considerati minori, secondari... oppure autori che "non fanno incassare".
Che i nostri cartelloni siano strapieni, abbuffati di Shakespeare e solo Shakespeare, commedie tratte da film, musical spesso scalcagnati, monologhi e monologanti, pseudo innovazione teatrale rompipalle, avanguardia dell'avanguardia dell'avanguardista... è roba che ci siamo già detti.
Interessante è però notare due cose: la prima è che perdendo questo repertorio si va perdendo un pezzo di tecnica recitativa, quella per capirci del cosi detto "tono medio", del dialogato, che pare "naturale" ma in realtà è costruitissimo e si presenta come semplice proprio perché frutto di lavoro nascosto e tecnica anch'essa nascosta. Lo volete chiamare Teatro Borghese, pensando di offenderlo? Fate pure, lui non si offende poiché sa che proprio attraverso la sua pratica frotte di attori e registi hanno appreso il mestiere. Infatti è facile notare che da quando quel Teatro Borghese lo si considera come una sorta di abominio, sono cresciute frotte di attori e registi tecnicamente carenti: quelli del microfono, quelli della tv che non si capisce che cazzo dici, quelli che non conoscono il proprio corpo o la propria voce, quelli dei luoghi comuni sulla recitazione, quelli che non sanno leggere un copione. ecc. ecc. Perché come spiegava Eduardo: non c'è niente di più costruito della recitazione naturale. Chi non capisce questo è meglio che cambi professione. 

La seconda cosa è forse ancor più interessante, soprattutto in chiave sociale, culturale ed economica. 
E già, perché perdendo tutto questo repertorio, o in nome dell'incasso o in nome della "cuuuultiuuuura", questi autori e le loro commedie divengono terra di scorribande solo per gli amatoriali, per i dilettanti, per le congreghe parrocchiali. Per motivi evidenti: non hanno il problema dell'incasso, non hanno il problema della cultura, non hanno il problema di far quadrare i conti del teatro, non hanno un problema di pubblico perché si portano dietro truppe di familiari... e frequentando questi repertori non hanno più nemmeno il problema del confronto con i professionisti!
Finisce così che se volete vedere un Renato Simoni, forse dovrete affidarvi a una filodrammatica veneta, un Bersezio a una piemontese, "le dozzine di rose scarlatte" vi giungeranno dalla parrocchia di sant'Aldo, "le miliardarie" dal dopolavoro bancario... 
A voi pare una cosa normale? A me no. Perché il primo degli amatoriali non sarà mai come l'ultimo dei professionisti (e a questa differenza dedicherò un prossimo post); perché è comunque un pezzo di cultura che non può essere messo in un angolo, oltre tutto con scuse banali del tipo "l'autore XXX non è culturalmente importante"; perché questo è un altro dei segni che tutte le politiche per il teatro ideate e ATTUATE negli ultimi quindici anni almeno hanno prodotto questi risultati: omologazione nelle proposte, abbassamento del livello qualitativo. 

Da ultimo: a quelli che fanno spallucce davanti a certi autori, che li guardano dall'alto in basso, o che magari vanno in giro dicendo che quella è roba che non ha più senso, che "è roba vecchia"... è forse bene cominciare a chiarire una cosa: quella "roba" non è vecchia, mio caro/a, la consideri vecchia soltanto perché tu NON LA SAI FARE. 
Troppi di questi signori mascherano la loro incompetenza con il disprezzo, il dileggio, il distacco, millantando superiorità; e se non fosse per un sistema politico-culturale malato, venduto e di parte, che li sostiene e propaganda come solo il megafono del potere sa fare, costoro non avrebbero nemmeno accesso alle parrocchie delle periferie. 
Insieme ad un repertorio lasciamo per strada delle competenze.
Andate su YT a guardare una di queste vecchie commedie, osservate gli attori, la scrittura dei dialoghi i semplici movimenti di macchina, e poi chiedetevi se voi siete capaci di recitare in quel modo, di scrivere così, di far capire allo spettatore con quella chiarezza quel che il testo non dice... Io, tutti i giorni, mi dico: non sono capace. Solo per questo continuo a essere un attore, perché non baratto la mia umiltà con false competenze.  

venerdì 5 gennaio 2018

1 cent a sacchetto di comprensibile indignazione

Di fronte alla storia del "pagate la tassa sul sacchetto del supermercato" non si sono, come tradizione italiana, costituiti due schieramenti, ma tre.
Il primo protesta per l'iniquo balzello, il secondo gongola per il freno al consumo di materiali non biodegradabili, il terzo si indigna soprattutto con i primi perché con tutte le cose per cui si potrebbe protestare, come ad esempio aumenti di luce e gas, ci si preoccupa dell'insignificante centesimo per il sacchetto della frutta. Va detto, per onor di verità, che in questo terzo schieramento c'è un ulteriore filone, quello di coloro che sostengono che tutta questa storia dei sacchetti sia una manovra di distrazione di massa, anche se non si sa ancora bene da cosa dovrebbe distrarre, ma attendo fiducioso perché sono un complottista.

Lasciamo stare quali possano essere i motivi per l'introduzione della tassa; un giro su internet e trovate molti articoli come questo.

Personalmente sono nello schieramento di "ci sarebbero ben altre cose per le quali indignarsi", ma credo sia il caso di comprendere le quasi assurde ragioni di quelli sconcertati per il centesimo a sacchetto, come forse nemmeno loro le hanno comprese.
Ipotizzando che una famiglia possa spendere € 0,15 a settimana in sacchetti, e sapendo che le settimane in un anno sono 52, la famiglia dovrebbe spendere circa € 8,00 l'anno (per l'esattezza € 7,8), ma arrotondiamo pure a € 10,00. Diciamo che la famiglia è decisamente disastrata poiché composta da tre persone e con un introito mensile di € 1000,00. Facile comprendere che quei dieci euro l'anno seppure importanti (possono essere dieci pacchi di pasta) alla fin fine, però, non manderanno la famiglia all'elemosina, né il risparmiarli la arricchiranno. Mentre gli aumenti di gas, luce, acqua, servizi pubblici... potranno invece creargli grossi, grossissimi problemi!
Ma allora perché la nostra famiglia tipo è più incazzata per il sacchetto che per il gas?
In realtà per gli aumenti di acqua, luce, ecc. la famigliola è già parecchio arrabbiata, con l'aggravante che non potendo fare a meno di certi servizi, per scaldarsi, cucinare, lavarsi... borbotta e ingoia l'amaro boccone cercando di tirare avanti.
Il problema è che, come dice un vecchio adagio, non è l'alluvione a far traboccare il vaso, ma la goccia, e il cent per il sacchetto è proprio come quella goccia; è il simbolo di una misura colma, di un confine che è stato attraversato, il senso più profondo di una ingiustizia subita, e subita due volte proprio perché insignificante, proprio perché principio puro senza altre implicazioni. In parole povere, è come se la gente dicesse: "Riusciamo a sopportare tutto, ad adeguarci a tutto... ma diamine, anche questo no!".
Sì, io resto convinto che ci siano motivi ben più importanti per arrabbiarsi, indignarsi, protestare e andare a votare contro il sistema che ci soffoca, ma credo di capire la sensazione che gli incavolati per il sacchetto della frutta provano: una cosa è difendersi da un cane da pastore, un'altra da una zanzara tigre, ma nel vostro quotidiano cosa vi fa imbestialire di più?

PS - Anche questa norma, ci dicono gli uomini di governo, si deve al recepimento di una normativa europea. Che poi scopriamo si poteva non recepire.
Una certa politica (europeista!) non cerca più soluzioni, anzi la sola soluzione che conosce è quella di scaricare sempre le responsabilità su qualcun altro, in questo, come in decine di altri casi, siccome "ce lo chiede l'Europa", il qualcun altro è proprio l'Europa.
Bene: se come loro limpidamente continuano a dirci, dipende dall'Europa, perché poi si meravigliano che la gente, esasperata, diventa sempre più euroscettica? Un corto circuito che loro stessi hanno creato e alimentano minando il campo su cui poggiano i loro delicati piedini. 

giovedì 4 gennaio 2018

COMMISSIONE MORO, IL SILENZIO DELLA STAMPA

Il 13 dicembre dell'anno appena trascorso, il Parlamento ha approvato all’unanimità la relazione finale della Commissione d’inchiesta sul caso Moro presieduta dall’on. Giuseppe Fioroni. 
Un atto importante. Tanto più che la relazione della Commissione contiene una serie di notizie, aspetti del caso e analisi, davvero interessanti.
Interessanti per gli Italiani, ma non per la stampa italica, a quanto pare, che ha praticamente sorvolato su tutta la faccenda. 

Visto che non lo fa la stampa, dunque, facciamolo noi blogger. Noi, quelli della fake news...
Io non sono certo in grado di scrivere di cose così complesse, e allora vi lascio qui il link di un interessantissimo post di Giovanni Fasanella, giornalista... che si è aperto un blog (e non da oggi), forse perché così può scrivere di quello che reputa interessante per l'opinione pubblica? 

Ai posteri l'ardua sentenza... Intanto la chiusura di certo non polemica del suo pezzo, e poi il link: 

Vorrei aggiungere, per ora, solo un breve commento. E’ un quadro molto parziale, eppure fa venire la pelle d’oca. Non autorizza a trarre conclusioni semplicistiche, va inserito e letto in un contesto politico e geopolitico più ampio. E, se vogliamo, anche alla luce della ragion di Stato. Sono il primo a dirlo. Ma questo non giustifica in alcun modo la distrazione della stampa italiana: l’opinione pubblica non è stanca di sentir parlare di Moro, è stanca del sistematico furto di verità. 


http://www.fasaleaks.it/risultati-della-commissione-moro-silenzio-della-stampa-italiana/