venerdì 18 novembre 2016

DOV'ERA LO SPREAD QUANDO ERAVAMO VIVI?



h 5,30. Sono già sveglio. Cosa inusuale per un attore. Al massimo è l'ora in cui si va a dormire. Ma sono cose che non accadono più, leggende metropolitane ormai, roba di altri tempi, tempi in cui la vita era talmente più concreta da essere seriamente spensierata, tempi in cui nessuno avrebbe mai pensato di accusare qualcun altro di "vivere al di sopra delle proprie possibilità", perché le possibilità c'erano per tutti, abbondantemente, bastava solo volersele andare a costruire. Perché alcuno ti avrebbe messo i bastoni tra le ruote, nessuno ti avrebbe strutturalmente impedito di camminare: volevi il molto?, potevi provare ad averlo (mica è detto che ci saresti riuscito, ma ci potevi provare); volevi il tuo poco, il tuo giusto per una dignitosa sopravvivenza?, nessuno si sarebbe permesso di accusarti di essere improduttivo, non aggressivo, socialmente un peso... alcuno ti avrebbe fatto LA MORALE!
C'erano attori che andavano a letto dopo una sobria cena post-spettacolo, e attori che si attardavano fin quasi all'alba. Ciascuno gestiva la propria esistenza come preferiva senza sentirsi giudicare se non in pettegolezzi da bar che lasciavano il tempo che trovavano.
Era davvero un altro mondo; ed era solo trenta, quaranta anni fa. I giovani, nati tra la fine dello scorso secolo, e l'inizio del nuovo, non riescono minimamente a immaginarlo. Anche perché c'è troppo virtuale nelle loro vite, e l'immaginazione si è tristemente appannata.
E così stamane, alle h 5,30 mi alzo, ma in verità ero già sveglio da un po'. Mi sento come uno di quei vecchi signori della mia terra, che a dispetto delle dicerie popolari, guardano quotidianamente sorgere il sole, preparando il caffè, versando il latte nel piattino del gatto, innaffiando le piante, leggendo due pagine di libro, appuntando la lista della spesa. Prima che la casa si svegli, prima che il tramestio confonda pensieri e problemi: un'ora di vita in silenzio, come una meditazione orientale.
Ma sono un uomo del mio tempo e accendo il computer, e sfoglio, e leggo e osservo mentre sorseggio il primo caffè. E così, tra vecchi post e foto annegate nella memoria virtuale, mi rispunta fuori questo grafico sullo spread.
Lo spread... Ma c'era ai miei tempi lo spread? Non me lo ricordo. Eppure li leggevo i giornali, li ho sempre letti, anche due, tre al giorno; ho sempre dato una scorsa alle pagine di economia, non ho mai snobbato alcuna pagina e alcuna notizia; dov'era lo SPREAD?
E quel grafico è lì, implacabile, a dirmi che "altro che caduta del governo Berlusconi del 2011, ci sono stati numeri decisamente peggiori", differenze talmente più ampie da stroncare una mandria di tori con uno starnuto... Ma io non me lo ricordo... C'era ai nostri tempi lo SPREAD?
Perché mi sa che non sono soltanto io a non ricordarlo, ho il vago sospetto che anche molti di voi non ricordino di essere stati "sull'orlo del baratro", anzi, visti i numeri, sul fondo del baratro!
E il sospetto ancor peggiore è questo: c'era nel nostro vocabolario la parola? La parola SPREAD, c'era nel nostro vocabolario?
NO, questo lo posso sottoscrivere in rosso, non c'era, e mi sa che non era tanto frequentata nemmeno dagli italici operatori di borsa, che certamente la conoscevano, ma ne facevano un uso decisamente limitato, altrimenti, in così tanti anni, uno a cui fosse scappata, diamine, ci sarebbe stato! In più di trent'anni, uno che avesse segnalato un problema collegato strettamente a questa parola, SPREAD!, ci sarebbe stato, cavolo!, uno, mica dieci, uno, e sarebbe venuto fuori prima o poi, quanto meno sulla "Gazzetta di Poggibonsi e Peretola".
Ecco, io guardo il grafico, e vedo che l'Italia dei primi anni '80 dello scorso secolo, quello dal quale io orgogliosamente vengo, era in una situazione più che disperata. Non può non essere così, perché più avanti, alla fine del grafico, c'è la situazione che ci ha condotto all'interruzione di democrazia nel nostro Paese, c'è la situazione che ci è stata dipinta con la disperata e disperante esternazione del "FATE PRESTO", c'è quello che ci è costato lacrime e sangue, vere!, tra esodati e suicidi per crisi economica (che sono molti più di quanto si racconti!). E se quel racconto, quello del novembre 2011, era vero e quelle erano le parole che lo descrivevano, perché non c'è una descrizione di quei primi anni ottanta che a quest'ultima minimamente si avvicini? Non c'era allora forse perché non c'erano le parole, forse perché non c'era il vocabolo: SPREAD! Ma non c'è nemmeno oggi, con le nuove parole, per allora. E questo è indiscutibile, oltre che decisamente strano!
Non mi raccontate storie! Io il mio Paese me lo ricordo perfettamente, e ricordo che accadevano decine e decine di cose brutte al giorno. Ricordo il brutto e il bello. Un Paese dove se volevi ci potevi provare davvero, un Paese che offriva opportunità e non sentivi una disperante necessità di andartene all'estero.
Guardo il grafico e mi chiedo: dov'era lo SPREAD quando eravamo vivi?

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