lunedì 16 novembre 2015

LA MORTE SI SCONTA PENSANDO...

Siamo tutti toccati - sarebbe inutile negarlo o fingere - da quanto è accaduto nella capitale francese.
Per un attimo almeno, tutte le nostre altre riflessioni sono andate a farsi benedire.
Ci si interroga su "cosa fare?", ma i fatti sono ancora troppo caldi. Lo capiremo pian piano.
E forse pian piano capiremo anche se le cose sono solo come appaiono o ci sono altre questioni dietro, come ormai abbiamo imparato.
Ieri sera ho seguito il video mostrato a Piazza Pulita sull'Isis e sulle sue tecniche comunicative, sulle sue modalità di propaganda. Mi stupiva il notare che nei commenti in studio troppo poco ci si domandasse da dove questi signori abbiano preso soldi e mezzi per mettere in piedi questa possente struttura comunicativa e soprattutto quali menti raffinate ci possano essere dietro a una così raffinata costruzione.
Pare proprio che si sia persa l'abitudine al ragionamento complesso, e che anche i giornalisti non riescano più a chiedersi che cosa ci sia dietro, cosa che invece sarebbe loro compito o dovrebbe essere loro normale attitudine. E' come se fossimo invasi dalla necessità di ricercare sempre un rapporto causa-effetto di banale semplicità, come se non fossimo più noi a dovere andare verso i fatti e le loro ragioni, ma i fatti a doversi adattare alle nostre capacità o ai nostri preordinati schemi mentali. Questo pure di fronte alla evidenza che dall'altra parte c'è qualcuno che "pensa complesso, pensa complicato".
E - cosa peggiore - quando troviamo qualcuno che prova a rispondere con un "pensiero complesso", si defiliamo già stanchi prima ancora di ascoltare.
Diciamo che potremmo sintetizzare così: chi ci sconfigge è colui, o coloro, che pensano più e meglio di noi. La guerra sembra essere tutta lì, nel pensiero. E su questo terreno noi abbiamo già perso.
E' colpa nostra? Non lo è?... Un po' l'una e un po' l'altra cosa. Perché è pur vero che il Sistema ha agito in questi decenni in modo tale che il nostro cervello si appiattisse su posizioni di facile comprensione, ma noi abbiamo anche fatto in modo che accadesse.
Qualche sera prima dei fatti parigini, sono cascato, in tv, sul solito dibattito politico: un commentatore diceva che questa politica aveva allontanato la gente in particolar modo i giovani, l'altro rispondeva che non era poi tanto vero se si guardava a quanti giovani si erano messi a partecipare alla attività dei 5Stelle.
Era di questo che volevo parlarvi, poi l'Isis ci si è messa di mezzo.
Ma in qualche modo le cose si tengono se pensate alla nettezza con cui si sviluppano i dibattiti sul dopo: è colpa dell'Islam - no non lo è; ci hanno sparato - e noi bombardiamo; c'è pericolo - rinunciamo a un po' di libertà per la sicurezza; e via dicendo.
Con un simile format mentale, le risposte che alcuni movimenti politici propongono sono ugualmente facilitanti nella loro (falsa!) comprensione dei problemi: sei onesto - non sei onesto; mi alleo - non mi alleo; voti a favore - voti contro; la mia legge e buona - la tua legge è cattiva; i soldi ci sono - i soldi non ci sono; compri gli F35 - no, non li compri; sposta i soldi da qui a lì - no, spostali da lì a qui...
Tutto è chiaro, facile, comprensibile, accessibile a tutti. Accessibile al punto che chiunque può fare tutto: occuparsi della cosa pubblica, come recitare in una commedia. Sì, perché questa idea che tutto è per tutti, che puoi fare un video con il tuo cellulare, fotografare con l'Ipad come un professionista, occuparti di economia tanto si tratta solo di fare il conto della serva, si sta pericolosamente spandendo su tutto, con un preciso risultato: il costante svilimento delle professionalità e delle specifiche competenze.
Non penso ce ci siano cose per pochi, tutto è per tutti, ma nella misura in cui (espressione che dichiara i miei anni... sic) restiamo coscienti del nostro proprio e vero stato di apprendimento, e dei limiti che questo ci pone. Tutti possiamo capire delle cose di economia o di arte, ma leggere dieci post di Bagnai non farà di me un economista. Farà solo di me un cittadino più consapevole, più informato; poi, oltre un certo livello, devo essere io stesso a voler lasciare la palla a chi a quella disciplina ha dedicato la vita.
La politica è certamente per tutti e di tutti, altrimenti non sarebbe Democrazia, ma questa condizione comunitaria resta collegata strettamente al fatto di volersi informare (mettere nella forma), di non accontentarsi della più facile conseguenzialità causa-effetto, di non fermarsi, insomma, alla prima cosa che ci viene detta o che ci balza agli occhi.
A volte i morti sono il risultato del disfacimento del nostro pensiero.
Capire è fatica. Quanto siamo disposti, oggi, a faticare?

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