lunedì 9 novembre 2015

Fassina, la Sinistra, i Dialetti

La notiziona sarebbe che è nato il nuovo soggetto politico della Sinistra, denominato Sinistra Italiana. 
Per ora è solo un gruppo parlamentare, ma è pensabile che evolva in un partito. 
I denigratori sono già all'opera: trasformismo, caccia di poltrone, inutilità politica, ecc. Ormai il vocabolario lo conosciamo tutto, è sempre lo stesso verso chi provi a fare qualcosa di nuovo. 
Dire a Stefano Fassina e suo compagno di viaggio D'Attorre che cercano poltrone è certamente un tantinello fuori luogo. Le loro storie parlano per da sole.
Quello che è certamente interessante è che, dopo avere lasciato per anni la critica all'euro e al sistema ad esso collegato alla destra italiana, qualcosa a sinistra, in tal senso, si muove, e forse, anzi sicuramente leggendo i propositi di Fassina, in quel "Italiana" c'è più di quanto si possa immaginare. 

Se infatti per superare i nazionalismi si deve creare una super nazione (come fa spesso notare il prof. Bagnai), non si capisce dove sia il superamento del nazionalismo. Anzi, questa idea della super nazione, nello specifico, per chi non lo avesse compreso, gli Stati Uniti d'Europa, sarebbe un ulteriore rafforzamento del concetto di nazione e di abbattimento progressivo della "ricchezza delle diversità", seme primario dell'Europa.
Proprio a questa ricchezza, nonché bellezza delle diversità, si è legata spasmodicamente, ansiosamente, e direi anche irrazionalmente la sinistra del nostro paese, lasciando così, anche in questo caso, la difesa delle particolarità territoriali, nelle mani delle destre.
Insomma, a fare il conto, tutto ciò che la sinistra lascia la destra raccoglie. 

Riflettevo - se ne sono ancora capace - proprio sulla questione delle diversità, in particolare su quelle linguistiche. E già, perché nella sua sovreccitazione di andare verso il "mondo a colori", la sinistra (che dalla destra, al contrario, prende sempre le cose di cui si potrebbe fare a meno) ha sostenuto la tesi del "dobbiamo conoscere la lingua inglese". Anche qui con un doppio effetto nefasto: l'italiano è divenuto una ipotesi, i dialetti sono ormai fantasmi. 
Bene, mi piacerebbe, una volta che Fassina abbia convinto quelli di SEL che a lui si sono aggregati a fare profonda ammenda sulla religione dell'euro, che questo nuova Sinistra abbracci l'idea che nella difesa del popolo c'è anche la difesa delle sue radici, e quindi della lingua patria e quindi dei dialetti. Parlare le lingue straniere è una gran bella cosa, ma questo non significa che si debbano perdere le tradizioni. 
Perché se da un lato la comunicazione globale ci consente di accedere al mondo globale, è pur vero che l'inglese che noi parliamo (come ci ricorda il filosofo marxista Fusaro) non è quello di Shakespeare o di Wilde, ma quello della finanza. In realtà, secondo me, non è nemmeno inglese, è americano.
Dunque, un primo modo per opporsi al mondo capitalistico è quello di opporsi all'uso indiscriminato della lingua inglese. Ho detto "indiscriminato", non "totale"! (anche io studio l'english... sic)

Dall'altro lato va considerato che se conosco ed abito perfettamente le mie radici, se so chi sono senza tentennamenti, non avrò mai problemi o paura ad andare in giro per il mondo a confrontarmi con chicchessia. 
C'è poi il secondo aspetto: se sono a difesa, tutela e sostegno del popolo, se sono dalla parte dei contadini (tanto per capirci), non posso essere contro "la terra", e siccome la lingua nasce dalla terra, l'abbandono costante del dialetto è abbandono costante della terra e dunque dei contadini. L'esempio si potrebbe fare anche con gli operai e con i piccoli artigiani e con i piccoli commercianti, e via dicendo. 
Considerando anche che: se il potere comincia a usare una lingua che non tutti conoscono, c'è una parte di popolazione che rischia di rimanere fuori dalla Democrazia, per una palese incapacità di accedere alle informazioni e/o spiegazioni. 
Il concetto liberista/capitalista sarebbe, in questo caso, che: è colpa tua se non sai l'inglese. 
Il concetto di chi dice di essere dalla parte del popolo spero sarà: dobbiamo considerare che non tutti hanno potuto accedere a certi studi, che non tutti hanno le stesse capacità (viva le diversità), che non tutti sono tenuti alle stesse cose (ari-viva le diversità).
Io penso che difendere le etnie, difendere le radici, difendere i dialetti o la lingua patria, non sia un concetto di Destra, ma di Sinistra, che non esclude la comunicazione e l'interazione globale. Il diritto all'autonomia dei Veneti, o dei Catalani, dovrebbe essere nel cuore di una sinistra che difende il diritto dei popoli all'autodeterminazione, il diritto alle scelte democratiche di ciascuno. 

Fino ad ora si è invocata la bellezza delle diversità solo per spingere all'omologazione, se lo si è fatto inconsapevolmente è molto grave, spero ci sia stata buona fede.
Sarebbe il caso di cominciare a difendere sul serio le diversità, come ricchezza vera e profonda, come ricchezza dei poveri.
Spero qualcuno raccolga questa specie di appello. 

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