Non me lo ricordo il mio ultimo giorno di scuola. E nemmeno
l’ultimo giorno di Università, o di Accademia. A ben pensarci c’è un sacco di
ultimi giorni che non ricordo.
Questo vuol dire due cose: la prima è che non sono avvenuti
in quei giorni accadimenti traumatici, tali da consolidare il ricordo; la
seconda è che non li ricordo, e sono certo non li ricordiamo, perché siamo
proiettati, in quei momenti, sul futuro.
Chi di noi esce da scuola pensando a tutto quel che è stato? Sono convinto che tutti arrivano al loro ultimo giorno di scuola pensando alla
università che li attende, oppure al lavoro che li attende, anzi facciamo festa
perché un periodo che ha certamente avuto i suoi momenti difficili, bui, è
finito. La gioia della liberazione, in quel momento, cancella anche i momenti belli,
ove mai ce ne siano stati.
La chiave di tutto, secondo me, però, è proprio nel fatto
che pensiamo al futuro. D’altronde chi è che a diciotto o venticinque anni si
mette a pensare al passato.
Ecco che allora ci accorgiamo che non ci ricordiamo del nostro ultimo giorno di scuola soltanto quando siamo avanti con l’età, quando
abbiam fatto il giro di boa ed è cominciato il ritorno, il ritorno all’oblio. In
quel momento cominciamo pian piano a rivedere una serie di cose, il più delle
volte cerchiamo di rivederle perché non ce le ricordiamo, non le ricordiamo
più, come l’ultimo giorno di scuola. Come ero vestito, chi c’era con me, dove
siamo andati, cosa abbiamo fatto. Chi di noi lo ricorda con certezza, lo
ricorda dettagliatamente? Nessuno, tranne coloro cui è capitato un qualche
accidente, dai più seri ai più banali: il terremoto, la morte di un parente, il
motorino cui si buca una gomma, la fidanzata che ti lascia, cose così. Ma se
non è per qualcuno di questi motivi, seri o ilari, nessuno di noi ricorda, dopo
trent’anni, come è stato il suo ultimo giorno di scuola.
Noi non ricordiamo, ci illudiamo di ricordare, il più delle
volte costruiamo ricordi sulla base di pochi frammenti fermi nella nostra memoria,
ci inventiamo un passato che certamente abbiamo, ma che non possediamo più. Diveniamo
scrittori del nostro personale romanzo. Quelli bravi vendono libri, gli altri
consumano bottiglie di vino con gli amici ricordando un’altra osteria.
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