lunedì 29 maggio 2017

IL PROBLEMA DEL GRILLINO (E COL GRULLINO)

"La rete" grillina ha appena votato il suo appoggio alla legge elettorale proposta da Berlusconi e sostenuta da Renzi; adesso, dunque, i parlamentari del M5S hanno il via libera per "andare a trattare" e eventualmente approvare.
E' la cosidetta legge alla tedesca, con il 5% di sbarramento.
Vorrei davvero sapere quanto di tedesco ha realmente tale legge, visto che mi pare ricordare che la Germania ha una differente organizzazione dello Stato. Non essendo esperto della materia, attendo qualcuno che mi illumini, ma ho il vago sospetto che si tenga a volere escludere qualcuno.
Dov'è il problema? Il problema è nel fatto che semplicemente prendendo uno degli ultimi sondaggi e considerando i 50 milioni di aventi diritto al voto in Italia, da un calcolo fatto alla buona (l'1% è pari a 500.000 elettori) rischiano di rimanere senza rappresentanza politica circa 20 milioni di Italiani.
Si sentirà dire, con estrema superficialità, che basta non andare a votare per "i partitini". Superficialità estrema, appunto, perché vorrà dire non tenere in considerazione quali siano le idee delle persone, ritenendole meno di niente (persone e idee!). 
Sei repubblicano? E vabbe', vota per un altro. Sei socialista? E vabbe', vota per un altro... Tanto destra e sinistra non esistono più, tanto sono tutti uguali, tanto si guarda al programma, tanto le ideologie sono morte...
C'è rispetto per le minoranze in questi atteggiamenti? Evidente che no! E dove non c'è vero rispetto per le minoranze, comincia a traballare il concetto stesso di Democrazia.
Senza nemmeno contare che forse tanti partiti piccoli sono certamente ciò che resta di un passato a volte glorioso (e chi ha il diritto di stabilirne la morte?), ma potrebbero anche essere nuove idee che avanzano, "start up politiche" magari con un importante futuro. Mica a tutti capita di aver subito, al primo colpo, un bel 25% da spendere in Parlamento, esiste anche la possibilità che si cresca man mano. 
Ma appare evidente che questo, per l'uomo della rete grillina, conta poco. 
Qual è, in verità, il vero problema del grillino, problema che lo ha fatto argutamente definire da qualcuno "grullino"? 
Nel fatto che egli si pone come elemento antisistema, ma poi imposta tutte le sue battaglie esattamente su ciò che il sistema propaganda, rientrandone così nell'alveo e annullando totalmente ogni suo buon proposito di partenza.
Qualche esempio per capirci:
- un giorno qualcuno ha usato l'espressione "il ricatto dei partitini"; il grillino medio ci crede, senza chiedersi se chi l'ha lanciata avesse un qualche interesse, o se sia vero che "i partitini" abbiano solo vissuto di ricatti senza mai portare nulla di buono alla gestione dello Stato (i mitici Radicali di Pannella, erano o no un partitino, eppure se ne ricordano battaglie epiche per principi di civiltà, o no!?)
- "Il problema dell'italia è l'evasione fiscale!", urla qualcuno; e gli elettori del 5S sono certi che sia così (sui meccanismi psicologici mi astengo). Inutile fargli vedere qualche grafico o studio nel quale si dimostra che noi non siamo proprio così delinquenti come ci dipingiamo o ci dipingono, e che magari qualcuno che reputiamo virtuoso sta decisamente messo peggio di noi;

- idem per la corruzione e vi risparmio il link o il grafichetto;
- "ci vuole il reddito di cittadinanza!"; serve spiegare che questa è una riforma pienamente coerente con quel liberismo che ci sta massacrando e che fa solo il gioco del Capitale e non dei lavoratori? Assolutamente no.
Von Hayek, il padre delle teorie che qui ci hanno condotto, ne sarebbe ben lieto; articoli che spiegano la pericolosità di questa norma ce ne sono a decine (ne prendo uno a caso) e proprio su quel web patria del grillino... ma niente!

Non credo ci sia bisogno di continuare.
Anche nel caso della legge elettorale, il sistema, sostenuto adeguatamente dai suoi media, propaganda l'idea che non si va a votare i propri rappresentanti, come Costituzione vorrebbe, ma si va a scegliere un Governo? E quindi "dagli al partitino!". Roba che gli untori erano messi meglio.
 La questione tra rappresentanza e governabilità non è mai stata adeguatamente risolta (lo scriveva già Aldo Moro nel suo Memoriale, dunque non è problema di oggi), e forse mai si risolverà se non trovando una convincente mediazione; ma pensare che detta risoluzione stia nella eliminazione dei "partitini" considerandoli non portatori di idee sia pure di pochi, ma solo portatori di rotture di coglioni, è talmente semplicistico da odorare di azione reazionaria. Quella, appunto, del "sistema dei ricchi", quella appunto del Sistema, quella appunto di coloro che i grullini dicono di voler combattere. 
Buona battaglia a tutti.

mercoledì 17 maggio 2017

E SE ABOLISSIMO I TEATRI STABILI?

Resta incomprensibile, nella attuale crisi del teatro, quali siano stati i motivi che hanno spinto il Ministro Franceschini a varare un decreto che di fatto ha ammazzato le Compagnie private, le Compagnie di giro cosidette e concentrato tutta l'attenzione dello Stato sulle compagnie "pubbliche", quelle, per capirci, dei Teatri Stabili.
Incomprensibile perché il meccanismo, come è ormai possibile chiaramente vedere, si pone in perfetta antitesi con l'ideologia corrente di uno Stato leggero e tendente all'assente, uno Stato cioè favorevole e che propaganda l'idea di Libero Mercato, come sta avvenendo in decine di altri campi, mentre nel Teatro si pone come unico e insostituibile mecenate.
Tralasciando quelli che vengono definiti complottismi, per cui questa azione mirerebbe a un controllo del mondo culturale, si può di sicuro affermare che la linea scelta dal Ministero pone una serie di gravi scompensi, non solo a livello pratico, ma anche storico, in quanto trancia di netto le radici con la più antica e fruttuosa tradizione italiana: il "nomadismo attoriale".
Senza starla a tirare troppo per le lunghe, si lancia una proposta in tendenza piena con l'ideologia corrente: sopprimere l'intervento dello Stato, se non totalmente almeno marginalmente, ridisegnando l'organizzazione del mondo teatrale in un ritorno all'antico che perfettamente si allineerebbe con la ideologia liberista.
Si dovrebbe quindi ipotizzare una chiusura dei Teatri a sovvenzione totalmente pubblica, gli Stabili per intenderci, e lasciare totalmente mano libera ai privati. Passare, per esempio, la gestione di quei teatri (l'Argentina, o il Carignano, o il Mercadante...) direttamente ai Comuni, perché questi siano "terreno di battaglia " e libera espressione delle Compagnie attoriali.
Lo Stato (e magari con esso le Regioni) potrebbe limitarsi a una semplice sovvenzione alla struttura, le cui modalità andrebbero studiate per essere rese eque, e sgombrare totalmente il campo.
Il risparmio per i cittadini sarebbe sicuramente di una rilevanza interessante, e non potrebbe che emergere "il merito" dettato dal semplice gusto del pubblico.
Troverebbe sponde una tale soluzione?
Non credo: gli interessi sono troppi.
E la paura di troppi artisti di restare senza l'elemosina di un lavoro, gigantesca.
Si ristagna, quasi senza accorgersi che si sta in realtà affogando.

lunedì 8 maggio 2017

"TEATRANTI E NO, STIAMO MEGLIO O PEGGIO?" (di Roberto Buffagni)

Vi propongo questo interessante e anche divertente articolo di Roberto Buffagni intitolato Prima e dopo la cura, pubblicato sul prezioso blog di Carlo Gambescia il 30 dicembre 2012, e ripubblicato, secondo me a ragione, il 1° di questo mese dal sito Aberglaube

Una curiosa storiella che si propone quale metafora dell'Italia di ieri e di oggi, del tempo che è passato e di come la nostra situazione sia profondamente cambiata. 
In peggio? A voi il giudizio. 


In sintonia con il 150esimo dell’Unità d’Italia, mi sento in vena di anniversari, bilanci e morali. Ho cominciato la scorsa settimana con il bilancio di venticinque anni di frequentazione del varietà, ricavandone la seguente morale: com’è triste, il comico italiano! Oggi la serie prosegue con un altro bilancio venticinquennale: la mia prima (1986) e seconda (2010) traduzione per le scene italiane diGlengarry Glen Ross di David Mamet.
Il banale aneddoto personale servirà per lanciare il seguente sondaggio d’opinione: “Dopo la cura di questi venticinque anni noi italiani, teatranti e no, stiamo peggio o stiamo meglio?” E via con la storiella.
Venticinque anni fa tradussi e adattai per le scene italiane Glengarry Glen Ross di David Mamet (Teatro Stabile di Genova 1986, regia L. Barbareschi, con P. Graziosi, U.M. Morosi). (... e qui il seguito)

venerdì 5 maggio 2017

SOROS DI QUA' SOROS DI LA'

Tutti a chiedersi cosa sia andato a fare il ben noto faccendiere George Soros a Palazzo Chigi.
Qualcuno ha anche piacevolmente ironizzato perché la cosa strana, in realtà, non è che il grande vecchio della finanza sia andato da Gentiloni, ma che Gentiloni sia in quel posto.
E va bene, la battuta è buona e la prendiamo.
Nessuno però, mi pare, si sia chiesta un'altra cosa:
Soros è nato nel 1930, ha dunque 86 anni e va verso gli 87 che, dice Wikipedia, compirà il 12 agosto.
A questa età, secondo la nostra semplice mentalità di cittadini, un uomo che è stracarico di soldi, dovrebbe più o meno starsene a riposo e godersi la vita, che non significa necessariamente fare nulla. Ci sono, giustamente, quelli cui fa piacere continuare a lavorare, ma lo fanno certamente con ritmi più blandi, con una maggiore tranquillità, tanto per mantenersi in attività, un po' come i nostri vecchi che
vanno alla balera o alle gite organizzate.
Niente di male in questo.
Ciò che dovrebbe sorprendere è invece l'attivismo di Soros, quanto alla sua veneranda età e con le ricchezze accumulate, egli si sbatta da una parte all'altra del globo, fisicamente o virtualmente, per i propri interessi.
Ecco: sono davvero i SUOI interessi? Intendo con "suoi" quelli personali, legati al suo lavoro, alla sua carriera...
Ipotizzabile che la risposta sia NO.
E allora, quale altra ipotesi possiamo formulare?
Forse per comprendere dobbiamo ardire un parallelo.
Chi sono coloro che stanno in carica fino alla fine? I re e le figure di vertice delle religioni,
ad esempio il Papa.
Dunque, possiamo pensare che il magnate si senta un re, di quelli unti dal Signore, che fanno di tutto, fino alla fine per tenere in piedi e rafforzare sempre più il loro regno; basta, però, questo a spiegarne la freneticità? Anche qui dobbiamo pensare che forse no, visto che ogni tanto anche i re abdicano, o mollano leggermente le redini in vista di una successione. Qualcosa d'altro deve muovere il grande
vecchio, e ci torna utile la figura papale: credo non sia errato pensare che uno come Soros sia in realtà spinto da una fede di tipo religioso incrollabile, una fede che è al limite se non oltre il fondamentalismo.
Il grande problema dei nostri tempi è probabilmente tutto qui: chi combatte contro le idee correnti, contro ideologie distruttive degli Stati, delle tradizioni, delle culture, contro una globalizzazione senza regole dominata dalla speculazione finanziaria che poco si cura delle sofferenze delle persone, si trova in realtà a combattere non contro una filosofia, un pensiero, una idea politica, ma contro una fede cieca che è disposta a tutto pur di ottenere la vittoria della propria fede, pur di vedere realizzato in pieno il mondo da lui vagheggiato, anche a costo di piegare la realtà al suo sogno.
Ecco perché, con gli adepti di tale fede, è impossibile il dialogo, poiché essi partono dalla certezza della loro ragione e del torto altrui; e pur di affermare il loro credo li vediamo sempre, ormai sempre, negare anche le evidenze, negare la realtà. Il dubbio è categoria che non gli appartiene, la loro coscienza è blindata e autoassolvente.
Io, con franchezza, non riesco a immaginare altro perché all'insistente attivismo non solo di Soros ma
di tutta una serie di altri vecchi. Servire la causa fino alla fine, pare che sia il loro unico pensiero, la loro irrefrenabile spinta, il sentimento che li muove instancabili contro tutto e tutti. E non ha alcuna importanza, per costoro, se altri, gente comune come noi, soffrono a causa del loro credo.
Il loro assioma è semplice: "Siete voi che sbagliate, noi siamo nel giusto!".
Perché? Semplicemente perché sono essi a dirlo.
Che Dio ci aiuti.