venerdì 17 maggio 2019

HO UN GATTO, ANZI UNA GATTA (ma perché teniamo gli animali con noi?)






Ho un gatto. Anzi, una gatta. Si chiama Penny. Per volontà della mia compagna.
Io volevo chiamarla Concetta, ma non c'è stato nulla da fare. Le memorie londinesi di lei - due anni di lavoro nella City - hanno prevalso sui miei amori teatrali. Ma va bene lo stesso, perché alla fin fine, Penny non si discute.

Penny sta con noi da più di un anno, è arrivata che già ne aveva circa due. Veniva da una di quelle cucciolate curate dai Comuni, quelle di cui si occupano le famose "gattare" - che a dirla tutta le avevano dato l'orrendo nome di "Briciola" che non si poteva sentire e così fu Penny! - e venendo da queste cucciolate ha avuto una storia un po' travagliata.
Per un certo periodo ha vissuto in una specie di scantinato, praticamente sempre al buio, poi insieme a un altro gatto fu data a una famiglia, la quale, dopo qualche mese, decise di tenersi il gatto e "restituire" Penny, roba che secondo me non si fa, ma lasciamo stare, è storia passata. Alla fine Penny è qui, ci ha messo molto a fidarsi, ma alla fine... è qui.
Inutile dirvi che è dolce, è tenera, è coccolosa ecc. in genere i gatti lo sono. Quel che posso assicurare è che Penny ti sta dannatamente a sentire. Se le dici con nettezza che non deve fare una cosa, lei non la farà mai più. Dunque, stabilito quel che serve per l'ordine della casa, Penny può sbizzarrirsi come vuole.

Il suo più grande nemico sono i tappetini, con i quali intraprende durissime e incomprensibili battaglie, finché non li ha rivoltati a dovere. La sera, prima di andare a dormire io sistemo il tappetino in cucina, la mattina lo trovo tutto "arravugliato" sotto una sedia, un qualche mobile. La mattina sistemo gli scendiletto, la sera li trovo tutto "arravugliati".
Il perché di queste lotte resta un mistero. 



Penny non è un genio, assolutamente. E' una gatta normale come tante altre, che fa cose da gatta. Per esempio se ne sta ore a guardare fuori dalle finestre, anche attraverso i forellini delle tapparelle abbassate, o i vetri smerigliati della veranda.
Cosa guardi, così immobile per ore è un altro mistero. E se vai a disturbarla, a "scoprirla" in questa sua opera di piccola vedetta lombarda ne resta abbastanza seccata.














Si infila negli armadi, si nasconde tra i vestiti, quando vede un cassetto aperto ci deve mettere dentro il muso, gioca con la pallina colorata meglio di Maradona, si addormenta in posizioni improbabili, si incanta quando vede altri animali in tv, e alle cinque di mattina corre per casa facendo una confusione che me l'ha fatta soprannominare "il cavallo".



Bene.
In verità, non è la prima volta che ho un gatto. Una trentennio fa almeno, ne ebbi addirittura due per alcuni anni, due che poi rimasero con la mia compagna di allora quando ci lasciamo (lasciò lei me, io lei? bah, meglio ricordarsi dei gatti che dei fatti). 
Erano un maschio e una femmina, Mustafà e Nenè: un nome dall'Opera e uno dalla Prosa.
Mustafà e Nenè arrivarono da noi piccolissimi, due mesi appena, quindi li crescemmo e il rapporto che si crea è davvero diverso da quello con un gatto già adulto.
E adulto sono io, e cambiando l'età, cambiano le domande che ti fai. Da giovane le cose sono semplici, non ti interroghi più di tanto sui "sistemi della vita", quasi sempre agisci e basta. Da adulto, anzi da adulto ormai maturo, ti chiedi se in questo rapporto con un animale, qualunque esso sia, ci sia qualcosa di più, quali possano essere le ragioni che lo costruiscono e soprattutto che te lo fanno cercare.
Per me Penny è e resta un animale, e non sarà mai altro, il mio adorato animale, il mio gatto di casa, ma niente altro. Io e Patrizia non abbiamo figli, e non vorrei mai sostituire un figlio con un gatto. Se vogliamo un figlio lo facciamo, finché Natura ci aiuta, o lo adottiamo. Punto.
Altrimenti è come scaricare sull'animale, che è e resta ignaro, le nostre inquietudini. Oltretutto, sai che cazzo gliene frega al gatto delle tue inquietudini? E ci ha pure ragione.
E non illudetevi: non è perché "il gatto è autonomo". A parte che non lo è, ma anche se fosse un cane non gliene fregherebbe una mazza lo stesso. E' roba che non fa parte del suo mondo! E non si discute. Lui è animale e fa l'animale. Ma allora, cosa ci fa cercare il rapporto con questo altro essere vivente?

Posso capire chi alleva cavalli o buoi o capre... animali utili all'uomo; e anche il cane, prima di divenire salottiero svolgeva alcuni compiti importanti, come fare la guardia, aiutare con le greggi, ecc. Ma il gatto... perché il Gatto? Forse un tempo cacciava i topi e i piccoli insetti, ma oggi... Se c'è un animale splendidamente inutile è proprio il gatto. E checché se ne pensi, abbiamo bisogno anche di inutilità.
Lo so cosa state pensando: il gatto è tenero, fa tante coccole, è divertente, è tranquillo, è morbido... e altre scemenze del genere.
Io penso invece che ci sia qualcosa di più profondo. Penso che noi cerchiamo di costruire un rapporto con gli animali in generale e con questo in particolare per trovare una comunicazione che vada al di là delle parole, una comunicazione che travalichi tutto il linguaggio che abbiamo appreso fin da piccoli, quello ordinariamente verbale e quello anche del corpo. E' come cercare di comunicare con gli alieni, con un altro mondo, è come cercare un ponte con un altro noi stessi, primitivo, profondo, che non aveva bisogno di linguaggio per "sentirsi" con l'altro, per percepirsi. Nell'animale immagino che ricerchiamo quel primitivo animale che è sicuramente in noi e che la civiltà dei secoli ci ha fatto perdere. E' come se cercassimo chi siamo... in origine, quando non avevamo ancora inventato alfabeti. Deve essere per questo che quando "ci capiamo" con il nostro animale, la cosa ci dà tanta allegria, soddisfazione, abbiamo attraversato un ponte al di là del quale ci siamo noi. 











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