Tebe è lontana
e Sparta più s’avvicina.
Ci resto solo Itaca sorella
e quel suo bianco mare a cui porgemmo
i calcagni rosati e il primo sguardo
sull’infinita vastità del mondo.
Chi fummo noi, e chi saremo,
cosa ci attrae in fondo a quel mistero
che vive in ogni pallido orizzonte,
cosa ci spinse
a tuffarci già nudi a quelle onde?
Tebe è lontana, dal cuore
desiderata, e una tristezza sempre
ne accompagna il ricordo.
Tebe è lontana, e langue
nel racconto scolpito dai poeti,
ricordo dei suoi re
ciechi d’amore, vivi nel coraggio
delle battaglie, e delle donne mute
aspre d’audacia, e forti di parole
sfuggite al nodo di colpevoli amori.
Tebe è lontana.
Sparta riposa nel suo orgoglio stanco
tra il silenzio dei prodi e degli ulivi.
E il silenzio l’avvolge.
Tebe è lontana,
e Atene è uno scoglio nel mare
dove approdare
a una salvezza che non è ritorno.
Tebe è lontana.
Ma c’è una casa piccola nel mare,
un punto bianco dentro l’orizzonte,
casa nuova ed antica
a cui tornare, e raccontare
chi fummo noi
e chi conosceremo
nella breve illusione d’ogni viaggio.
È Itaca sorella,
e quel suo bianco mare
che ci diede battesimo alla vita,
è la mano di un vecchio ancora tesa,
il cuore della sposa,
l’occhio del figlio che ci cerca ancora.
Chi fummo noi,
e cosa conoscemmo
d’infiniti mondi e d’uomini
e di guerre,
d’amori e d’abbandoni,
delle notti, le stelle, e dei chiarori
nelle paure, il petto nei fulgori?
Una piccola casa in fondo al mare,
un punto bianco dentro l’orizzonte,
bere e lavare il viso alla sua fonte,
partimmo solo per poter tornare.
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