lunedì 28 agosto 2017

LE DIECI REGOLE DELLA SILVIA (L'INSEGNAMENTO DELLA RECITAZIONE AL GIORNO D'OGGI)

La mia cara amica Silvia Nati, bravissima attrice, compagna di Accademia (Silvio D'Amico, perché l'Accademia è una!), dice, da tempi immemorabili che: "Puoi fare il tipo di teatro che vuoi, tradizionale, sperimentale, avanguardia, ricerca... e tutte le 'mbecillità che ti pare - la Silvia è fiorentina purosangue - ma ci so' dieci regole su come stare 'n palcoscenico che valgono pe' tutti, e quelle LE DEVI SAPERE!".
La Silvia ha ragione. Punto.
Saranno dieci, le regole, o sette, o venti, non mi voglio ora interrogare su questo, ma quelle sono uguali per qualsiasi genere tu faccia, e le devi conoscere. Del tipo: portare la voce (o più banalmente "farsi sentire fino all'ultima fila di poltrone"), sapersi muovere, sapere come si sta fermi, battere le finali di parola, conoscere la differenza nella dizione tra una vocale aperta o chiusa (poi aprile e chiudile come ti pare, ma la differenza la devi gestire come bere l'acqua), impara a respirare, ecc. ecc. ecc.
Mario Ferrero è stato un bravissimo regista, ma ancor più è stato un magnifico insegnate. Entrato in Accademia nel 1979, c'è rimasto fino alla sua scomparsa a 90 anni. Oltre trent'anni di insegnamento. Gli attori che oggi vedete, usciti dalla "Silvio D'Amico", da Castellitto a Gifuni a Lo Cascio, alla Mandracchia, alla Silvia, alla Marinoni, ecc. sono tutti passati sotto di lui. Poi, magari, ciascuno di questi avrà amato un qualche altro Maestro, sebbene in molti continuino a portare il ricordo di Mario ben vivo nel cuore - compreso il sottoscritto - ma i primi insegnamenti, nella scuola di Teatro per eccellenza, li hanno avuti da Ferrero.
Ebbene, Ferrero in questo era un mago, perché ti chiedeva di eseguire e basta, perché a forza di urla o frasi molto colorite, ti piantava nell'animo, nel cervello, nel corpo, "le aste" del mestiere, i fondamenti dai quali non avresti più potuto prescidere, anche se poi finivi a fa "er teatro de ricerca" ("Ricerca de che? - si chiedeva Paolo Lorimer - dei sordi 'n fondo a la saccoccia...")
Ovviamente il lavoro di Mario non si fermava qui, e in fasi successive entrava in dinamiche di più alto livello. Ma dopo un anno con lui avevi "le basi", quelle che oggi ci stiamo mortalmente giocando in molti campi, non solo recitativo: LE BASI!

Nelle mie ultime esperienze di insegnamento, noto con profonda amarezza, vedendomi i ragazzi andare e tornare, che passano da un insegnante all'altro (per loro scelta, io mica li posso legare, sono liberi, per me, di fare, sbagliare o migliorare nel percorso che preferiscono e che sentono più consono alle loro capacità), sto notando una singolare tendenza: moltissimi docenti operano sempre come se fossero in un super corso di perfezionamento, anche se hanno davanti a loro ragazzi completamente acerbi. Sento ventenni fare discorsi da attori con lunga esperienza, e senza nemmeno - mi è ben chiaro - che capiscano cosa stiano dicendo e il perché lo stiano dicendo.
In un post su Facebook parlai un giorno della necessità per i novizi di farsi poche domande e eseguire l'esercizio che il maestro affidava loro, come un pianista la mattina fa le scale o il cantante i vocalizzi: eseguire e basta.
Ebbene, la pratica della esecuzione guidata, mirata a inchiavardare nel bagaglio dell'attore in erba quelle dieci regole invocate dalla Silvia, pare non usi più.
C'è oggi un'altra tendenza, a mio vedere pericolosa e comunque poco fruttuosa, poiché alla fin fine non forma un lavoratore-attore, un soggetto, cioè, che è messo, prima di ogni altra cosa, nelle condizioni di cavarsela nelle più disparate situazioni e riuscire, bene o male, a risolvere. 
Mi pare che ciascun docente sia convinto che "il metodo recitativo" che egli persegue, o ha imparato, o ha praticato nella sua carriera, sia il migliore, e quindi l'unico. E quello, implacabilmente, vuole insegnare all'allievo! Tutti gli altri metodi vengono presentati al ragazzo come sbagliati e basta: "la recitazione è questo, il resto è m...". E nella volontà di creare quello che in realtà è solo il nuovo adepto di una specie di setta, si perde di vista l'insegnamento dei fondamentali, anzi NON SI INSEGNANO I FONDAMENTALI, spesso convincendo l'allievo che "con la giusta concentrazione, col sentimento giusto, con l'energia giusta... tutto si risolve da solo".
I risultati? Non serve che ve li descriva - e so che i miei colleghi (veri!) hanno già capito.
Non meravigliatevi, dunque, se in una fiction non capite le parole, o in teatro non vedete improvvisamente più bene un attore sul palco, o non capite come e perché sta compiendo un gesto... Il tutto è dettato dallo sbiadirsi delle "dieci regole della Silvia", a favore de: "'a concentrazione, l'energia, il ricordo de la situazione, l'intenzitàà, 'a ricostruzione de la vita, lo smembramento de la frase, 'a poesia nun se recita, er verso lo devi da rompe...".
Il risultato è che la sola cosa che si rompe sono i coglioni. Ma questo poco conta, basta che siamo stati INTEEEENZIII!
Eppure, io noto, i giovani sono maledettamente alla ricerca di maestri, ma di maestri che facciano in modo che essi siano autonomi, lo diventino, crescano autonomi, e non che dipendano sempre dal proprio insegnante; di maestri che li mettano nelle condizioni di districarsi nelle più diverse situazioni, e di cercare così, dati gli strumenti di base, la strada che preferiscono e sentono più vicina al loro animo.
C'è invece molta cialtroneria, anzi sempre più cialtroneria nel mio mestiere e nel suo insegnamento. con il risultato che la professione sta andando letteralmente a puttane, a tutto vantaggio dei dilettanti puri, o di dilettanti spacciati dal main stream come professionisti (chi sono? dove sono? cosa fanno? Ne parliamo un'altra volta).
Cosa rende un insegnate un buon insegnante, mi sono chiesto in questi anni, e credo che la risposta sia in quello strano sentimento che ti senti strisciare nell'animo dopo un giusto periodo di lezioni, sentimento che insistentemente, guardando il ragazzo ripete: "Ti ho passato gli strumenti che a me sono stati passati: quand'è che cominci a camminare da solo e ti levi dai coglioni!".

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