mercoledì 6 marzo 2019

Don Aniello Manganiello... fede nella Parola, amore in Dio

E' da un po' che non ci si vede.
Di cose ne sono accadute, e tante. Anche fare una sintesi diviene complicato.
Diciamo che fondamentalmente sono stato preso dalla preparazione di no spettacolo cui tengo molto, "Poeta per Poeta" dove si parla di Divina Commedia letta, vista, analizzata da altri poeti, e che ha avuto una sua replica a Torino. E ora me ne scendo giù nella mia Salerno per preparare un'altra cosa che mi sta a cuore: "Gesù è più forte della camorra", per la regia e l'adattamento di Pasquale De Cristofaro, tratto dall'omonimo e fortunato libro di don Aniello Manganiello e Andrea Manzi che non so più a quale numero di ristampa sia arrivato.
Mentre la prima era una sfida del cuore, intima e delicata, questa sarà una sfida della forza, dell'emozione, del credere, un percorso complicato nel quale conteranno mille cose, oltre la propria esperienza professionale, e probabilmente la cosa più importante sarà proprio il credere, la fede, e se non proprio la fede in Dio (altra cosa intima e a mio avviso difficilmente esplicitabile), almeno la fede nell'uomo e soprattutto nella Parola.
Mi accingo a questo viaggio nel profondo della Parola umana con la consapevolezza della mia pochezza ma con il desiderio di corrompermi per apprendere.
Non avrei mai immaginato di interpretare un sacerdote. E dalle prime letture fatte in solitaria mi è chiaro che non è la più semplice delle situazioni. Cos'è e chi è un uomo che è dedito agli altri non per amore diretto verso di loro ma per amore assoluto verso il Padre, il cui compito pare essere quello di aiutare tutti i figli a tornare ad essere figli. Credo si sbagli quando si pensa a un prete come un banale crocerossino dedito al prossimo. Paradossalmente, un prete ama Dio e non l'uomo. Il suo amore per l'uomo è una conseguenza, uno strano riflesso scambiato per luce originaria.
Nel suo amore per Dio egli opera per il compimento del suo regno sulla terra, e in quest'opera c'è il ricondurre a casa i suoi figli dispersi. Il cuore dell'opera sublime di don Aniello è proprio nelle conversioni di camorristi che è riuscito a far compiere, ma non lo ha fatto per suo piacere o orgoglio, lo ha fatto per amore di Dio. E lo ha fatto usando quello che è il primo strumento della mia professione: la Parola.
Il viaggio sarà complesso, ma ho la netta sensazione che è questo lo strumento da cui devo lasciarmi attraversare. Credo di essere pronto.
L'opera è alta e io, quale sacerdote laico, metto a disposizione del mio rito tutta la mia fede in esso.
Confidando intimamente nell'amore e nel sostegno di Dio.
Ci potremo vedere, per cominciare, a Salerno, Sala Pasolini, il 6 e 7 aprile. Poi chissà...