Ci sono partiti politici che
vengono accusati di raccogliere consenso perché agiscono sulla paura della
gente, perché parlano “alla pancia” delle persone. Sono, questi, in genere i
partiti di destra, così come sono quelli di sinistra ad accusarli di tal sporco
gioco. Forse occorre una riflessione.
Se propongo l’uscita
dall’euro e dall’Unione Europea, quello che prospetto è un salto nel buio,
dunque più che agire sulla paura della gente, chiedo un grande atto di
coraggio. Non sarebbe nemmeno così, visto che la proposta è da tempo ampiamente
supportata da dati scientifici che regolarmente sono esclusi dai dibattiti
televisivi, dove più che altro coloro che sono per la “permanenza” la buttano
in caciara (impedendo di fatto un serio confronto).
Restando comunque alla
vulgata corrente, se ti chiedo di “uscire” non sto certamente agendo sulla tua
paura.
Al contrario, sono
coloto che parlano di permanenza che, è ormai palese – osservata per esempio
l’attuale dibattito in Gran Bretagna – non fanno altro che lavorare sulla
paura. Quante volte avete sentito della benzina che schizzerà alle stelle,
della impossibilità di competere su mercati globalizzati, della svalutazione
che distruggerà i risparmi e dell’inflazione a due cifre (inutile tentare di
spiegare che i due elementi non sono strettamente correlati...),
dell’impoverimento collettivo, della esponenziale salita della
disoccupazione...
Non è, questo, spargere
terrore? Non è, questo, agire sulla paura?
Ciliegina sulla torta il
concetto di “irreversibilità”, che la fa da padrone. Sei davanti a un burrone e
non puoi tornare indietro. Risultato, resti immobile.
Il concetto di
irreversibilità, poi, ha un altro e più sottile aspetto: psicologico. Tu non
vuoi il futuro bello e radioso, non vuoi sforzarti per ottenerlo, non vuoi
operare “per i tuoi figli” (chiamati sempre in causa ad hoc), non vuoi
la fratellanza tra i popoli; Tu vuoi tornare indietro, vuoi di nuovo le guerre,
sangue, carneficine, scontri etnici e religiosi...
Anche questo è lavorare
sulla paura, la paura di come gli altri ti possano considerare, del giudizio
che daranno di te, la paura di essere escluso e chiuso in un angolo. Reprobo e
solo.
Ma l’idea che ci siano
partiti che creano consenso sulla paura si accentua fortemente quando si va al
problema dei migranti.
Se propongo la
regolamentazione dell’immigrazione con atti forse a volte duri ma precisi,
quello che chiedo è un atto di coraggio, una assunzione di responsabilità,
forse faticosa, dolorosa, ma certo non sulla paura sto agendo. E se ti chiedo di
difendere la tua cultura, la tua terra, la tua patria, sempre di lotta e
coraggio si tratta, non certo di paura; facendolo, inoltre, nella
consapevolezza che chi ha radici forti non ha paura del diverso, anzi apprezza
le diversità (concetto, ricordiamolo, sempre in contrasto con quello di
integrazione).
Ma anche qui entrano in
gioco i due aspetti chiave: irreversibilità, frustrazione psicologica.
Irreversibile perché
“data la situazione non si può fare altrimenti”, dunque puoi solo accogliere,
accogliere, accogliere... senza calcolare le conseguenze, ed escludendo che la
Politica possa trovare un’altra strada. Quando la Politica non trova un’altra
strada, cosa che le è sempre possibile, essa decreta la propria morte.
A seguire, il “giusto”
(colui che sa da solo di essere sempre nel giusto e chi non la pensa come lui
sbaglia), ti addita a razzista, xenofobo, populista... tutto il repertorio
insomma. E ancora una volta la tua paura si scatena, non nei confronti del
diverso, ma nei confronti del pensiero corrente, del pensiero comune e
dominante.
Resti solo, chiuso nel
tuo angolo, impossibilitatà a esprimere, sia pur civilmente, le tue idee, a
potere esporre il tuo ragionamento qualunque esso sia per paura di essere
escluso e additato.
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