lunedì 12 ottobre 2020

QUELLA PARTICOLARE FIRENZE DI GOLDONI

In una delle prefazioni alle sue innumerevoli commedie, Carlo Goldoni scrive che si era dovuto necessariamente occupare della revisione dei testi prima delle loro pubblicazione onde evitare che questi fossero presentati al lettore carichi di strafalcioni, cosa che sarebbe stata una profonda offesa alla Patria e alle sue lettere. 
Va però notato che quando Goldoni parla di Patria, intende l’Italia e non Venezia. Altre volte, infatti, nomina chiaramente, e ancor più direttamente, “le patrie lettere”. 

Ne “La locandiera” la Firenze indicata nella didascalia iniziale non si vede mai, mai è presente, nominata, richiamata, non ne è indicata una via, un monumento, un ponte, una collina, nulla. 

Una sola particolare annotazione può colpirci: Goldoni ci informa nella presentazione della commedia che il personaggio di Fabrizio era in origine il solo in dialetto, e che egli ha poi deciso di trasportare anche quello in italiano, in lingua. 
È davvero una informazione così importante da meritare una specifica comunicazione? 
A ben pensarci, no: il testo va alle stampe tutto in italiano, e la questione sarebbe chiusa lì; il Maestro Goldoni può comunicare alla compagnia che rappresenta la commedia la sua volontà di “tutti in italiano” e la faccenda, anche in questo caso, si chiuderebbe lì (sebbene alcune “abitudini” siano certamente dure da far cadere, soprattutto se, per un qualche motivo, i comici le ritengono efficaci con il pubblico). 
C’è, invece, nell’autore – va rilevato – una qualche specifica volontà, Goldoni vuole, evidentemente, dirci qualcosa di più. 

La mia ipotesi è che per Goldoni quella Firenze indicata in didascalia non sia un luogo geografico, ma un luogo della lingua. 
Nel momento in cui porta a compimento il suo capolavoro deve aver probabilmente percepito di aver finalmente centrato anche il suo obiettivo originario, quello che ci racconta nelle sue “Memorie”: dare alla letteratura italiana, “alle patrie lettere”, appunto la sua “letteratura drammaturgica”, la sua scrittura drammatica. 

Se Dante aveva dato alla lingua italiana la sua scrittura poetica, se ha codificato i canoni della Poesia per la nostra lingua, se Manzoni codificherà la scrittura in Prosa ed i suoi canoni, Carlo Goldoni ha il merito di aver compiuto questa medesima operazione per la Drammaturgia. 

La critica letteraria italiana non lo ha ancora capito. 
La critica letteraria italiana non ha mai capito il Teatro.