Cari amici napoletani,
ero molto, molto contento della vittoria del Campionato che
per il Napoli sempre più si avvicinava; mi sono anche arrabbiato per l’uscita
dalla Champion’s che a mio parere si poteva evitare se la squadra partenopea
avesse avuto un allenatore un po’ più "furbo". Non si può incontrare il Milan tre
volte in circa un mese, giocarci sempre allo stesso modo, lasciando che i
rossoneri impostino la loro gara sempre allo stesso modo, e non pensare a un sistema diverso per batterli. Questo è il mio pensiero. So che qualcuno dirà che
in Italia siamo 58 milioni di CT, ma d’altronde si dice pure che in Italia ci
sono 58 milioni di attori, non vedo dunque perché non possa esprimere opinioni
sul lavoro degli altri.
Poi c’è stata Napoli-Salernitana, e il risultato che sappiamo. E da quel
momento, della vittoria della squadra del capoluogo di regione, della capitale
del nostro Regno delle due Sicilie sempre nel mio cuore, della più importante
città del Sud italiano, non me ne è importato più nulla.
Troppe volgarità,
schifezze, offese sono state dette contro Salerno, i salernitani, la
Salernitana. Da quel convinto “pisciaiuolo” che sono, non voglio nemmeno
tornarci su, se non per dirvi che la vostra vittoria sta ora nel mio cuore come
quella di un Milan o di una Juve: non me ne frega niente!
C’è però una cosa che in quanto attore, uomo di teatro, sento di volervi dire.
Con franchezza, di tutta la retorica su Napoli e i napoletani non se ne può
davvero più: ho sentito ancora parlare di “riscatto”, di “vittoria contro l’odio”, di “orgoglio
partenopeo”, e tutto il repertorio che tra frasi e immagini avrei preferito
aveste risparmiato all’Italia, perché sarò anche salernitano, un “pisciaiulo” appunto, ma sono di
origini napoletane e borbonico nel sangue, ed alla dignità del mio Sud e
della mia capitale, nonché al fatto che questa non venga offesa dai terroni del
Nord e da tutti i razzisti d’Italia ci tengo, in tal senso mi guardo bene dal prestare
il fianco e mi piacerebbe che tanti facessero come me.
Ma tanto lo so come risponderete a questa obiezione: noi siamo così,
questo è il nostro modo di gioire, invidia, non siete capaci e ci odiate, un
popolo come il nostro non c’è… E anche qui, tutto il repertorio di retorica.
Bene fa Vincenzo Salemme a cercare di alleggerire la sua amata città dagli stereotipi
che la affliggono a volte più della disoccupazione stessa, ma non so quanti di
voi lo abbiano capito.
Ebbene, proprio nell’ottica di questa insopportabile
retorica vi ho visto ritirare fuori le “bandiere cittadine”: Eduardo, Totò, Pino
Daniele, Massimo Troisi… E dunque è arrivato il momento che ci chiariamo una
volta per tutte. Parlo in prima persona, ma sono certo di parlare a nome di tantissimi italiani, meridionali, campani.
Io amo Eduardo, Totò, e Pino Daniele, e Troisi, e Raffaele Viviani, Scarpetta… e Matilde Serao, e Striano e la Ortese, e Ruccello e ovviamente Patroni Griffi. Ma non basta, perché nelle mie felici memorie c’è anche un certo Giuseppe “Peppino” Pacileo che molti di voi giovani tifosi nemmeno sapranno chi sia, un giornalista limpido e geniale che era una vera gioia leggere il lunedì mattina nel racconto delle gesta del grande Napoli di Maradona e compagni. Qualcuno lo definì "il Brera del Sud", ma questa definizione non mi è mai piaciuta, poiché sottintendeva sempre una sorta di superiorità settentrionale, un modello nordico a cui riferirsi. Avessi mai sentito dire che Brera era il Pacileo del Nord!
Ebbene, dovete sapere, perché è obbligatorio che lo sappiate, che io amo Eduardo De
Filippo perché è un attore sublime e un grandissimo autore, amo Totò perché è
un comico immenso, e Pino Daniele perché è un grande musicista. E lo stesso
tipo di specificazioni valgono anche per gli altri che ho nominato e per tutti
quelli che amo e che ora non mi vengono in mente: perché sono dei grandi
artisti, non perché sono napoletani!
Il fatto che loro siano napoletani e che io sia campano, rende più semplice la
vicinanza, a volte più profondo il comprendere, più spassoso o più amaro il
cogliere le sfumature, ma amando in loro la loro arte, li amerei anche se
fossero di un’altra regione o di un altro mondo.
Anzi, vi dirò di più, l’essere “esterno a Napoli” favorisce in
me una visione che è prima di tutto nazionale, quando non internazionale
addirittura, della loro opera, mentre il fatto
che per voi siano bandiere cittadine vi porta a limitarne lo splendore e l’apprezzamento extraterritoriale.
Eduardo è un attore di valore immenso, che riesce ad
abitare il palcoscenico con una semplicità che è frutto di un faticoso e
intenso lavoro di anni, di dedizione e sacrificio; suo fratello Peppino
oltre a essere un magnifico attore di teatro è forse il miglior attore italiano
di cinema che abbia mai visto, più dei Sordi o dei Tognazzi, poiché ha la
capacità di essere sempre perfettamente credibile, e non c’è un solo film nel
quale lo abbia visto non centrare il personaggio. Fossero stati romani o
genovesi o veneti avrei certamente provato per loro lo stesso amore e
apprezzamento così come amo un Fabrizi o un Govi, Sciascia o Berto o Morante.
Non continuo, mi fermo qui. Penso solo che quando Napoli si deciderà ad abbandonare
le sue retoriche, autoalimentate e autoalimentantesi, forse ritroverà un po’ di
fulgore e raccoglierà una maggiore attenzione da parte dell’Italia, ma
attenzione vera ai suoi problemi e ai suoi splendori.
Se una persona è simpatica non ha bisogno di rappresentare
la simpatia, se una città è grande non ha alcun bisogno di rappresentare la
grandezza.
Buon terzo scudetto a voi.
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