sabato 20 febbraio 2016

MONTI - RENZI: I DUELLANTI.


Per la prima volta in due anni sono stato d'accordo con Renzi Matteo, Primo Ministro della Repubblica italiana, ho fatto il tifo per lui oltre che un salto sulla sedia quando, in diretta, gli ho sentito difendere la dignità dei lavoratori italiani e di tutto un Paese, in risposta al discorso del prof. Mario Monti.
Il “Gianburrasca” fiorentino non mi piace per mille motivi, ma in quel momento una parola di verità è uscita dalla sua bocca. Vivaddio!
Ho però notato che non tutti hanno colto il vero dibattito di fondo tra i due: la narrazione sull’Italia e sugli Italiani. Il fatto che tale narrazione fosse messa in rapporto alla UE, è un dettaglio, non irrilevante ma un dettaglio. Renzi, infatti, non ha indicato come maldicente una “narrazione” tedesca o europea, ma una narrazione anglosassone.
Escludo categoricamente che dietro ci fosse l’idea della “perfida Albione”, anche se spesso il massimo politologo italiano del momento, Maurizio Crozza, ha dipinto il premier come un epigono di Mussolini.
Il sottile riferimento, invece, è, a mio parere, agli ambienti che Monti Mario ha frequentato e in cui molto si è formato, a partire dalla borsa di studio post universitaria presso l’Università di Yale, fino alla sua partecipazione a gruppi quali la Trilateral, Bilderberg, Aspen, consulenze per grandi gruppi finanziari americani, tipo Coca Cola, e... e basta fare un giro su internet per avere il quadro completo, con notizie, nel bene e nel male, mai smentite dallo stesso.
Monti Mario, insomma, l’uomo del loden, l’uomo della austera foto sui gradini dell’ospedale (ottimo colpo mediatico!), ha sempre frequentato i salotti giusti, salotti che guarda caso non sono certo tedeschi o olandesi, ma appunto di stampo anglosassone, o meglio ancora, statunitense, cioè della terra del liberismo sfrenato e delle multinazionali.
Nelle sue dichiarazione in Senato, Monti Mario, ad un orecchio attento, è parso più un mandatario, un portatore di messaggio, che un “libero pensatore”. E il Matteo Renzi, il quale pare non sia anche lui lontano da certe frequentazioni, ha colto l’antifona ed ha musicalmente risposto in tono.
E lo ha fatto con la sola arma incontestabile, i numeri. I quali numeri raccontano una storia diversa da quella che l’establishment ha propagandato e continua a propagandare. Va aggiunto che Renzi Matteo in questo esercizio numerico si è anche limitato, poiché se ad esempio si andasse a vedere il debito pubblico italiano (debito o spesa?), prima del 1981, prima del famoso “divorzio Tesoro -  Banca d’Italia”, si avrebbero delle vere e proprie sorprese sulla tanto bistrattata Prima Repubblica. 













Ma i numeri esposti, già quelli parlano chiaro e ci dicono una cosa semplice: come è possibile parlare di una nazione di fannulloni, visti i risultati che quella nazione ottiene?
Poteva un Paese di fannulloni divenire in pochi anni dopo la guerra la 7° potenza economica mondiale, il 2° paese manifatturiero al mondo, il primo per risparmio della famiglie?
Qualcosa non torna. E allora ci si dovrebbe chiedere - e qui i due dibattenti non potevano entrare, ma sarebbe stato davvero interessante - il perché di questa narrazione che demolisce regolarmente l’Italia e che è ormai divenuta una forma di auto-demolizione, auto-fustigazione difficilmente estirpabile dalla mente degli Italiani stessi.
I duellanti non ne parlano perché lo sanno: perché raccontare il passato in un certo modo, convicere l’elettorato che i problemi derivano da un certo passato, consente oggi di prendere specifici provvedimenti che definiranno il futuro.
Ma quale futuro? Semplice: quello che vuole il Potere, quello che piano piano sta distruggendo i diritti dei lavoratori in nome di un mercato americanizzato, quello che vuole i lavoratori senza diritti e una classe media ridotta al livello del proletariato, quello che blocca l’ascensore sociale e non tiene conto della dignità delle persone e dei lavoratori, che mette lo stato sociale nelle mani dei privati: assicurazioni, sanità, scuola, trasporti, ecc. un mercato calcolato, nella sola eurozona in circa 3000 miliardi. 
Non crediate, ora, che Renzi combatte contro tutto questo. Egli è un pezzo dello stesso Potere.
Ma il messaggio di Monti era chiaro: “Attento, Matteo, come ti abbiamo messo lì, ti facciamo cadere”, i vari scandali che agitano il suo Governo, infatti sono solo prova generale di questo, l’assaggio di ciò che potrebbe accadere, perché oggi si distrugge l’avversario mediaticamente, non sono più i tempi di Moro.
E Renzi ha risposto e per le rime, perché anche lui sa quello che Monti ha placidamente ammesso: di non essere venuto a salvare l’Italia, ma a salvare l’euro e la UE. Quel progetto, cui si aggancia il segretissimo TTIP, per loro, per l’ establishment, vale più di tutto, più della sofferenza delle singole persone, dei popoli, delle democrazie. Tutto questo c’è in gioco, non la semplice rispettabilità della Nazione.
Si potrebbe delineare dunque una strana situazione. Messo sotto attacco da quegli stessi poteri forti che lì lo hanno messo, il premier Renzi per salvare se stesso, salva l’Italia da questo ormai conclamato fallimento della UE. Se scappa l’Italia, tutto il progetto crolla. La forza del ricatto è divenuta paritaria, se loro ricattano Matteo, Matteo ricatta loro. Non ha intenzione di fare la fine di Letta, usato, masticato e sputato senza ritegno.
La partita si gioca altrove non nel Parlamento italiano e nemmeno in quello europeo.
Osservate una cosa: Papa Francesco ha detto che non si occupa di politica italiana. Ma ha parlato, con il riferimento apparentemente morbido a Trump, di politica americana.
Forse lui sa che il vero campo di gioco è da un’altra parte.

E i duellanti lo sanno.

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