lunedì 14 settembre 2015

RIMETTIAMO RADICI? (Due workshop per tornare a respirare)

Permetterete oggi, miei amati 22 lettori, che vi proponga questi due nostri seminari, o workshop, o stage (a voi la scelta del termine che preferite), tenuti da me e da Paolo Zaltron, e racchiusi sotto l'unico titolo "IN-VERSI", 












il primo sulla RECITAZIONE IN VERSI 
il secondo sulla ANALISI DEL TESTO
Due lavori articolati e complessi che si svilupperanno lungo tutto l'arco dell'anno accademico che va ad iniziare. 

E sì, perché oggi è il 14 settembre, le scuole riaprono, vacanze finite, il traffico torna improvvisamente caotico nelle nostre città... e tutti ne rimaniamo sorpresi; inspiegabilmente sorpresi, perché lo sapevamo benissimo che così sarebbe stato, ma avevamo coltivato nel petto la pia illusione (sempre la stessa pia illusione, quella di tutti gli anni) che qualcosa sarebbe cambiato. 
E' il "logorio della vita moderna", notava l'antica pubblicità del carciofone con un rassicurante Ernesto Calindri. Gli anni, anzi i decenni sono passati, e il logorio pare essere sempre il medesimo. E allora, che fare "contro il logorio della vita moderna" (oltre che continuare ad abboffarsi di amaro a base di carciofo)?
Se la situazione è sempre la stessa, probabile che nessuno abbia la risposta; ma forse una proposta, una piccola proposta, una propostina ve la possiamo fare: che ne direste di "RIMETTERE RADICI"? Che ne direste di fare non un tuffo, ma ripiantare decisamente i piedi nella Storia? Di vedere se la frase di Verdi (Giuseppe) "Torniamo all'antico e sarà un progresso" ha ancora un senso? 
Magari acquisire una po' di sicurezza, un minimo di stabilità può rendere più tranquilli. Non è questo che in fondo cerchiamo oggi - tempi disgraziati - tramite il danaro? E non è sempre questo che cercano, ad esempio, coloro che, attraverso la religione o la pratica delle filosofie orientali, tendono, per inverso, a distaccarsi dal danaro? 

Ho sentito spesso usare e interpretare in modo non corretto la frase di Verdi (ragioniamoci un momento così colgo anche occasione per spiegarvi qualche motivo della proposta), quasi che il Peppino volesse dire che il progresso stava nel tornare al piccione viaggiatore. 
Ovvio che non poteva essere così per chi ha cercato per tutta la vita il nuovo, aveva tentato esplorazioni quasi sempre felicemente riuscite, per chi come pochi aveva ed ha attuato innovazioni sovente ancora insuperate. Il Nostro credo intendesse che il nuovo doveva passare per una ricerca del senso profondo, e quindi profondo anche nel tempo. Egli stesso, per la sua rivoluzione, non è andato alla ricerca spasmodica del senso della Parola scenica? Era in qualche modo tornato alle origine, magari inconsapevolmente; e si potrebbe proprio affermare che Verdi era, o quanto meno divenne, più "greco" di quanto egli stesso abbia mai sospettato. 

Migranti, integrazione, globalizzazione... tutte parole che oggi sentiamo ossessivamente ripetere, e alle quali si accompagnano espressioni come "paura del diverso", "paura del nuovo". 
Ma può avere "paura del diverso", "paura del nuovo" chi ha solide radici, chi conosce davvero la propria Storia e la propria cultura, chi sa da dove arriva e perché, e come arrivato fin lì? Non credo. 

Credo che chi ha radici solide, forti, ben affondate nella terra, non ha timore di confrontarsi, anzi porta con sé un bagaglio culturale sempre pronto a confrontarsi, a selezionare e apprendere dall'altro, a offrire in cambio ciò che è nel proprio profondo senza timore alcuno. 

Stando al nostro campo, il Teatro, la situazione oggi è di evidente sbandamento: crisi economica, normative che cambiano di anno in anno, quando non di mese in mese, rivoluzione nel sistema, confronto implacabile con altre modalità e culture, ricerca spasmodica del successo e di quello che "piace al pubblico", necessità di sbarcare il lunario... 
Ancora una volta - e non potrebbe essere diversamente - il peso della transizione cade sulle fragile spalle dell'Attore, o del Cantante, del primo ed essenziale interprete insomma, quello senza il quale "nun se po' fà!". 

A noi, a noi Teatranti, nuovamente l'onere di traghettare il Teatro, nelle sue variegate forme, verso i nuovi tempi. Come affrontare questi cambiamenti? 

La nostra opinione è che qualunque sia la strada da intraprendere, o che intraprenderemo, o nella quale ci ritroveremo quasi senza accorgercene, resta e resterà fondamentale capire chi siamo e da dove veniamo, comprendere quale sarà l'evoluzione possibile in base alle forze a nostra disposizione. Nessun passaggio, nessuna evoluzione sarà mai traumatica se procederà "naturalmente", senza forzature. 
E allora, per affrontare il nuovo che implacabilmente avanza, pensiamo - e ne siamo convinti - che sia il momento di "RIAFFONDARE LE RADICI", e di non dare nulla per scontato credendo che tutti sappiano e siano consapevoli della nostra Storia. 
Un terreno in cui sono piantati alberi con radici forti, difficilmente frana. 

Sono un po' queste le ragioni dei nostri seminari, volti a recuperare, a spiegare, a diffondere ciò che siamo e da dove veniamo: la Recitazione in Versi per tornare a comprendere l'ormai sfuggente valore della Parola e il suo consustanziare nel Corpo e con il Corpo, nel Pensiero e con il Pensiero; l'Analisi del Testo per scendere nell'Inconscio del Testo testo, per "rubare" (come è d'uso in Teatro) ciò di cui il Testo stesso è inconsapevole al pari di una persona seduta sul lettino dello psicanalista. 
Darsi Metodo per affrontare le sfide che certamente ci attendono, liberarsi dagli affanni e tornare a respirare sereni, insieme. 

Non vi invito a partecipare, ma a riflettere. 
Se partecipare, poi, decidetelo voi. 

Tutte le informazioni qui . 

Grazie e... buon traffico a tutti. 





  


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