martedì 31 maggio 2016

LA PAURA E IL CONSENSO (chi davvero prende voti sulla paura?)

Ci sono partiti politici che vengono accusati di raccogliere consenso perché agiscono sulla paura della gente, perché parlano “alla pancia” delle persone. Sono, questi, in genere i partiti di destra, così come sono quelli di sinistra ad accusarli di tal sporco gioco. Forse occorre una riflessione.

Se propongo l’uscita dall’euro e dall’Unione Europea, quello che prospetto è un salto nel buio, dunque più che agire sulla paura della gente, chiedo un grande atto di coraggio. Non sarebbe nemmeno così, visto che la proposta è da tempo ampiamente supportata da dati scientifici che regolarmente sono esclusi dai dibattiti televisivi, dove più che altro coloro che sono per la “permanenza” la buttano in caciara (impedendo di fatto un serio confronto).
Restando comunque alla vulgata corrente, se ti chiedo di “uscire” non sto certamente agendo sulla tua paura.

Al contrario, sono coloto che parlano di permanenza che, è ormai palese – osservata per esempio l’attuale dibattito in Gran Bretagna – non fanno altro che lavorare sulla paura. Quante volte avete sentito della benzina che schizzerà alle stelle, della impossibilità di competere su mercati globalizzati, della svalutazione che distruggerà i risparmi e dell’inflazione a due cifre (inutile tentare di spiegare che i due elementi non sono strettamente correlati...), dell’impoverimento collettivo, della esponenziale salita della disoccupazione...
Non è, questo, spargere terrore? Non è, questo, agire sulla paura?
Ciliegina sulla torta il concetto di “irreversibilità”, che la fa da padrone. Sei davanti a un burrone e non puoi tornare indietro. Risultato, resti immobile.
Il concetto di irreversibilità, poi, ha un altro e più sottile aspetto: psicologico. Tu non vuoi il futuro bello e radioso, non vuoi sforzarti per ottenerlo, non vuoi operare “per i tuoi figli” (chiamati sempre in causa ad hoc), non vuoi la fratellanza tra i popoli; Tu vuoi tornare indietro, vuoi di nuovo le guerre, sangue, carneficine, scontri etnici e religiosi...
Anche questo è lavorare sulla paura, la paura di come gli altri ti possano considerare, del giudizio che daranno di te, la paura di essere escluso e chiuso in un angolo. Reprobo e solo.

Ma l’idea che ci siano partiti che creano consenso sulla paura si accentua fortemente quando si va al problema dei migranti.
Se propongo la regolamentazione dell’immigrazione con atti forse a volte duri ma precisi, quello che chiedo è un atto di coraggio, una assunzione di responsabilità, forse faticosa, dolorosa, ma certo non sulla paura sto agendo. E se ti chiedo di difendere la tua cultura, la tua terra, la tua patria, sempre di lotta e coraggio si tratta, non certo di paura; facendolo, inoltre, nella consapevolezza che chi ha radici forti non ha paura del diverso, anzi apprezza le diversità (concetto, ricordiamolo, sempre in contrasto con quello di integrazione).
Ma anche qui entrano in gioco i due aspetti chiave: irreversibilità, frustrazione psicologica.
Irreversibile perché “data la situazione non si può fare altrimenti”, dunque puoi solo accogliere, accogliere, accogliere... senza calcolare le conseguenze, ed escludendo che la Politica possa trovare un’altra strada. Quando la Politica non trova un’altra strada, cosa che le è sempre possibile, essa decreta la propria morte.
A seguire, il “giusto” (colui che sa da solo di essere sempre nel giusto e chi non la pensa come lui sbaglia), ti addita a razzista, xenofobo, populista... tutto il repertorio insomma. E ancora una volta la tua paura si scatena, non nei confronti del diverso, ma nei confronti del pensiero corrente, del pensiero comune e dominante.
Resti solo, chiuso nel tuo angolo, impossibilitatà a esprimere, sia pur civilmente, le tue idee, a potere esporre il tuo ragionamento qualunque esso sia per paura di essere escluso e additato.

Chi agisce, dunque, davvero sulla paura della gente? Chi raccoglie davvero consenso su quelle paure? 

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