Papà non mi ha mai letto una favola, ma ricordo perfettamente il primo libro che mi regalò: era Pinocchio. Ho con me anche l’ultimo, un prezioso e introvabile volume su Valeria Moriconi, attrice con cui ho lavorato e che lui apprezzava molto, libro che ordinò mesi e mesi prima facendomi una bellissima sorpresa.
Ma la sorpresa che io ho sempre negli occhi è quella del Pinocchio. Non ricordo il motivo per cui chiesi proprio quel libro, forse perché erano i giorni dello splendido sceneggiato tv per la regia di Comencini, e un po’ tutti eravamo affascinati dalle vicende del burattino di legno. Dubito che io abbia fatto tanti ragionamenti estetici, avevo poco più di sette anni, chiesi solo Pinocchio.
Ero a casa dei nonni, dove eravamo soliti pranzare, seduto in terra a giocare con macchinine e mattoncini Lego, l’ora di pranzo si avvicinava, papà tornava dal lavoro: indossava il suo bel loden verde, e ricordo che mi colpì il fatto che lo tenesse completamente abbottonato, dal primo all’ultimo bottone. Appena arrivò io gli chiesi se mi aveva preso il libro. Papà disse di no, io ci rimasi un po’ male e distolsi lo sguardo, tornando a guardare tristemente le mie macchinine, ma poi, ridendo e dicendomi qualcosa come “eccolo qui”, papà da sotto al loden tirò fuori una bellissima edizione del Pinocchio, e la mia felicità andò a mille. Lo ringraziai come credo di non avere mai più fatto, con tutta l’allegria e l’incoscienza dell’infanzia. Chissà se lo abbracciai, io e papà ci siamo sempre abbracciati poco, evidentemente per noi non era necessario.
Era un bellissimo libro bianco, di un formato più grande del normale, quadrato, con la copertina rigida e lucida, e con tanti affascinanti disegni. Pinocchio era fatto con una giubba violacea a fiori, i pantaloncini sul verdino e il suo bel cappelluccio di mollica di pane bianco sporco. La parte scritta era predominante, e io, che già avevo imparato a leggere, lo lessi tutto, tutto d’un fiato, e poi lo rilessi, e forse lo lessi ancora soffermandosi sempre a osservare quei disegni i cui tratti ancora appaiono, sia pur sbiaditi, nella mia memoria
Ho conservato quel libro per tanti anni, oggi purtroppo non so dove sia, mi farebbe piacere ritrovarlo, ma non importa, perché quel che conta è sentire ancora viva dentro di me la felicità di quel giorno, la faccia divertita di papà, il ricordo di quel libro, il ricordo di lui, il ricordo di quel semplice scherzo, la felicità che papà mi regalò, e quella che io regalai a lui con la mia felicità.
Mi chiedo se ci possa essere qualcosa di più bello che riuscire a far felice, anche solo per un attimo, un proprio figlio. Me lo chiedo e penso che non ho figli, ma che ricordo vividamente la faccia allegra di papà e provo a immaginare quello che provò, e francamente, oggi, mi basta, mi basta la gioia che mi ha restituita e quel ricordo.
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