martedì 2 agosto 2016

IL PAESE CHE NON C'È (lo sport preferito dagli Italiani)



No... perché il tassista è un essere meraviglioso, il tassista ha sempre pronto un argomento di conversazione e propone sempre una opinione per qualsivoglia discussione. Il tassista è una specie di termometro della società, di polso sul quale sentire il battito cardiaco della città innanzi tutto e se occorre del Paese.
Non prendo più tanti taxi causa crisi economica, ma quando mi capita non posso evitare di intavolare la discussione. Se il tassista è un tipo silenzioso comunque cerco di provocarla.
Volete sapere come potrebbero andare le elezioni comunali? Sondate il pensiero del tassista.
Volete sapere cosa ne pensa la gente della politica nazionale? Esplorate il pensiero del tassista.
Volete sapere come va la squadra di calcio locale? indagate il pensiero del tassista.
Attenti a un solo dettaglio che non deve mai spiazzarvi: il tassista, come uomo fisicamente legato a un posto comune, la strada, è regolarmente il coacervo del luogo comune.

E allora, durante uno spostamento in taxi, succede che la chiacchierata finisce sugli italiani, su come siamo fatti, su come sono i torinesi, e poi i veneti, e poi i napoletani, e quindi i siciliani e i milanesi.
La sequela di ovvietà si sprecavano. Non solo da parte del tassista, anche del sottoscritto. Perché cosa può esserci di più bello che sguazzare cinque minuti ogni giorno nel comun pensiero, nei regni dell'ovvio, nella spregiudicatezza della superficialità. È come concedersi l'ultimo tuffo nel mare ad agosto prima di lasciare la spiaggia, come lanciare in bocca una manciata di arachidi prima di cena, come leggere tutti i titoli dei giornali saltando gli articoli... un pezzo di insana leggerezza, il mettersi sulla lunghezza d'onda del becero pensiero comune. Ma anche qui attenti: il pensiero comune, per quanto becero, può sicuramente contenere delle verità, o quel tanto di buon senso da cui non ci si dovrebbe mai distaccare. Perché chi l'ha detto che solo "la cultura" sa! A volte sa molto di più il contadino che guarda la terra nel passare dei giorni, il tassista che carica ogni tipo di cliente dal mattino alla sera, il verduraio che vede arrivarsi le pensionate preoccupate del loro bilancio quotidiano, l'impiegato che sta allo sportello e cerca di capire di cosa ha bisogno il meccanico con la terza elementare...
Qualcuno lo chiama "bagno di umiltà", e fa bene a tutti, sempre. Perché forse il tassista si esprime per luoghi comuni visto che in tutto ha dieci minuti mediamente per parlare con un cliente, ma non escluderei mai che se avesse un paio di ore potrebbe davvero spiegarti come va il mondo.

Dunque la discussione procede, ed arriviamo a una interessante conclusione sia pure nel quarto d'ora che condividiamo: l'Italia non è amata, da nessuno degli Italiani, i quali a loro volta non si amano tra di loro.
E sebbene il tempo sia stato breve, ci siamo dati anche un perché.
Perché questa Italia nessuno l'ha veramente voluta, il popolo non l'ha voluta, non glie n'è mai fregato niente, ci raccontarono che sarebbe stata una gran bella cosa e poi, alla fine, si è rivelata un disastro. Ci raccontarono che ne avremmo tutti avuto vantaggi, e invece i vantaggi sono stati di pochi, sia al Nord che al Sud, e l'odio tra le varie etnie si è alimentato anziché stemperarsi.
Passati 155 anni dall'Unità, i Veneti continuano ad essere sospettosi con i Napoletani, i Napoletani a non digerire i Piemontesi, i Piemontesi a non comprendere i Siciliani, i Siciliani a tenere a distanza i Milanesi.
A questo abbiamo aggiunto un dato: i veri razzisti, in questo nostro Paese, non sono i nordici, come si crede, ma i meridionali. Ma di un razzismo strano, non fatto di senso di superiorità e disprezzo degli altri, ma di distacco, sentimento "di antichità", valore di nobiltà perduta, di grecità, di storia. "Noi siamo. Voi chi siete?" è la domanda mai espressa che sottende ogni pensiero di ogni terrone vero, terrone con il DOCG.

Ma a questo nostro rapido e nettissimo dibattito serviva una controprova, e immediatamente l'abbiamo trovata: lo sport preferito degli italiani, il loro vero tratto comune distintivo, l'unico punto in cui si sentono veramente uniti è... parlare male dell'Italia e degli Italiani!
Sei italiano solo se almeno tre minuti al giorno pensi male del tuo Paese e dei tuoi connazionali. Altrimenti non sei Italiano, non ci sono santi, né poeti, né navigatori che reggano!

La conclusione è stata semplice e chiara: "Noi non ci amiamo; tra di noi, dopo oltre un secolo e mezzo, non ci amiamo, e la verità è che forse ognuno vorrebbe tornarsene a casa propria!".
Il taxi si ferma a destinazione, pago, ci salutiamo sorridendoci sul serio, si capisce. Siamo d'accordo: io, meridionale, e lui, piemontese, in verità non ci amiamo, ma fa così bene alla convivenza saperlo che finalmente ci sentiamo per un attimo vicini. Per un attimo, l'Unità si è compiuta nella "disunità conclamata!".

Resta solo una domanda cui sento di voler rispondere mentre salgo le scale del palazzo dove ho l'appuntamento: come è stato possibile in quindici minuti circa sviluppare tutto questo e con tale chiarezza?
La sola spiegazione che so darmi è che le risposte erano già dentro di noi, da tempo inenarrabile, sopite, silenziose, ma vive e presenti, timidamente accucciate nell'animo e senza il coraggio di venire allo scoperto. Soltanto il fatto che fossero già pronte può spiegare questo rapido inanellarsi di quesiti e soluzioni. Non so trovare altra ragione.
Il tassista lo pensa da tempo, io lo penso da tempo, ci occorreva solo una scintilla casuale per far venire tutto alla luce.

Se verrà fuori un giorno una Politica che voglia davvero fare i conti con questo nostro italico sentimento di diversità conclamata e evidente antipatia reciproca, allora, forse, riuscirà a governare questo Paese... che non c'è.