mercoledì 16 gennaio 2019

PROSA, MA A COSA SERVE LA SOVVENZIONE STATALE? (uscire dalla logica de "La Chiuuultuuraaaaa -wooow")

Mi asterrò da un discorso lungo e complicato, per quanto l'argomento sia complesso. 
Ho appuntamento col mio tributarista, causa simpatiche cartelle esattoriali annullate quattro anni fa dal giudice e ancora risultanti nel mio... credo che si chiami "estratto di ruolo", o forse sbaglio... insomma nella mia scheda tasse. Permetterete che mi roda un po'!

Prima di andare, però, ho promesso a un caro amico che avrei messo nero su bianco il mio pensiero sul FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo, o più semplicemente le sovvenzioni statali a sostegno della Cultura.
Ecco, già qui c'è da fare il primo chiarimento e si spererebbe che una volta per tutte spariscano certe locuzioni che sono mistificatorie, mistificanti, fuorvianti e soprattutto che si prestano a speculazioni di parte.
Quindi ripetete con me: 


Lo Stato non sovvenziona LA CULTURA ma LE ATTIVITA' CULTURALI 
Lo Stato non sovvenziona LA CULTURA ma LE ATTIVITA' CULTURALI
Lo Stato non sovvenziona LA CULTURA ma LE ATTIVITA' CULTURALI
Lo Stato non sovvenziona LA CULTURA ma LE ATTIVITA' CULTURALI
Lo Stato non sovvenziona LA CULTURA ma LE ATTIVITA' CULTURALI

Cambia? Hai voglia se cambia!, è proprio tutta un'altra cosa. Per un semplicissimo principio: solo un cretino può pensare di produrre un capolavoro, di fare cultura, di produrre Arte.
Le persone serie, fanno quotidianamente il proprio lavoro, quello per cui si sentono portati, che sentono di svolgere bene, e lo fanno con piena coscienza e dedizione. Poi - DOPO! - a un certo punto, qualcuno o qualcosa ci dice che è stato prodotto un capolavoro, che si è fatta dell'Arte.
L'Arte è in qualche modo qualcosa che ci sfugge di mano... 

In quest'ottica, dove il principale valore è il lavoro, la cultura non è altro che l'esercizio del lavoro stesso, l'esercizio professionale e quotidiano, tramandato di mano in mano nel tempo, con tutte le sue naturali evoluzioni ma che procede su di un percorso netto e soprattutto lineare non ostante tutte le normali digressioni che può conoscere. 

Il concetto che lo Stato deve sovvenzionare la Cultura è ormai divenuto funzionale a una serie di attività che con la scusa della "produzione culturale", quindi in un'ottica di intellettualizzazione del processo creativo, drena risorse al sistema a vantaggio di pochi e a scapito dei molti. Per far ciò necessita un meccanismo che valorizzi, supporti e propagandi il tutto, in un processo che autoalimenta se stesso e i suoi adepti. 
In questa visione il FUS è letteralmente sprecato poiché non assolve alla sua vera funzione, cioè non assolve a quello che è il vero compito dello Stato: proteggere il lavoratore. 

D'altronde, il tanto sempre citato art. 9 della Costituzione dice:
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnicaTutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Si parla di "sviluppo della cultura" - associato sempre, anche nell'art 33. all'attività scientifica, e questo è un altro punto su cui si dovrà riflettere - e nel termine cultura sarà compreso tutto, anche come si fa una pizza, o solo quello che alcuni decidono sia arte e cultura? Questo perché la Costituente aveva chiaro un semplice concetto: da dove arriverà il capolavoro o la novità scientifica rivoluzionaria non si sa, lo Stato deve fare in modo che arte e scienza arrivino sempre al maggior numero di persone possibili, sia come fruitori che come operatori attivi, e basta. 
Chi si arroga il diritto di dire che una cosa è Cultura e l'altra no, tradisce il dettato costituzionale. 
E se promuovi "lo sviluppo" non puoi innanzi tutto non proteggere i lavoratori che di quello sviluppo si occupano.   



Ora: sorvoliamo per un attimo sul fatto che il FUS sostiene tante diverse attività e restiamo per un momento sul mio capo, quello del teatro di Prosa, chiedendoci: 
A COSA SERVE DAVVERO LA SOVVENZIONE STATALE?
Si dice, in maniera sommaria, a ricoprire le perdite. 
Dato che praticamente ogni anno i produttori chiedono di accedere al FUS (parliamo di "Privato", perché è evidente che il "Pubblico" deve per forza accedervi), c'è da immaginare che siano sempre in perdita; ma è immaginabile che una impresa sia continuamente in perdita? Evidentemente no, sarebbe una azienda malata. 
Ma a parte il fatto che, almeno un tempo, quando si lavorava!, le Compagnie NON erano sempre in perdita, il sostegno dello Stato aveva un valore fondamentale per la qualità degli allestimenti, ma soprattutto per la tutela dei Lavoratori dello Spettacolo.

Provo a spiegarlo con un esempio: un regista chiede all’impresa, dopo aver scelto dei bravissimi protagonisti, di scritturare per un ruolo non principale un attore non di grido ma molto bravo, così da “mantenere uniforme” la qualità dell’allestimento; questo attore, avendo professionalità e esperienza, ha un certo costo; l’impresa, però, preferirebbe un altro attore, un po’ meno bravo, magari un po’ più giovane e dal costo più abbordabile. A questo punto il produttore fa le proprie valutazioni: se sa che a fronte di una perdita potrà contare sul sostegno dello Stato, sarà sicuramente più disponibile verso la richiesta del regista; in caso contrario evidentemente no, cosa che creerà una serie di problemi. Innanzi tutto alla qualità dello spettacolo (perché io sto facendo l’esempio solo su un singolo attore, ma dovete immaginare che il meccanismo va a replicarsi su ogni comparto dell’allestimento), ma soprattutto sul conflitto interno al “corpo dei lavoratori” che verrà automaticamente a crearsi: perché “l’attore più bravo”, escluso per motivi economici, in una successiva occasione sarà costretto a rivedere al ribasso il proprio compenso; ma per restare in corsa, lo stesso dovrà fare “l’attore meno bravo”, e così via… Si sa bene dove porta questo giochino e non credo si debba aggiungere altro per comprendere quanto può essere importante la rete di protezione offerta dallo Stato, cioè dai lavoratori stessi a tutti gli altri lavoratori: perché di deflazione salariale in deflazione salariale i vincenti possono solo essere i dilettanti. 

Il valore della Sovvenzione statale è questo: proteggere i lavoratori e in questo modo promuovere lo sviluppo delle attività culturali, che in quanto tali possono solo essere professionali. 

Il problema cui siamo oggi di fronte è: può uno Stato che ha ceduto la propria sovranità monetaria, e quindi la possibilità di decidere della propria politica economica, e quindi, banalmente, decidere quanti soldi investire qui e quanti lì... sovvenzionare adeguatamente il nostro comparto? 
Evidentemente no. 
E inoltre può farlo in un sistema dove le crisi, non potendo essere scaricate sulla moneta, devono per forza essere scaricate sui salari? 
Evidentemente no.

Pensate non riguardi la Prosa? E invece riguarda anche la Prosa.
Nel corso degli ultimi anni, tutti noi scritturati sappiamo che i tagli fatti al comparto delle attività culturali si sono tramutati in paghe più basse, molto banalmente. 

I produttori, sia privati che pubblici, per sopravvivere, hanno semplicemente scaricato sui lavoratori le loro difficoltà, mettendo in scena commedie con meno personaggi (anche qui molto banalmente) e abbassando le paghe (sempre banalmente). 
Ditemi che non vi risulta!  
E per le stesse produzioni, meno soldi in giro, patti di stabilità, restrizioni di sovvenzioni regionali e comuncali, hanno significato meno Comuni che fanno stagioni teatrali, pagamenti con tempi indecenti (anche questi banalmente scaricati sui lavoratori che attendono anni), tournée decisamente più brevi, talvolta inesistenti... 

E in questo sistema, dove le risorse si sbriciolano sempre più, la lotta tra lavoratori, tra comparti, tra dipendenti amministrativi e personale artistico, tra sindacalizzati e non, senza contare la pletora di "intellettuali" che in nome della chiultura vegetano sulle spalle di tutti gli altri, si fa sempre più accesa, sviluppa sempre maggior odio e insofferenza. A me non pare così difficile da capire: dieci ossi per dieci cani significa un osso a testa, tre per dieci cani vuol dire che qualcuno digiuna. 

Mi si dirà: allora hanno ragione coloro che chiedono più fondi?!
Certo che hanno ragione, ma dipende per farci cosa e con quale filosofia. Se stiamo ancora a "la chiulturaaa", siamo totalmente fuori strada. 

Mi si dirà che qualcuno disse: "Con la cultura non si mangia"?!
Vero, ma il citare questa frase è solo un modo per scaricare su una sola parte politica le responsabilità e assolverne l'altra che a quel punto può continuare a invocare fondi per il proprio progetto di dominio culturale.
Tutta questa roba va consegnata alla Storia perché semplicemente non si ripeta più.
Quello a cui oggi si deve pensare è come sbloccare il Paese nel suo complesso, smettendo di vivere di ELEMOSINE, smettendo di pensare che qualche "animale sia più uguale degli altri", anzi mettendo nell'angolo chi solo si azzarda a pensarlo. 


Se il comparto Prosa nel suo complesso continuerà a bersi la favola della Cultura, come ho già avuto modo di scrivere si avvererà la "profezia" di Tremonti.
Perché forse un filo di verità nel fatto che con la Chiultura non si mangia c'è, o per lo meno non ci mangiano tutti.
Con il Lavoro sicuramente sì! 

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