martedì 17 novembre 2020

NON VI LIBERERETE FACILMENTE DI NOI (17/11/1984 - 36 anni di Teatro)

Stavo pensando che il 17 novembre di 36 anni fa, precisamente Venerdì 17 novembre 1984, per la prima volta sono salito in palcoscenico. Ho fatto quello che con una meravigliosa espressione antica si chiama il mio "ingresso in arte", una espressione che andrebbe recuperata, ma il mondo di oggi cosa volete che capisca perso dietro gli alternativi intellettualizzati e gli ideologismi... 

Ma insomma, quel venerdì 17 novembre dopo che mi fu concessa una mezza prova in camerino e una in palcoscenico, fui catapultato sulla scena. 
SI trattava di "Filumena Marturano" di Eduardo, un classico delle compagnie amatoriali, anche se quella non era propriamente una compagnia amatoriale, dato che i due che ne erano a capo, Alessandro Nisivoccia e Regina Senatore, avevano in realtà una lunga esperienza professionale alle spalle, lui con Gassman, lei con Eduardo stesso e Mariano RIgillo. Ma constatato che la vita di tournèe non faceva per loro, si trovarono una bella "cantina" da cento posti che divenne fucina di giovani attori, la chiamarono "Teatro San Genesio" e il gruppo, in onore al TPI, Teatro Popolare Italiano di Vittorio Gassman, TPS, Teatro Popolare Salernitano. 



In quel vicolo della vecchia Salerno, vico Guaiferio, tanti di noi sono partiti alla scoperta di quel meraviglioso mondo che fin da subito amammo e che mai ci ha lasciato anche quando qualcuno di noi ha cambiato strada. Non è retorica: il Teatro è così. Ami quello, vuoi fare quello e non ti interessa in realtà fare altro. Ho conosciuto attori importanti, molto importanti, che dovevano una grossa parte della loro popolarità al cinema e poi alla televisione, ma li ho visti rinunciare a un lavoro davanti la macchina da presa per poter fare la loro tournée teatrale. Perché questo è un altro concetto che si è perso: sarà che siamo italiani e il sangue non lo puoi smentire mai, ma il Teatro è la tournée. 
Non c'è stato niente di più bello nella mia vita, in questi 36 anni - forse perché non ho avuto figli - dei lunghi viaggi, della scoperta delle nuove città, del ritrovare quelle già viste, del rivedere facce amiche dopo anni, del conoscere nuovi teatri, sentire ogni sera pubblici diversi, del veder scaricare le scene, e montarle, e poi alla fine vederle smontare da lavoratori operosi e divertiti, non c'è stato nulla di più bello che stare insieme a un compagno che non sai quando più rivedrai e dividere con lui la cena, e magari il sonno, e le giornate a raccontarsi l'intimità e la vita, niente dell'ascoltare i vecchi parlarti di un altro mondo, e poi crescere e vedere altri giovani che arrivavano con le loro arroganze o timidezze, come eri stato tu alla loro età o come non avevi avuto il coraggio di essere. Nulla ho amato più del sipario, e del camerino che era casa, e gli stucchi, gli ori dei teatri, e quel silenzio sacro e magnifico, quel silenzio di bimbo che dorme sereno che è dentro a un teatro vuoto prima dello spettacolo, quando tutto è pronto, i tecnici si sono allontanati, non tutti gli attori sono ancora arrivati e le mascherine sono ancora nei loro spogliatoi. Quella mezz'ora, se sei fortunato un'ora, carica di pace è un sogno di quiete che si rinnova ogni sera. Niente è stato mai più bello di quello, di quel momento in cui senti che sei nel solo luogo al mondo in cui nulla e poi nulla di male potrà mai accaderti. 
Forse è per questo che ho amato e amo il Teatro, perché il Teatro, al fondo di tutto, senti che ti protegge. Potrai morire ogni sera e poi rialzarti e dire: "ho sbagliato, devo farlo meglio, domani ci riprovo".  

Oggi sono 36 anni, tanti ricordi nella mente, tanti volti e insegnamenti, tanta vita, e amore. Stamane facevo lezione a dei ragazzi che forse abbracceranno questa professione. Il tempo non è passato invano e io sono felice, e sereno per tutto quello che ho fatto e certo che ho ancora tanto da fare, e lo farò, con calma. Non vi libererete tanto facilmente di me. Non vi libererete tanto facilmente di noi: Noi siamo il Teatro. 

Ho almeno tremila anni,
ho visto la luce, giorno per giorno, sorgere e calare,
ho sentito la polis 
crescere intorno a me, 
mentre mi era assegnato l'arduo compito 
di tenerla per mano, compito 
cui non mi sentivo adatto, 
ma che mai e poi mai avrei rifiutato; porto nel sangue 
il coraggio 
la fatica e l'amore 
di tutti quelli che mi hanno preceduto, 
di tutti quelli che mi succederanno; 
a loro lascio 
incorrotto 
quel  testimone che mi fu consegnato, nella certezza 
che il mio impegno sarà perpetuamente rinnovato; 
ogni nostra singola fine 
scivolerà serena in quell'oblio 
che è nostro orgoglio. Noi siamo 
i senza nome e senza memoria 
che sono stati la storia dell'uomo. 
Noi siamo il Teatro. 

2 commenti:

  1. Quello che scrivi è ciò che si prova per questo nostro meraviglioso mestiere!grazie

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