martedì 5 novembre 2019

Balotelli, perché non è razzismo

Buonasera, permettete che vi dica due parole sulla noiosissima questione Balotelli che in questi momenti riempie le pagine della cronaca come se fosse lo scandalo del secolo.
In realtà non lo è, e non è nemmeno lo scandalo della settimana, è solo l'ennesima dimostrazione di cosa sono le curve e di cosa sono i tifosi, e di quello che è diventato il tifo calcistico.
Già, ma in che senso?
Nel senso che verso Balotelli Mario, calciatore del Brescia, italiano notoriamente di colore non c'è alcun sentimento razzista.
Per capirlo vi basterebbe aver frequentato un po' gli stadi e avere minimamente osservato come si muovono le tifoserie.
Il tifo è una malattia, come il nome stesso dice, e tu che sei dall'altra parte non sei avversario ma nemico, in quella che è, a tutti gli effetti, una simulazione di guerra. Nell'ambito dello stadio sono da sempre concesse alcune cose che troveremmo in altri luoghi deplorevoli, proprio perché diviene il luogo deputato allo sfogo, allo scarico. Da questa concezione semplice fatta di parolacce e/o altre volgarità, la degenerazione è stata in realtà troppo facile. Probabile che tutto cambi nel momento in cui, siamo nel 1962, un tifoso della Salernitana, Giuseppe Plaitano, viene ucciso nello stadio di Potenza da un colpo di arma da fuoco.
Non è cambiato tutto in un attimo, ma da quel punto in poi troppe cose sono state tollerate, fino ad arrivare ai giorni nostri, quando tifosi di due tifoserie avversarie decidono autonomamente che la partita si deve sospendere e ingaggiano una battaglia fuori lo stadio con le forze dell'ordine, loro vero nemico. Per motivi lavorativi passai la mattina dopo, verso le 7,30 nei piazzali antistanti l'Olimpico di Roma, e per quel che vidi, la devastazione di un vero campo dopo la battaglia, decisi che non sarei andato allo Stadio mai più.
E invece un paio di volte sono ritornato. Perché il tifo è una malattia, ed è più forte di te.

Ora, chi ha vissuto gli stadi sa che il tifoso farebbe e direbbe qualsiasi cosa per innervosire, far saltare i nervi, offendere l'avversario. Il far play è una scemenza che non ha nessuna cittadinanza dentro lo stadio, di qualsiasi sport. Tu vai allo stadio per vedere la tua squadra vincere. Punto. Del bello spettacolo te ne frega nulla e poi nulla. E se la tua squadra gioca malissimo e vince tutte le partite per te va bene lo stesso e non ti passa nemmeno per la testa che giochi male.
Il tifoso vuole vincere. Chi vi racconta altro vi racconta stronzate oppure non è un tifoso.
In quest'ottica, per far perdere il controllo all'avversario usi tutte le armi a tua disposizione, anche il laser sulla faccia del portiere durante un rigore fa parte di quelle armi, anche agitarsi dietro la porta per distrarre l'attaccante che deve battere quel rigore fa parte di quelle armi. Gli insulti sono, è evidente, l'espediente più semplice, quello più a portata di mano.
Io ti offendo con ciò che ti offende. E' semplice, niente di complicato.
Dunque, se sei napoletano ti urlerò "colera, lavatevi, la puzza, il vesuvio..." perché quelli sono i tuoi punti deboli. Ma allo stesso tempo se sei un francese ti potranno urlare, come ho sentito: "Fatte nu bidet, zuzzuso" (fatti un bidet, sporcaccione); o ancora, al cinese o coreano o giapponese, tanto per il tifoso è lo stesso, magari diranno che sono una palla di riso piena di ... O magari sei un arabo di m...
Scatenatevi con la fantasia e ne troverete di tutte le specie: contro i brasiliani, gli argentini, i tedeschi, gli olandesi ecc. ecc. ecc.
E' anche comprensibile, a questo punto, che ci sono "categorie" che più facilmente possono essere colpite, tipo i meridionali, o gli africani, perché una serie di luoghi comuni sono già ampiamente costruiti e pronti all'uso.
Io ti offendo con ciò che ti offende. E allora, se sei africano ti farò il verso dello scimmione, il tristemente noto "Buh!". Ma non ti viene fatto perché io sono razzista. Infatti nessuno a mai fatto quel verso a Gullit, o a Seedorf o a Weah... O a Pelè, o a Eusebio.
Perchè il tifoso è stronzo, ma ha un pregio, se vede un Dio del pallone TACE!
Balotelli Mario è un mediocre giocatore spacciato per campione, questo il mio giudizio, ed è bersaglio di offese come tanti altri, perché quelle offese mirano a ottenere uno scopo preciso: fargli perdere le staffe. Che è quel che è successo!
State certi che a Gullit o a Pelè, se pure li avessero offesi, non sarebbe mai accaduto di avere quello scatto di rabbia. Perché il vero campione è prima di ogni altra cosa sicuro di sé e non ha bisogno della approvazione di nessuno. Lui gioca e basta. E ti lascia a bocca aperta. Lascia a bocca aperta noi che saremo pure tifosi imbecilli e violenti ma, come scrisse Gianni Mura parafrasando Galeano, siamo e restiamo "Mendicanti di bellezza": "Una giocata, una bella giocata per favore".

Nei versacci a Balotelli non c'è razzismo, come si vuol far credere per strumentalizzare, perché se fosse stato cinese o arabo avrebbe subito lo stesso trattamento pur di fargli perdere le staffe. Il tifoso è così che diventa il dodicesimo uomo in campo. Farà schifo, ma fa parte della battaglia. Non giustifico, offro una spiegazione.
E tu calciatore hai un solo modo per evitare gli insulti e zittire lo stadio: "Una giocata, una bella giocata per favore".

Se non sei capace, stai a casa.


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