Ha girato
in questi giorni una sorta di appello, documento, non si sa bene cosa,
sottoscritto da una serie di intellettuali e soprattutto da artisti a sostegno
del Sì al referendum costituzionale.
Per ciò
che i social sono divenuti, si possono immaginare i commenti da parte
dei sostenitori del NO sui rappresentanti del “mondo dello spettacolo”.
Io sono
un attore, professionista, ho 52 anni, svolgo questo lavoro da oltre trenta, e
non ho mai capito cosa sia “il mondo dello spettacolo”. Non lo conosco.
Ciò che
conosco è il mondo dei “lavoratori dello spettacolo”, delle seconde e terze
linee che quotidianamente affrontano questa professione con onestà.
Vivo
prevalentemente in Teatro, e intorno a noi attori c’è il silenzioso e valente
mondo dei tecnici, dei trasportatori, delle scenotecniche, delle sartorie...
tutte persone che si “guadagnano la giornata”, fanno sacrifici, crescono i
figli, comprano casa, pagano il mutuo; combattono col “rosso in banca”, con la
paga che arriva in ritardo, la diaria insufficiente, i treni o le autostrade, il
costo dei ristoranti, degli alberghi (non i grandi alberghi, un tre stelle è un
lusso!); che devono periodicamente controllare che i contributi gli siano stati
effettivamente versati, che a fine lavoro aspettano mesi l’ultimo bonifico, che
vanno in scena pure ammalati perché non puoi fare diversamente; che terminata
la scrittura non sanno quando ne arriverà un’altra, che non vedranno mai un
TFR, e veramente non sanno se prenderanno una pensione.
Gente
che accoglie con amore tutte le difficoltà di un lavoro che è vera passione,
che non ha protezione di alcun genere, non ha riconoscimento professionale, che
si è vista negli ultimi e durissimi anni di crisi sottrarre spazio da gruppi di
amatoriali che possono pesantemente abbattere i costi avendo ovviamente altra
entrata.
Ma non
fa niente. È il lavoro che ci siamo scelti, che amiamo, e per il quale
quotidianamente combattiamo, perché come diceva Peter Brook: “il vero lavoro di
un attore è cercare lavoro”, il resto, quando la scrittura arriva, è solo
amore.
Io voto
NO. Perché amo il mio Paese e la mia Costituzione. Perché sento di volerlo
difendere da un subdolo assalto, perché la revisione l’ho letta e la trovo
orrenda. Perché non vedo come si possa credere a un premier che farebbe, oggi,
una battaglia contro l’Unione Europea, quando ha inserito nella riforma
l’obbligo per noi, Stato italiano, di assorbire pedissequamente i dettami della
UE (art. 117).
La
crisi che ha investito la Cultura e lo Spettacolo italiano ha nulla di diverso
da quella che ha colpito operai, contadini, pescatori, commercianti, impiegati,
piccoli e medi imprenditori, che ha creato precarietà, insicurezza di lavoro e
dunque di vita, abbattimento dei salari, restrizione dello Stato Sociale, che
ha visto i ricchi divenire sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.
È
accaduto anche a noi. Perfettamente uguale. Lo Stato è praticamente sparito se
non che per pochi “circoli” accortamente scelti, il teatro privato, che ha dato
da vivere a tantissimi, è ormai in ginocchio, prendi oggi paghe che percepivi
dieci anni fa, le lunghe tournée non esistono più, e di deflazione in
deflazione salariale, alla fine i vincenti sono i dilettanti.
Anche
da noi, ormai, si è creata una élite, distante dal resto dei lavoratori, che
non si occupa dei loro problemi, che evita accuratamente di prendere posizione,
distante, assente, autoreferenziale, dove talvolta salta fuori qualcuno con un
minimo rigurgito di coscienza, poi più niente. E niente a che vedere con i
Volontè, o le Magnani, o i Cervi che un tempo erano in prima linea per i
diritti della categoria.
Certo,
anche i componenti di questa odierna élite, per “arrivare” avranno fatto le
loro gavette, ma la sensazione netta è che costoro abbiano totalmente dimenticato
di quando... erano come gli altri.
Pensare
che ogni lavoratore dello spettacolo, sia “il mondo dello spettacolo”, ci
offende profondamente. Queste élites non ci rappresentano. E non per il Sì o
per il No, ché pure tra noi lavoratori ci sono sostenitori della Riforma, ma
perché ormai essi vivono lontani dalle nostre vite, come Marchionne dai suoi
operai, Briatore dai suoi camerieri.
Per
favore, non ci confondete.
Grazie.
Chapeau. Per qualsiasi cosa conta pure su di me Alfonso.
RispondiElimina"La crisi che ha investito la Cultura e lo Spettacolo italiano ha nulla di diverso da quella che ha colpito operai, contadini, pescatori, commercianti, impiegati, piccoli e medi imprenditori, che ha creato precarietà, insicurezza di lavoro e dunque di vita, abbattimento dei salari, restrizione dello Stato Sociale, che ha visto i ricchi divenire sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri." Complimenti, e in bocca al lupo. Che vinca il NO.
EliminaUna ceramista emigrata
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EliminaGrazie.
EliminaA entrambi.
EliminaCondivido ogni virgola di ciò che ha scritto! Da cittadina e da attrice professionista lei ha dato voce ad un mio strisciante pensiero. Grazie per la sua sincerità di onesto "ipocrita". Cristiana Castelli
RispondiEliminaJe
RispondiEliminaCon te.. Arduino
RispondiEliminaTristemente d'accordo al 100%.
RispondiEliminaMi riconosco in pieno. E mi riconosco anche nella distanza che avverto non tanto dall'élite, quanto dalla rappresentazione che vedo fare del "mondo dello spettacolo". Una rappresentazione un po' mitizzata, senza un gran aggancio al reale. Ho 51 anni. Faccio teatro da trenta. Al referendum voterò sì, perché trovo che la proposta di riforma sia comunque meglio della situazione attuale (anche se fatico a sopportare Renzi). Ma questo ha poco a che fare con il quadro del teatro professionista che hai così efficacemente dipinto. Complimenti e grazie.
RispondiEliminaMi fa piacere.
EliminaSe vuole si può scambiare qualche pacata opinione sul Sì e sul No. Ma pacata, e nel merito...
Comunque, le posso preannunciare che, lavoro permettendo, vorrei dedicare alla questione un prossimo post. Se le andrà si potrà ragionare lì.
grazie
Solo tra i miei contatti ci sono 20 persone che hanno condiviso il tuo pensiero nel giro di 24 ore. Grazie per a se dato voce si miei pensieri, spesso fuori dal coro, trovandomi in una comunità allo sbando come quella della danza.Teniamo duro e restiamo aperti al mondo esterno anche quando questo pare proprio non volerci bene. Buona vita a te.
RispondiEliminaBravo Alfonso, hai dato forma e voce al mio pensiero. Grazie.
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RispondiEliminaComplimenti vivissimi per queste profonde riflessioni che non possono altro che strappare un caloroso plauso. Quello stesso plauso che è ciò di cui si nutre l'artista, il vero artista, che può essere sottopagato, sfruttato, umiliato, ma che troverà sempre in quel battito di mani il vero motivo per continuare a salire su quel palcoscenico. Grazie davvero!!
RispondiEliminaPS: ho pubblicato la sua lettera sul nostro blog
http://sosfondazionearenaverona.blogspot.it
Spero non le dispiaccia.
Luther Blissett
Grazie. no, non mi dispiace. Oltretutto, la regola, non solo per me, è la citazione della fonte; ed ho visto che la fonte è citatissima, con elargizione di grandi apprezzamenti. Quindi... di che dispiacersi?
EliminaGrazie.
Applausi!!!!
RispondiEliminaDa Brividi! Semplicemente sei stato esaustivo al massimo, rispecchiano il pensiero del 99% dei "lavoratori dello spettacolo"
RispondiEliminaBellissimo scritto. Complimenti!
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