sabato 24 dicembre 2016

CARI POLITICI, NOI TEATRANTI NON LAVORIAMO GRATIS.

Questo è il link, e questo è il testo (tanto per non farvi perdere tempo, ché è breve):

"Festa di Roma 
Roma Capitale, in occasione di questa bellissima festa, invita tutti coloro che siano appassionati di musica, canto e teatro, a voler condividere il proprio talento ed esibirsi negli spazi appositamente allestiti sul Lungotevere, nel tratto compreso tra ponte Garibaldi e Castel Sant’Angelo. Le proposte di intervento (con l’indicazione dei recapiti) vanno inviate via email entro le 12.00 del 28 Dicembre 2017 all’indirizzo staffdir.cultura@comune.roma.it allegando una breve presentazione, la descrizione della performance proposta e la sua durata. Si specifica che, durante le esibizioni, non potranno essere veicolati messaggi pubblicitari o politici, né potranno essere svolte attività di commercializzazione di prodotti di consumo. La partecipazione è a titolo gratuito, ogni onere della performance sarà a carico del partecipante, durante le performance non sarà possibile raccogliere offerte. Sulla base delle proposte ricevute e degli spazi disponibili, l'amministrazione si riserverà di accogliere le richieste nei limiti di compatibilità tecnico-organizzativi.” 

Mi capita spesso di dire che grillini e piddini sono due facce della stessa medaglia. Per certi versi fare una simile affermazione mi dispiace, non foss'altro che per un senso di mancanza di speranza, da un lato e dall'altro; ma se qualcuno ricorda l'iniziativa del ministro Franceschini, uno dei tanti flop dei governanti degli ultimi decenni, questa del Comune di Roma a guida 5 Stelle è un'altra bella iniziativa che non solo auspichiamo, ma siamo certi terminerà con un nulla di fatto.
La certezza è che i teatranti non dimenticano: "gli attori hanno buona memoria", dice Deborah in quel capolavoro di Sergio Leone che è "C'era una volta in America". I politici si mettano il cuore in pace: i teatranti non dimenticano.
Con Teatranti intendo tutti i lavoratori dello spettacolo, di ogni genere e grado, e sulla proposta dell'amministrazione capitolina c'è poco da dire, se non che è squallida, squallida come la concezione che si ha di noi.  Sembra quasi che si voglia offrire a dei bimbi uno spazio in cui giocare. E certo le osservazioni che si possono fare sono tante, tantissime, a cominciare da quelle che si leggono sui social, tipo: andateci voi a lavorare gratis, quel giorno i chirurghi opereranno gratis?, è una vergogna, ecc.
Potrei aggiungere che la cosa veramente bella sarebbe vedere lungo le strade a "esprimere la loro creatività" coloro che certo non hanno bisogno: le star, i professionisti dai trecentomila euro in su a film o a fiction televisiva, i gradi registi, o i super musicisti. Beh, allora sì che sarebbe divertente. E pure interessante: vedere "le stelle" che offrono gratis il loro lavoro alla loro città. E per la strada, come - forse - quando erano ragazzi in cerca di fortuna.
Ma forse costoro sono divenuti troppo snob per regalarsi una botta di giovinezza.

Non è questo, però, quel che mi preme. Quel che mi preme è rilevare che nel non inquadrare il valore (e le problematiche) dei teatranti tutti, si evidenzia l'assenza di una progettualità culturale; progettualità culturale che non si può più considerare come circoscritta a un comune, ma va estesa alla nazione intera.
Dai tagli lineari, alle nuove regolamentazioni contrattuali, al dilagare di iniziative senza compensi per i lavoratori, sono ormai anni che i governanti stanno dicendo a tutto il Paese che la Cultura, nelle sue molteplici forme, non ha valore.
Perché forse i politici non lo hanno compreso, ma il compenso è la concretizzazione del riconoscimento della professionalità. Certo, vogliamo essere pagati, come tutti i lavoratori, perché abbiamo casa e famiglia, ma anche perché ogni volta che mi paghi stai riconoscendo che ciò che faccio ha un valore, e quel valore sono io stesso che ho impegnato la mia vita per raggiungere quella professionalità. Non mi pare difficile da capire.
Invece ti metto a disposizione un kindergarten: vai, bimbo, gioca e sii felice.

Io spero - e invito vivamente - i miei colleghi professionisti di non aderire.
E spero anche che altri aderiscono: gli amatoriali.
Avrete, così, le strade invase dai dilettanti.
E forse, cari politici, guardandoli, riconoscerete finalmente voi stessi: dilettanti con dilettanti, perché attore e spettatore sono uno specchio dell'altro.

La verità è che quasi nessuno di voi ha una vera visione di questa Nazione proiettata nel futuro. Quel che vi manca è proprio la Politica, la sua visione a medio termine ("nel lungo periodo saremo tutti morti" JMK), e non l'avete perché non avete una visione culturale della Nazione.
Oh, scusate, dimenticavo che a voi, come a tanti cui avete fatto il lavaggio del cervello, il termine "nazione" fa schifo, ci sono anche coloro che lo considerano fascista. A me, invece, fa alcuna impressione, trovo che sia etimologicamente molto interessante.
Non avere una visione culturale della Nazione significa non avere una visione politica, economica, sociale, civile... Per voi la Cultura, diciamoci la verità, è una rottura di scatole: "Ma che vogliono questi "artisti", che palle!, con la loro supponenza, con la loro serietà, con la loro visione astratta del mondo; noi ci occupiamo di problemi concreti, mica possiamo stare appresso ai vostri deliri. Che ce ne facciamo di Edipo o di Amleto, di Picasso con quei disegni strani o di tutte quelle Madonne con Bambino, non ne bastava una? E i ballerini poi, i ballerini sono talmente irreali quanto tutte quelle strane mosse che fanno, ma a che serve andare sulle punte?
La Cultura, al massimo, serve a portare turisti e far camminare l'economia, alberghi pieni, ristoranti affollati, bar e negozi presi d'assalto... Ecco, cari artisti, mettetevi al servizio dell'economia: per la strada ci saranno le bancarelle, la gente comprerà, e voi offrirete un piccolo piacere al consumatore. Tutto qui. A che serve il pensiero quando hai la tasca (e la pancia) piena?"
È semplice: se non avete visione culturale, come potete vedere i lavoratori della cultura? Ovvio che per voi non esistano.

Oppure...

Oppure, la verità è che una visione ce l'avete, ed è una visione globalizzata del mondo, dove capitali finanziari e merci camminano liberamente sulla pelle degli uomini, e i lavoratori sono d'impiccio, con le loro richieste di diritti, di retribuzioni, di equità sociale... E così, come per un operaio il salario deve scendere insieme ai diritti, per gli artisti il compenso deve scomparire.
Avanti con gli amatoriali. Con coloro che non studiano, non si aggiornano, non si specializzano, non approfondiscono, anche perché - vanno compresi - intenti a guadagnarsi lo stipendio con altro lavoro. Sarà più semplice, così, fargli pensare quel che voi volete che pensino, divulgare messaggi superficiali e invasivi. E giungere alla omologazione dell'arte, e quindi del pensiero: uguale a New York, come a Roma, a Pechino, Parigi o Shangai.
La vostra parola d'ordine è "integrare". Sembrerebbe bella, ma l'integrazione è nemica della diversità. Abbatte, uccide, spegne le diversità.
Mentre l'arte ha bisogno estremo della diversità, non solo nazionale, ma anche regionale, in un continuo processo di creazione e interscambio che perpetuamente l'arricchisce.

Grazie, non abbiamo bisogno di giardini d'infanzia. Abbiamo bisogno di lavoro, come tutti, come gli operai e i pescatori. Perché siamo come loro: lavoratori.
E se proprio avrò necessità di far "sfogare" il mio ego, organizzerò una lettura nel salotto di casa mia.
Di sicuro non mi beccherò il freddo. E per niente.
Anzi, visto che è Natale, faccio gli auguri a tutti e torno a dire la poesia in piedi sulla sedia come quando ero bambino, per mamma e papà. Gratis. Loro lo meritano.

lunedì 5 dicembre 2016

4 DICEMBRE, LASCIARSI ALLE SPALLE L'EDEN (o l'inferno dantesco)

Non ho avuto fiducia nel popolo italiano, lo ammetto. Dimenticando che l'unico momento in cui davvero reagisce è quando viene messo spalle al muro. 
Ho temuto la potente propaganda, ho temuto che la paura, la tecnica della paura scatenata dal regime avrebbe sortito il suo effetto. 
Ho usato l'idea della vittoria della parte avversa anche con un filo di scaramanzia, ed anche, lo confesso, per impaurire io, a mia volta, qualcuno, qualche pigro, magari, che sarebbe rimasto a casa pensando che tanto era tutto già fatto e scritto. E pure per portare un po' sfiga a quelli del Sì, voglio confessare anche questo. Resto un uomo del SUD, "Non è vero... ma ci credo". 

Ma non voglio cercar scuse, perché sono maledettamente felice di avere sbagliato! E ringrazio questo strano popolo, di cui non si comprendono mai bene i contorni, per avermi ricacciato in gola le paure. Non mi ha soffocato, mi ha fatto respirare. 
Perché il risultato del giorno di Santa Barbara è clamoroso, clamoroso e inequivocabile per i numeri, che sono indiscutibili. 
E che lanciano un segnale netto oltre ogni dubbio, il messaggio che dovrebbe arrivare a ogni politico della penisola: 

Cari politici italiani, è la seconda volta nel giro di pochi anni che il popolo italiano boccia una riforma della Costituzione che ne stravolge il contenuto, non parliamo di piccoli aggiustamenti o ammodernamenti (che pure quelli sarebbero da discutere, giacchè ogni volta che ne avete apportato uno avete combinato disastri, vedi Titolo V e Pareggio di Bilancio), ma di stravolgimento del contenuto, prima è toccato a Berlusconi ora a Renzi, prima al centrodestra ora al centrosinistra. 
Il messaggio a questo punto è: IL POPOLO ITALIANO NON VUOLE CHE LA SUA COSTITUZIONE SIA CAMBIATA. PUNTO. 
Non vale nemmeno il discorso delle" riforme condivise, a ampia maggioranza..." e tutti gli altri modi di dirlo. 

NO, IL POPOLO ITALIANO HA DETTO E RIBADITO CHE NON VUOLE CHE SI TOCCHI LA SUA COSTITUZIONE. PUNTO. 


Ci saranno quelli che diranno, forse giustamente, che gli Italiani vogliono che sia applicata... ma nemmeno questo è il concetto chiaro e inequivocabile che esce dalle urne. L'unico messaggio è quello che vi ho detto. Gli altri sono tutte interpretazioni. 

Nessuno però si illuda che sia finita. 
È stata vinta soltanto una battaglia, importante, tipo quella di Agincourt, ma non ancora la guerra, che sarà ancora lunga e complicata, dura e snervante. La bestia ferita, si agita ancor più, maledettamente, tira possenti e pericolosissimi colpi di coda.
Forse lo scenario sarà questo, ma come dice il suo autore è solo fantapolitica. 

...O no?
Lo scopriremo solo vivendo. Tanto, abbiamo vissuto e siamo sopravvissuti sempre, pure tra milioni di difficoltà. Chi può avere paura di un governo tecnico, quando questo Paese (e mica solo lui nella Storia) ha visto passare Lanzichenecchi e pestilenze, carestie e nazisti, colera e imperi, cadute e resurrezioni, ecc. ecc. ecc.
C'è un costo, sempre, soprattutto in termini di vite umane, che è quello più odioso, vero!
Ma questo sistema, che molti temono, solo per sentimento irrazionale, per paura, anzi per terrore, non ci è già costato devastazioni sociali e personali, dolori, morti, suicidi, malattie, disoccupazione, perdita di aziende, vessazioni, perdita di diritti dei lavoratori, del diritto alla sanità, alla scuola di valore e uguale per tutti, di pari opportunità, i poveri non sono forse più poveri e i ricchi più ricchi...? 
Se lasceremo questa terra, ci lasceremo forse alle spalle l'Eden o uno spettrale girone dantesco? 
Talvolta c'è coraggio in chi parte, talvolta in chi resta. 
Noi siamo in una paradossale situazione, nella quale il partire, il lasciare forse è il restare, restare e combattere, continuare a combattere. Sconfitta è avere paura del futuro, il coraggio è di chi compie il "salto nel buio", non di chi non vuole compierlo perché vittima della propaganda del terrore (e giuro che ne ho preso uno a caso). 

Non voglio qui, oggi, fare nomi, ma c'è uno sconfitto, il vero grande sconfitto, che nessuno ha finora nominato nei dibattiti. La sua è una sconfitta davvero unica, pesante, umiliante. 
E giusta. Per me la sua sconfitta è giusta, perché essendo un grande vecchio, lui c'era, lui c'era quando accadevano le cose più brutte della nostra Storia del '900. 
Costui, nel nome di una religione, la religione della sua élite, ha permesso che troppe cose si ripetessero. Ha tradito il suo popolo, e soprattutto (so' che vi parrà strano ma questo è un discorso che comprendo solo io, scusate) i suoi amici. 
Il Popolo italiano ha risposto. Ora basta. 


Nella bella notte italiana di ieri, mi è tornata in mente questa bellissima poesia di Alfonso Gatto. L'ultimo verso è un puro canto del cuore.
Permettete che la dedichi a tutto il Popolo italiano.  
 



25 aprile

La chiusa angoscia delle notti, il pianto
delle mamme annerite sulla neve
accanto ai figli uccisi, l'ululato
nel vento, nelle tenebre, dei lupi
assediati con la propria strage,
la speranza che dentro ci svegliava
oltre l'orrore le parole udite
dalla bocca fermissima dei morti
"liberate l'Italia, Curiel vuole
essere avvolto nella sua bandiera":
tutto quel giorno ruppe nella vita
con la piena del sangue, nell'azzurro
il rosso palpitò come una gola.
E fummo vivi, insorti con il taglio
ridente della bocca, pieni gli occhi
piena la mano nel suo pugno: il cuore
d'improvviso ci apparve in mezzo al petto.