martedì 22 gennaio 2019

POLITICHE TEATRALI, QUELLI CHE FANNO "I CONVEGNI".



Se c'è una cosa che detesto è fare il profeta. A questo Paese bastano le lagne di Celentano perché vi si aggiungano le mie.
In un post precedente vi avevo o non avevo avvertito che sarebbe cominciata una sarabanda di convegni nei quali persone di varia estrazione professionale ma certamente non teatrale e soprattutto NON TEATRANTI avrebbero aperto discussioni, dibattiti, conferenze il cui unico scopo recondito non sarebbe stato quello di parlare della condizione dei lavoratori (passo primario e principe per potere parlare di attività culturali), ma quello di accreditarsi come credibili interlocutori presso una classe politica che nulla sa di teatro e teatranti? 
Questo di cui vedete la pubblicità nella foto sarà anche un ampio e importante dibattito, di larga durata e con tanti sponsor, con un bel sito ad annunciare l'evento e un solerte ufficio stampa, ma dalla ricerca rapida che ho potuto effettuare, l'elenco dei relatori non contiene il nome di un solo teatrante, attore, regista o tecnico. 
Se lo credete opportuno, rifate la ricerca e ditemi se ho sbagliato. Sono giornalisti, critici, professori, studiosi di vario genere... 
NESSUN TEATRANTE! 
Eppure costoro parleranno del vostro futuro, e voi, cari i miei colleghi Lavoratori dello Spettacolo, sarete relegati al ruolo di spettatori, e forse vi sarà concesso di fare qualche domanda. 
CARI COLLEGHI LAVORATORI DELLO SPETTACOLO, ve lo dico semplicemente: per relazionarsi con le istituzioni ci vuole almeno una forma mentis istituzionale. Non voglio dire che dobbiate fare per forza una Associazione dei Professionisti anche se sarebbe la cosa più sana, ma invece di andare a questo o ad altri convegni dove nessuno di voi potrà parlare, organizzatelo voi un convegno.
Io, purtroppo, non sono più a Roma, città che - come diceva la dolce Lara Pasquinelli - ci ha letteralmente cacciati ("Ci stanno cacciando, Alfonso" ripeteva Lara prima di morire a 45 anni perché il cuore le ha ceduto, e un cuore non cede solo per malattia, ma per solitudine, per mancanza di lavoro, di prospettive, di vita, di affetto... ); ormai vivo in un vero e proprio angolo d'Italia, dove vorrei che accadessero più cose, ma... lasciamo stare.
Io, purtroppo - dicevo - non posso essere in loco a darvi una mano, ma se posso aiutarvi a fermarvi e a riflettere con queste poche righe, beh, lo faccio molto volentieri. 
Voi, però, riflettete, vi prego. Ma soprattutto, fate sì che le vostre azioni siano conseguenziali ai pensieri. Tanto, già morite di fame, ma se pure mandate affanculo qualche "potente" (o sedicente tale) di più, ma cosa pensate che cambierà nella vostra vita professionale? Sappiatelo, sarà la stessa merda di sempre. 
Non potrò mai dimenticare un importantissimo professore, studioso di teatro, di questo angolo d'Italia in cui vivo, che alla mia domanda su se conoscesse le riforme Franceschini e per esempio il "problema 35 anni", mi guardò perplesso e ammise di no, di non sapere nulla. Eppure è ritenuto uno dei massimi esperti di Teatro in Italia, ma della vita del Teatro sapeva letteralmente nulla. Gli dovetti spiegare e rimase di stucco. 
Ecco, sappiate che è questa la gente che, se non interverremo, domani si siederà ai tavoli istituzionali per decidere del futuro dei lavoratori italiani dello spettacolo.  

Nessun commento:

Posta un commento

dite pure quel che volete, siete solo pregati di evitare commenti inutili e volgarità.