venerdì 8 maggio 2020

9 MAGGIO

Domani sarà ancora 9 maggio. Domani sarà ancora il giorno in cui ricordare quando e come cominciò a morire la nostra democrazia, la democrazia di questa nostra giovanissima repubblica. 
Non so quanti di voi c'erano. Io ero giovane, ma c'ero e quei giorni li ricordo bene, stranamente bene per la mente di un tredicenne. Ricordo l'aria pesante che si sentiva in giro, un senso profondo di paura, di spaesamento, una inquietudine che coglieva tutti, che sentivi nei discorsi di tutti perché davanti a un tredicenne ognuno parla senza bisogno di nascondere i propri pensieri. 
Ero come uno spettatore, esterno all'azione, colpito dalle emozioni che quel terribile spettacolo rimandava: la rabbia di mia madre quando sentì che il Papa aveva scritto "vi prego in ginocchio" ("Il Papa, il Papa, 'sti delinquenti!), le facce giovanissime e impaurite dei militari di guardia al casello autostradale di Roma, lo sconcerto della professoressa di matematica, una giovane supplente, che il 16 marzo venne in classe per far lezione e non poté trattenersi dal darci la notizia, notizia che non capimmo nella sua gravità, i silenzi di papà giornalista, il martellamento di giornali e tv, e tante cose ancora.
Ma tutto questo non conta. Conta uno strano dolore sordo che da allora tanti di noi si portano dentro. Alcuni lo avvertirono subito, altri, come me, nel corso degli anni, vedendo la nostra Repubblica sbriciolarsi man mano e cercando le ragioni di questo lento e impietoso declinare. E da quel dolore, nascere uno strano affetto per quell'uomo mai conosciuto ma che ti pare ancora oggi di conoscere come tuo padre, un padre che voleva proteggerti e vederti crescere adulto e sano, e che ci è stato sottratto. 

A volta penso semplicemente che avevamo la possibilità di divenire una Nazione, per la prima volta nella storia della nostra penisola, una Nazione vera, adulta, autonoma come sono autonomi un uomo o una donna cresciuti in modo sano, capaci di affrontare a testa alta la propria vita, e invece quella possibilità ci è stata tolta.
I motivi ormai sono chiari e sono stati anche ben scritti nei tanti libri di coloro che hanno continuato a cercare, non è nemmeno il caso di ripeterli. 

La nostra battaglia per veder crescere questa Nazione continua e sono certo che noi, che ci portiamo quel dolore sordo dentro, non ci arrenderemo tanto facilmente a dispetto di tutto e tutti anche se si è fatta maledettamente dura, anche se il nemico è potente e terribilmente accanito, ma continueremo, perché dobbiamo e vogliamo continuare, ciascuno con i propri mezzi, lo dobbiamo a quell'uomo. 
Domani è ancora 9 maggio. Ci portiamo un dolore sordo nel cuore e non possiamo voltarci indietro. Lo dobbiamo a quell'uomo. 

Dio ti benedica, Presidente. 


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