martedì 30 maggio 2023

LA SIGNORA PINA

La signora Pina è nata ad Imola e vive a Castel San Pietro. Ha 75 anni, è vedova e pensionata. Ha lavorato per quarant'anni nell'industria agroalimentare e ha una discreta pensione. 
La signora Pina ha due figli, un maschio e una femmina. Lei e suo marito Giovanni ci han tenuto a farli studiare, e così son tutti e due diplomati. La ragazza è ragioniera part-time presso uno studio di commercialista, ha un figlio, ed è separata dal marito che, impiegato di banca, le passa l'assegno stabilito dal giudice col quale sopravvive a malapena. Teresa, questo il suo nome, come la mamma della signora Pina, vorrebbe lavorare di più, anche perché il figlio è ormai abbastanza grande da potersi gestire una serie di cose da solo, ma non trova un altro posto o quelli che trova sono sottopagati, con contratti farlocchi o sfacciatamente al nero. Teresa resta dunque dal commercialista, dove almeno è regolarmente inquadrata e le vengono versati tutti i contributi per la pensione, perché la pensione, come la signora Pina le ha insegnato, è una cosa importante. 
Alberto, invece, il figlio maschio che porta il nome del nonno paterno, ha fatto l'istituto tecnico e lavora in una fabbrica di componentistica. Anche Alberto ha un figlio, diciannovenne diplomato da poco al suo stesso istituto tecnico ma con un indirizzo sui computer. La moglie di Alberto, Rosaria, fa parte di una cooperativa che si occupa di nettezza urbana, si alza alle tre di notte per andare al lavoro e ha un basso stipendio, ma non possono rinunciarvi perché Alberto guadagna 900 € al mese, prima ne prendeva 1.200, poi lui e i suoi colleghi han dovuto venire a un accordo perché l'azienda straniera proprietaria della fabbrica ha minacciato di delocalizzare. 
Nel quartiere dove vive la signora Pina da un po' di tempo sono arrivati una serie di stranieri, molti sono brave persone, alcuni andrebbero rimessi in riga perché non si comportano proprio bene, peccato che ogni volta che la signora Pina o qualche altro suo vicino chiamano la polizia municipale, questa non si presenta. Anzi, un vigile ha confessato a uno del quartiere che, soprattutto la sera non vengono perché hanno paura. Nella zona ha cominciato a girare anche qualche senza fissa dimora che dorme sulle panchine, si lava alla fontanella del parco e fa i suoi bisogni dove capita. Gli abitanti hanno provato a chiamare i servizi sociali, ma anche questi non intervengono. 
La signora Pina è preoccupata, ma preoccupata sul serio: lei e suo marito han lavorato duramente, son riusciti a comprare una casa, a far studiare i figli e mettere da parte un po' di soldi; quel gruzzoletto, veramente poca roba, ora è però finito perché la signora Pina ha aiutato i figli nei momenti difficili; Alberto ha comprato una casa, sia pur piccola, ma deve finire ancora di pagare il mutuo, ne avrà per altri dieci anni; Teresa, invece, vive in affitto, spesso lei e il bambino mangiano a casa della madre, così risparmiano. Ma questo sarebbe nulla se la signora Pina sapesse che il nipote è riuscito a trovare un lavoro decente con un contratto onesto, che il figlio non rischia più di rimanere disoccupato, che la figlia ha avuto dal suo commercialista il tempo pieno, se sapesse che per le visite mediche che deve fare non ci sono mesi di attesa; se sapesse di non dover stare in pena quando la figlia, dopo aver cenato da lei, deve tornare a casa perché non sa che incontri potrà fare. Sente poi dalla televisione che dovrà spendere tanti soldi per mettere a posto la sua casa altrimenti ai figli lascerà un immobile di scarsissimo valore col quale potranno far poco o nulla. Sente che il figlio dovrà cambiare la vecchia auto perché tra un po' non lo faranno più circolare e questo sarà un problema per quando ha i turni in orari in cui non ci sono mezzi pubblici. Sente che il nipote è meglio che si trovi un lavoro all'estero se vuole immaginare di sopravvivere decentemente: un emigrante come il suo bisnonno che solo per miracolo è sopravvissuto nelle miniere del Belgio per poi morire al suo paese ma con i polmoni completamente distrutti. L'altro nipotino non riesce proprio a immaginare cosa farà, ma di una cosa la signora Pina si consola: la loro situazione è comunque migliore di molte altre. 
La signora Pina è anziana, non sa nulla dei marchingegni tecnologici che usano i suoi nipoti. La signora Pina guarda solo la tv, e ci sono tante cose che non capisce, vede tante cose brutte e non si spiega perché i governi non intervengano, sente le storie di fabbriche che chiudono, di lavoratori sottopagati, di malattie devastanti, di donne molestate e stuprate, di ladri che la fanno franca, di valigie piene di soldi, e dalle sue parti ha anche sentito di bambini sottratti alle famiglie con modi che non capisce, 
Non è serena la signora Pina. E chi nella sua condizione lo sarebbe? 
La signora Pina era iscritta al PCI, lo è sempre stata, fin da giovanissima. Suo padre è stato partigiano, e il partito per lei, ma non solo per lei, per i suoi compagni di lavoro, e anche per la sua famiglia, era una sicurezza, uno scudo dietro al quale ripararsi fiduciosi. Andava alla sezione, la signora Pina, e quando arrivava il momento, senza indugiare indossava il grembiule per andare a cucinare alle feste dell'Unità. Le piaceva tanto quel senso di popolo, quel modo di stare tutti insieme e condividere una passione, una idea, un sogno, una lotta che anche se non finiva mai aveva portato nel tempo dei risultati importanti. Lo sapeva bene, la signora Pina, che aveva conservato il suo posto di lavoro quando era rimasta incinta, che aveva visto reintegrare compagni licenziati ingiustamente, che quando aveva un problema sapeva di poter contare sul sindacato. Ma soprattutto, quando c'era un problema si andava alla sezione, si parlava con il responsabile, e dopo qualche giorno ti arrivava una risposta, qualche volta era negativa ma non importava perché una risposta arrivava! 
Oggi la sezione non c'è più, quando ha un problema non sa a chi rivolgersi, quando i lavoratori come suo figlio hanno avuto problemi il sindacato si è mosso poco e male, e anche quando il nipotino deve fare lo sport non c'è più il campetto della casa del popolo dove portarlo. 
La signora Pina ha sempre sostenuto il suo partito, dal PCI, è passata a iscriversi al PDS e poi al PD, detestava Berlusconi e amava Romano Prodi che è anche della sua terra. 
Oggi, però, la signora Pina è stanca, a votare non ci va più. Non lo capisce più il suo partito. Certo, pensa lei, i diritti delle persone diverse sono importanti, non vorrei mai dicessero che sono omofoba; certo, pensa lei, i diritti degli immigrati sono importanti, non vorrei mai mi dessero della razzista; certo, pensa ancora, salvare la terra dall'inquinamento è importante, non vorrei mai dicessero che sono una inquinatrice; faccio tutta la raccolta differenziata, anche se alla mia età costa un po' di fatica e la devo pure pagare più di quanto mi avevano detto; sono andata a fare tutti i vaccini perché io credo nella scienza, e poi l'han detto alla televisione; aiuto anche alla parrocchia dove stanno i figli degli stranieri a fare il doposcuola e a giocare a calcio, anche se i preti non li ho mai amati, gli stranieri la chiesa non la rispettano, e per mio nipote un posto per giocare non ci sta; faccio tutto, ma il mio partito non lo capisco più, anzi non lo sento più che è mio, è diventato una cosa lontana che a noi non ci pensa più, che ci ha abbandonato per una serie di questioni che non ci riguardano, sempre appresso a questa Europa che non ho capito cosa abbia fatto di buono per me, per noi, per i miei figli e i miei nipoti. Io sono ignorante, sicuramente sono ignorante, ma mi pare che le cose vadano sempre peggio, e vanno peggio da quanto il mio Prodi mi ha portato in questa Europa, che era una bella idea, affascinante, ma qualcosa deve essere andato storto perché non funzione più niente. E io mi sento sola, sento che i miei figli sono soli, siamo soli difronte a un mostro grande, troppo grande perché noi riusciamo a vincerlo. Non ci vado a votare, lo so che sbaglio, ho sempre votato e non votare è sbagliato, ma io a questi non li voglio votare più; a votare quegli altri non ce la faccio, forse un giorno, chi lo sa, mio figlio li vota, dice che è meglio, almeno un po' si occupano della gente come noi, forse poco ma sempre più di "quegli altri, i traditori" come li chiama lui, io non ce la faccio. Di fianco a me è venuta ad abitare una coppia di due ragazzi, che si amano e hanno adottato una bambina. Sono simpatici, educati, bravi ragazzi e la bambina è proprio bella e la crescono bene. Solo che ora uno dei due è stato licenziato dalla cooperativa dove lavorava, facevano le pulizie nelle case di riposo, dice che non hanno avuto l'appalto o che so io. Ieri il compagno di questo mi ha detto che anche loro non li votano più, perché non ha senso avere tanti diritti se poi non puoi avere un lavoro sicuro. L'amore non basta a fare una famiglia, mi ha detto, ci vuole il lavoro. Non ho saputo dargli torto, anzi non aveva alcun senso dargli torto perché mi ha detto una semplice verità, sulla porta di casa, sul pianerottolo, con la bella bambina in braccio, come i vicini di un tempo che si cambiavano il sale o un barattolo di pelati, solo che noi adesso abbiamo poco da scambiarci, ciascuno cerca di sopravvivere come può, chiudendo la porta di casa per difendersi, soli, come non siamo mai stati.

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