lunedì 12 giugno 2023

BERLUSCONI, UNA PICCOLA STORIA CHE POCHI CONOSCERANNO

La storia mi fu raccontata da Vittorio Esposito al tempo della nostra collaborazione al Napoli Teatro Festival. 
Vittorio è scomparso qualche anno fa, è stato uno dei maggiori organizzatori teatrali italiani, figlio di una attrice e sposato con una brava attrice, Dely De Maio, anche lei scomparsa da poco.
Vittorio conosceva il teatro a menadito. 
Fu organizzatore e amministratore per Peppino De Filippo e soprattutto per Vittorio Gassman, che si fidava ciecamente di lui. 
Siamo nei primi anni 80 e Gassman vuole mettere in scena il suo Macbeth. Uno spettacolo importante, dove non si poteva e non si doveva badare al risparmio. Scene, costumi, tanti attori, musiche, effetti speciali... tutta roba che costava. Di quella produzione ci restano video interessanti delle prove, immagini dello spettacolo e soprattutto la meravigliosa traduzione firmata da Gassman stesso, ancor oggi pubblicata da Mondadori, una versione fortemente teatrale, fatta per la scena e che di scena palpita. 
Vittorio (Esposito) parte alla ricerca di un partner economico. Nasceva in quegli anni la tv commerciale berlusconiana, sotto il marchio Rete Italia che aveva per simbolo uno stilizzato biscione. Berlusconi aveva anche rilevato il teatro Manzoni nella sua Milano, salotto della buona borghesia meneghina, altrimenti destinato a divenire un garage o un supermarket. 
Esposito ottiene un appuntamento con il Cavaliere. 
Si reca all'incontro e il presidente non c'è, si scusa ma è preso da mille impegni. Dall'altro lato del tavolo, davanti al nostro organizzatore una schiera di manager pronti a fargli le pulci. 
Vittorio espone tutto il progetto: la cifra necessaria per condurre in porto la produzione è davvero importante, circa due miliardi di lire.
I mega manager cominciano a fare una serie di domande, e soprattutto vogliono essere rassicurati sul fatto che si rientrerà della grossa quota che investiranno, vogliono anzi la certezza! Certezza che, come Vittorio spiegò, non si poteva avere: dipendeva da come sarebbe venuto lo spettacolo e dal successo che avrebbe avuto, insomma da mille variabili. Certo, sulla carta l'operazione era abbastanza sicura, ma è sempre necessario considerare l'imponderabile sopra tutto in teatro. 
I manager nicchiano, la cosa non li convince, il matrimonio non si può fare, non possono avventurarsi in una impresa che non sanno cosa renderà. Inutili le parole di Vittorio Esposito sull'impegno culturale, sulla figura di indiscutibile valore di Gassman, su Shakespeare... nulla da fare. 
Sono quasi due ore che parlano, Esposito capisce che la faccenda non si sblocca, comincia dunque a raccogliere le sue carte per andarsene. Quando la porta si apre, entra il presidente Berlusconi, che con tutta la sua amabilità si scusa con l'ospite per non esser stato presente all'incontro, lo fa riaccomodare e chiede una sintesi della discussione. Vittorio espone nuovamente e rapidamente il progetto, e il Cavaliere dice solo: "Bene, facciamolo". 
A questo punto i suoi uomini si agitano, sono perplessi, espongono i loro dubbi sulla operazione, sui rischi che comporta, e Berlusconi risponde: "Ho capito, ma è Gassman, è una operazione importante. Facciamolo". Stringe la mano a Vittorio Esposito e va via. 
1983, quel Macbeth si fece, col simbolo del "biscione" sui manifesti, fu un clamoroso successo e tutti ci guadagnarono. 
Oggi, lo sappiamo, Silvio Berlusconi ci ha lasciato. Faccio parte di coloro che lo hanno detestato, avversato per poi capirne piano piano il valore sia come politico che come uomo e cambiare il mio giudizio. Quando pensiamo a "Silvio", ci vengono certamente in mente le sue tv commerciali, ma Berlusconi era anche questo, uno che prendeva in mano un importante teatro milanese per non farlo morire, e che non si faceva problemi a dire "facciamolo" e metter mano alla tasca perché era Gassman, era Shakespeare, era una cosa importante. E sono certo che il suo fiuto imprenditoriale gli aveva anche suggerito fin da subito che non ci avrebbe perso. E così fu. 

RIP

   

2 commenti:

  1. Grazie Alfonso.

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  2. Quello che è successo negli anni 70 è che la musica più inusuale e sperimentale veniva registrata e veniva pubblicata. Ora, prova a dare un’occhiata a chi erano i produttori in quei tempi. Non erano giovani alla moda, erano vecchi col sigaro che guardavano il prodotto che arrivava e dicevano: “Che ne so?”, “Non ho idea di cosa sia”. “Registriamolo e pubblichiamolo, se poi vende, va bene”. Stavamo molto meglio con quei tizi, invece che con questi giovani produttori esperti, che decidono cosa le persone devono vedere e ascoltare sul mercato. I giovani sono più conservatori e più pericolosi per l’arte che i vecchi col sigaro. E sai come li hanno rimpiazzati? Il vecchio col sigaro un giorno dice: “Abbiamo corso un rischio ma è stato pubblicato e ha venduto qualche milione di copie” “Va bene, non ho idea di cosa sia. Ma dobbiamo farne di più” “Mi servono dei consigli … assumiamo un hippie”. Così assumono un hippie, e arriva un ragazzo coi capelli lunghi. Non gli faranno fare altro se non portare il caffè e la posta. Inizia a portare il caffè … “Beh, possiamo fidarci di lui, ha portato il caffè 4 volte puntuale” “Diamogli un vero lavoro”. OK, diventa un talent scout. Da lì inizia a salire piano piano, la prossima cosa che sai è che ha i suoi piedi sulla scrivania e dice “Beh, non possiamo permetterci di rischiare” “Perché non è questo che vogliono i ragazzi, ed io lo so bene”. Hanno quell’attitudine. È il giorno che ci libereremo di quell’attitudine e torneremo al “Chi lo sa?” “Proviamoci!” Quello spirito imprenditoriale per cui anche se non ti piace o non capisci il valore dell’album, la persona che è a capo della produzione non è necessariamente il rappresentante dei gusti dell’intera popolazione.
    (Frank Zappa)

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