Cambiando il punto di vista si osservano molte cose diversamente. Come, per esempio, siano cambiate le sonorità nella recitazione. E siccome adesso non fai più l'attore a tempo pieno, cioè colui il cui principale scopo è agire, ma il docente, cioè colui il cui principale scopo è istruire, e quindi capire, spiegare, far capire, nonché guidare, ti viene spontaneo farti una serie di domande cui prima avresti prestato minore attenzione.
Ad esempio: è impressionante la povertà di intonazioni, cioè di sonorità espressive, che i giovani paiono oggi avere a disposizione, ed è ancor più impressionante la difficoltà che il loro orecchio ha di percepire sonorità diverse, per non parlare poi delle sfumature, ormai emerite sconosciute.
Il mondo cambia, siamo tutti d'accordo, e certo non ci son più quei nostri maestri capaci di cogliere la sottile differenza tra le diverse pronunce di una sola sillaba. Il problema è che noi con quelle attenzioni siamo cresciuti, e con difficoltà possiamo distaccarcene.
D'altronde, non ne vediamo il motivo! Perché per un adeguamento "alla modernità" dovrei limitare le mie possibilità espressive? E se per le giovani generazioni invochiamo e propagandiamo sempre creatività e espressività, la capacità di spaziare e collegare, di conoscersi e crescere costantemente, perché dovrei accettare questa limitazione alla loro crescita espressiva non segnalando loro il problema?
Per farlo, però, devo interrogarmi sulle cause di questo impoverimento, trovare non soltanto una risposta ma anche un modo per spiegarglielo e scuoterli da quello che considero un vero e proprio torpore della mente e forse della coscienza.
Si sa che noi ripetiamo i suoni che ascoltiamo, lo facciamo fin dal primo giorno di vita e in modo più o meno evidente proseguiamo per tutta l'esistenza. Verificarlo è facile: se un bimbo nasce in Italia la prima parola che dirà sarà "mamma", se nasce a Londra sarà "mom", e così a seguire; ma non basta: se sei nato in Calabria e a un certo punto della tua vita ti trasferisci a Cuneo o a Treviso, il tuo modo di parlare pian piano cambierà, magari non fino alla cancellazione della cadenza d'origine, ma certamente questa non sarà più la stessa anche se ti sarai spostato a sessant'anni; inoltre, si sa che le lingue che hanno una maggior gamma di sonorità, ad esempio le arabe o le slave, mettono chi le parla in una condizione di maggior facilità di apprendimento di altre lingue.
Quindi: se c'è un impoverimento delle capacità espressive nelle giovani generazioni è ipotizzabile che questo possa essere attribuito alla povertà delle sonorità che i giovani ascoltano, ad una escursione sonora sempre più misera.
Ribadisco, poiché il cretino è sempre dietro l'angolo, che sto parlano di espressività sonora, di gamma di suoni a disposizione, non del vocabolario a disposizione (che pure quello si sta tristemente impoverendo). Al cretino parrà una cosa inutile o di scarsa importanza, ma se faccio una domanda o non la faccio sarà chiaro grazie alla sonorità che la compone e sorregge: "Sei sempre il solito idiota?", "Sei sempre il solito idiota!".
Un primo problema lo troviamo proprio nella scuola, specificamente nella scuola elementare, dove non si fa più, o si fa pochissimo, la lettura ad alta voce, una pratica fondamentale non solo per imparare a leggere con espressività, ma anche per imparare a scrivere. Infatti, la lettura ad alta voce ti insegna a riconoscere funzione e valore della punteggiatura, capire dove termina una frase, dove c'è una sospensione, un respiro, una pausa più o meno lunga... Se impari questo, conseguenzialmente capirai come usare la punteggiatura, e alla fine: se saprai leggere saprai scrivere, se saprai scrivere saprai leggere.
Ovviamente, in tanti daranno colpa alla televisione, che alcune ne ha, ma va considerato un fatto importante: i nostri giovani non guardano la tv o la guardano molto poco.
La maggiore colpa della tv, soprattutto da quando si è diffusa quella commerciale, è aver lasciato degenerare la pronuncia dell'italiano. La televisione di oggi potrebbe avere come costante sottotitolo: "La dizione, questa sconosciuta", ma è un altro tipo di problema che solo in parte ha a che fare con la questione "gamma sonora". L'esempio negativo più grosso la tv lo dà in quel modo di parlare, ormai adottato da tutti i telegiornali, a volte anche radiogiornali, che abbatte il senso della punteggiatura, nella convinzione che sia più colloquiale e gradevole. In realtà spesso non si capiscono le notizie, proprio perché la punteggiatura è tutta spostata, o inesistente, o illogica. Sembra di ascoltare quell'attore dilettante del film "La Stranezza": "Non ho nessuno, scopo e sono felice", col povero Valentino che cerca di correggere inutilmente: "Non ho nessuno scopo, e sono felice".
Orbene, da tutto questo possiamo dedurre facilmente che l'effetto sull'ascoltatore, se combiniamo insieme il problema dizione e quello lettura inespressiva, è che dire le cose in un modo o in altro non fa alcune differenza, per cui, da oggi, provate a fare una domanda senza farla, o a non farla facendola, a intimare a qualcuno di andarsene senza intimarglielo, o a pregarlo di restare senza pregarlo, tanto è lo stesso, vero? Poi fatemi sapere come va.
Non vorrei passare per il vecchio brontolone (che comunque sono, ma non in questo caso), ma il dilagare della lingua inglese evidentemente non aiuta, poiché si mescolano le sonorità senza che si apprenda, al contempo, quale sia l'effettiva linea di demarcazione tra le due lingue, cosa che invece, come ho scritto per il problema dialetti, sarebbe straordinariamente utile all'apprendimento e crescita di chi vuole usare i due idiomi.
Ma il macigno grosso, a mio vedere, è un altro.
Identifico due elementi che contribuiscono all'impoverimento sonoro delle nostre nuove generazione, il primo sono i social, il secondo la musica.
Nei social si ascolta di tutto, ci si ritrova davanti a ogni nefandezza linguistica, sonora, dialettale per non dire etica e culturale. Deleterio penso sia quella pratica di avere sempre i sottotitoli a ogni video, ad ogni tipo di discorso, poiché questo, come ho potuto verificare lavorando con i ragazzi, disabitua all'ascolto. Si potrà pensare che li alleni alla lettura. E invece no. Perché la perversa combinazione, un po' ascolto-un po' leggo, fa scorrere tanto velocemente che si accoglie come comprensione piena quella che in realtà è una percezione superficiale. Insomma, alla fine vale più il "ho capito che vuoi dire e passo oltre", che il "che stai dicendo? voglio capire bene".
Fate questo piccolo esperimento: date un testo da leggere a dei ragazzi della scuola superiore, meglio se una poesia italiana, potrete notare l'aggiunta di piccole particelle, minuscole parole che non alterano il senso della frase (anche se nel caso della poesia ne scombinano la metrica), ma indicano che il ragazzo sta scorrendo sulle parole in velocità, limitandosi a una comprensione superficiale del testo, accontentandosi del senso, diciamo così.
Vi riporto, a memoria, un piccolissimo esempio, accaduto di recente. Si leggeva "L'infinito" di Leopardi, esercizio per la declamazione del verso.
e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
diventava
e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
CH'è viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensierO mio:
e il naufragar m' è dolce in questo mare.
Ecco, minime variazioni, che certo non fanno diventare "L'infinito" di Leopardi un'altra cosa, che non ne cambiano la sostanza, ma che dimostrano che la convinzione imperante è che "tanto è lo stesso".
Aggiungete che le varie ideologie imperanti, o che tentano di imporci: politicamente corretto, woke, gender etc. instillano nei più la convinzione che le parole abbiano valore oggettivo, che dire "negro" è solo offensivo, che dire "clandestino" o "straniero" sia solo discriminante, che dire "donna" sia un affronto per un trans, che dire "ingrassato" sia lesivo della psiche di un altro... E tante altre sonore minchiate che conosciamo, dalle quali la ben nota domanda:
"ma il cioccolato bianco è razzista?".
Sappiamo - e ribadiamolo più che possiamo - che tutte questa sono cazzate! Le parole non sono oggettive, se lo fossero ognuno di noi sarebbe Dio, ma non lo siamo, e dunque una parola, una qualsiasi parola è solo un accordo, una convenzione, una metafora. Anche bicchiere è una metafora, anche magro è una convenzione.
Ma nell'idea che le parole abbiano valore oggettivo, ecco che l'espressività non può che impoverirsi e con essa si dissolve la sonorità.
Tutto questo non basta, il colpo di grazia lo dà... la musica, la musica che i giovani ascoltano. Che per la maggior parte è non-musica, mi riferisco in modo particolare al rap e a tutte le sue degenerazione, tipo il trap.
Il rap è la musica di chi non sa fare musica, di chi non conosce la musica.
E questo, checché ne pensino alcuni, è indiscutibile. Sono le origini stesse di questa forma espressive (non me la sento di definirlo genere musicale) a dircelo.
Il rapping - vado per sommi capi, poiché chi vuole potrà approfondire - poi contratto in rap, nasce nelle radio degli ispanoamericani e degli afroamericani. Grido di rabbia, di protesta, di denuncia costruito avendo una base musicale, sempre la stessa, su cui il rapper parla ritmicamente. Quindi il rap è "parlato", non è musica, non è canto, è "parlato".
Cosa avrà di diverso dagli stornellatori di osteria toscani me lo sto chiedendo da sempre, forse il fatto che melodicamente gli stornellatori toscani han più fantasia, ma alla fin fine la modalità è la stessa.
Conosco l'obiezione che mi si fa a questo punto: "ma i testi, devi sentire i testi, spesso i testi sono davvero belli". Rispondo subito: se voglio leggere un bel testo leggo una poesia, non ascolto il mio concittadino Rocco Hunt, o Eminem, o chicchessia. Perdonate la supponenza, che poi tale non è, perché se voglio musica, cerco musica, non parole.
In questo, devo fare una confessione: io mi sento un privilegiato, paradossalmente un privilegiato, perché non so l'inglese. Spesso il testo "ci frega", ci affascina, ma io, non conoscendo l'idioma d'oltremanica, da decenni ascolto musica limitandomi all'ascolto della musica. Dopo anni mi son reso conto che questo è stato un grande allenamento: ascoltare Beatles, o Queen, o Doors, o tutti i grandi gruppi del rock senza sapere cosa dicessero, non mi ha creato il condizionamento che qualche volta ho avuto con i nostri cantautori, per cui il fascino di una bella frase faceva passare in secondo piano la qualità della musica, e ci ho messo un po' di anni a riconoscere il valore puramente musicale di Piano Daniele, o Eduardo Bennato, o Flavio Giurato, o Ivano Fossati come nettamente superiore a quello di un... Antonello Venditti, anni per trovare il coraggio di dire in pubblico che Fabrizio De André era musicalmente noiosissimo, che se non fosse arrivata la PFM a dargli un po' di spinta, e che spinta!, stavamo ancora all'adorazione della nenia.
Qualcuno che è svenuto. Mi spiace.
Tornando a noi, facciamo qualche esempio, prendo da YT dei pezzi a caso, sperando non ce li vietino subito per questioni di diritti:
https://youtu.be/iNSQ15H8DZo?si=OAu6K8uo9BhvAGXv
https://youtu.be/h9NH6dFgM38?si=h0NrPmPdLHJF7GGt
https://youtu.be/N1pIm7822Kw?si=hxBCMQiL3HFp2dck
https://youtu.be/CQ-NSM-tt44?si=JJtepjXRCENGdbAg
più o meno raffinato, il succo è sempre lo stesso. Quel che più mi colpisce guardando i video è la gestualità, che è praticamente unica, come un segno di appartenenza, un marcamento di territorio ancor più forte della "musica", e dunque, a mio parere, limitante. Perché così come la voce perde sonorità, anche il corpo perde gestualità, entrambe sono possibilità espressive.
Ora, se noi ripetiamo i suoni che ascoltiamo, come detto in principio, è evidente che avendo nelle orecchie questa limitata quantità di suoni replicheremo una limitata quantità di suoni, così come il vocabolario degli studenti si va restringendo e la gestualità si sta accartocciando su se stessa.
La Musica che io principalmente ascolto, fin da quando sono bambino, è questa:
https://youtu.be/K6CVqC-zHMs?si=nEPKT_y_3DcqdbBL
e questa:
https://youtu.be/uUV5K20xuN4?si=EGwx0mobOcnvlM9B
e questa:
https://youtu.be/SN5cnVk85uo?si=Zwd5lMBK0vErclch
e questa:
https://youtu.be/h7qtyCl7ysE?si=Hj8n5hq1t32dnjDP
Snob? Può darsi, ma vi assicuro che non è colpa mia se sono cresciuto così. Ho sentito il mio primo disco di pop a quindici anni, in seconda liceo, quando mi accorsi che i miei compagni ascoltavano musica totalmente diversa e sentii la necessità di recuperare. Perché, credetemi, non è stata una bella sensazione scoprire che eri lontano anni luce dai tuoi simili, sentirsi escluso da ascolti e discussioni, non poter essere in una condivisione anche se critica.
Detto ciò, io sono certo che con estrema facilità potrete rilevare quanto di toni, armonia, variazione, ricerca, di fraseggio, respiro e silenzi, quanto di colori, di consonanze e dissonanze, di legato e staccato, quanto di diversi andamenti, lento, adagio, andante, presto, allegro, allegretto, quale gamma di sonorità possono ascoltare le nostre orecchie, quale quantità di possibilità espressive possiamo acquisire e provare a restituire nella recitazione.
Stiamo al contrario perdendo tutto ciò dietro alle degenerazioni della contemporaneità e soprattutto volendo ignorare il problema.
Penso sia necessaria una ri-educazione all'ascolto per i giovani, dovremmo smettere, nelle scuole, di insegnare a suonare il flautino e quattro scemenze di solfeggio, ma fare ascoltare e ascoltare e ascoltare la musica, dal gregoriano ai giorni nostri, perché quando con loro ho il tempo di farlo, i volti si illuminano. E Sì, fino ai giorni nostri, perché qualcuno certamente dirà che sono un vecchio parruccone, invece qualcosa di buono in questa modernità c'è, qualcosa con cui ancora giocare e divertirsi, dalla mia amata Robin McKelle fino a...
https://youtu.be/-FVvVMNuIXU?si=BuXZcd3bOD4YVmlK
Ascoltate MUSICA e Buon divertimento!
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