giovedì 11 ottobre 2018

NON PRENDETEVELA CON I GIOVANI (è questo il mondo che gli abbiamo consegnato)

Dunque il 6 di ottobre c'è stata la grande manifestazione per la Cultura. Mi dicono sia stato un successo, ma soprattutto ho il piacere di comunicare che mi ero sbagliato: la protesta non è stata strumentalizzata. Semmai un po' ignorata dai Media, ma comunque non strumentalizzata contro l'attuale Governo. 
Mentre un risultato importante i manifestanti lo hanno ottenuto, con una audizione in VII Commissione, Commissione Cultura, al Senato della Repubblica, nella quale i vari gruppi partecipanti hanno potuto presentare le loro istanze. 

Una cosa bella, un momento alto della nostra democrazia. 
Al quale non ha partecipato, come hanno evidenziato alcuni senatori presenti, il Partito Democratico. 
Le motivazioni sono diverse, ci è stato detto in un orecchio, per esempio il fatto che la manifestazione sia stata giudicata da qualcuno un po' troppo grillina; ma molto probabilmente, come da altra "soffiatina", perché il principale "imputato" era proprio il PD con le sue riforme, e nello specifico l'ex ministro Franceschini. Siccome il piddino non si smentisce mai (vedi alla specifica voce del Glossario), non ammette colpe o errori, si ritiene perfetto in pensieri opere e parole... semplicemente non ascolta e rifiuta il confronto. 
Poco danno, tanto ormai il re è nudo. 

Qualcuno ha mestamente notato che alla manifestazione non c'erano giovani attori, che si è provato a coinvolgerli, ma chi ha tentato è stato "guardato come un marziano che parlava un linguaggio antico e incomprensibile". 
Confesso che non mi meraviglia. Mi spiace molto, moltissimo, ma non mi meraviglia. Da anni ormai, gli obiettivi delle giovani generazioni di attori non sono i nostri e con franchezza non si sa più nemmeno bene quali siano. Io per lo meno non l'ho capito, se mai l'ho capito, e sicuramente non lo comprendo più. Forse la notorietà, nemmeno il successo, ma la notorietà. 
Non è colpa loro, è il mondo che gli abbiamo consegnato, anche noi, che avevamo la loro età quando "tutto è cominciato", colpevoli di non avere compreso, di esserci anche noi disinteressati, di aver guardato solo al nostro ombelico... Colpevoli di essere stati, insomma, come loro. 
Forse con una sostanziale differenza: il nostro era ancora il mondo dello Stato Sociale, una serie di cose erano praticamente scontate, come l'efficienza della scuola, della sanità pubblica o del sistema pensionistico, checché se ne dicesse; insomma, se non ci fosse proprio andata bene, sapevamo, quasi inconsciamente, di poter contare almeno su una mano amica che in qualche modo ci avrebbe sostenuto; l'effetto di tutto ciò era che nella nostra esistenza il danaro non era propriamente così importante. I soldi certamente contavano, averne faceva più piacere che non averne per mille motivi facilmente immaginabili, ma a quanti di noi veniva in mente, a meno di trent'anni, che forse era il caso di farsi una pensione integrativa o una assicurazione sanitaria? i nostri pensieri principali erano dedicati ad altro, soprattutto al lavoro e al piacere che ne traevamo, complice anche un'altra consapevolezza: c'erano spazi di vita per tutti. 
In fondo, a guardarlo bene, il nostro mondo non era competitivo, e questo, a differenza di quanto potrebbe credersi, liberava e moltiplicava la creatività. L'urgenza creativa era una necessità dell'anima e non della sopravvivenza quotidiana.
Oggi, invece, questi ragazzi sono immersi in un mondo che è assolutamente basato sulla competitività (che per sua natura non comprende la socialità se non come "elemosina"), e tutto quello che li salva e li salverà è solo il danaro. Chi ne avrà, potrà risolvere la maggior parte dei suoi problemi, altrimenti sarà una vita di serie e continue difficoltà. 

Essi sono immersi in questo mondo, ne sono impregnati, totalmente, e con grande difficoltà arrivano a rendersi conto che il loro nemico non è il collega con cui si ritrovano in competizione, ma il sistema nel suo complesso che li ha posti in una competizione perenne. 
Il mondo in cui sono nati e cresciuti non prevedeva già i diritti dei lavoratori, o se li prevedeva li andava annacquando e/o sbriciolando, sono stati prima "generazione mille euro" e oggi sono "generazione riders", la cui massima prospettiva è andare all'estero, divenire migranti, divenire sradicati nella illusione di essersi costruiti una vita migliore. 
Il distacco che questi giovani hanno con noi è prima di tutto culturale, e dunque linguistico, come notava giustamente il collega del post su FB; per loro, noi, che abbiamo solo 50 anni, siamo già antichi e incomprensibili. Come potete pensare che sappiano cos'è un "comitato di Compagnia" quando non hanno mai visto una vera Compagnia?! Come si può immaginare che partecipino a manifestazioni sui diritti quando non li hanno mai visti i diritti; sarebbe come chiedere ai "riders" di manifestare per il ripristino della scala mobile. 
Tutto quello che questi giovani conoscono è la rabbia

L'operazione cercata dal potere globalista di sradicare, di troncare i legami di fondo con le proprie origini culturali è quasi riuscita, e in questo quasi c'è la nostra possibilità di rimettere tutto nella giusta carreggiata. E al di là di quello che certe ideologie politiche possono avere fatto alla nostra professione, dovremo un giorno, noi "antichi e incomprensibili", interrogarci profondamente su cosa abbiamo fatto noi alla nostra professione, ché se è certo che la politica ci ha fatto molto male, molti, troppi di noi hanno fatto nulla per evitarlo (anche perché non avrebbero mai messo in discussione la loro parte politica), mentre gli altri restavano indifferenti. 
Ancora oggi, di fronte a questa palese debacle trovo colleghi il cui unico interesse è vedere come possono rimediare una scrittura, senza domandarsi perché non la trovino e perché non la trovino per come un tempo era, lunga e correttamente retribuita. Non sono tanti, ma ancora ci sono... e con franchezza sono situazioni nelle quali c'è poco da fare: o non ci arrivano o non ci vogliono arrivare, in entrambi i casi ci si perderebbe tempo. Chi opera per un cambiamento lo fa anche per costoro e non ha alcun problema nel farlo, perché tutti hanno diritto, tutti. 
Con i giovani, però, possiamo prendercela fino a un certo punto, semmai, come il collega nel post, dispiacerci, ma non altro. 
Siamo noi che in qualche modo abbiamo contribuito alla creazione del "casino", a noi, finché ne avremo le forze, tocca porvi rimedio, prima ancora che a loro. Tutto quello che va in questa direzione, come la bella audizione in commissione Senato, è un ottimo passo. 

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