lunedì 30 gennaio 2017

TRUMP vs TINA

Nella trasmissione di Lilli Gruber, Otto e mezzo, su La7, il bravo drammaturgo Stefano Massini, consulente artistico del Piccolo Teatro di Milano, osservava che la comunicazione di Donald Trump funziona sulla negazione (a 0:15:00), e a sostegno di questa sua tesi metteva a confronto lo slogan di Obama, "Yes, we can", con la frase che il neo presidente ha pronunciato nel suo discorso di insediamento: "Nessuno potrà dirci che non possiamo", o come, da altra traduzione: "Non lasciate che nessuno vi dica che è impossibile". Comunque sia, il concetto non cambia.  
Penso, però, che l'osservazione di Massini, sia pur giusta, sbagli riferimento. 
La frase di Trump, credo vada a contrapporsi a quella che viene attribuita fondamentalmente a Margaret Thatcher, e poi così utilizzata dalla politica negli ultimi trent'anni a livello globale, da divenire un acronimo: TINA, cioè There is no alternative, non c'è alternativa. 
È su questa impossibilità di cercare un'altra strada che si è fondata la politica liberista e globalista dell'ultimo trentennio; è sul porre i cittadini, e la politica, di fronte alla impraticabilità di altre strade che si è potuto procedere all'affermazione della globalizzazione senza regole, allo smantellamento dei diritti dei lavoratori, allo smontaggio sistematico dello stato sociale. 
E mi pare dunque logico osservare che il neo presidente statunitense, qualsiasi cosa se ne pensi, ergendosi a oppositore di quei processi liberisti-globalisti pianti nel terreno un enunciato che pienamente vi si contrappone. E che, a mio modesto parere, è la vera chiave della sua "filosofia". 
Cosa combinerà Donald e quale saranno gli effetti delle sue azioni lo vedremo, per ora sta certamente sparigliando le carte; ma è indiscutibile, come ebbe ad affermare una volta la Rosy Bindi (sempre in una trasmissione della Gruber, se non ricordo male) che: quando la politica si convince di non potere trovare un'altra soluzione, allora la politica è morta. 
Si può guardare in cagnesco il nuovo presidente statunitense, ma rimettere in moto la convizione, comunque da lui slegata, che "C'è sempre un altro modo per fare le cose", come diceva a proposito della messa in scena Giuseppe Patroni Griffi, non potrà che farci bene, e soprattutto fare bene alla politica. 
Anche perché, passati diversi decenni, dove ci ha portato TINA ormai non è più un mistero, per nessuno. Almeno per quei nessuno che non sono avvinghiati a fedi religiose e incrollabili. 

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