lunedì 1 luglio 2024

"BENVENUTO ALL'INFERNO"

Non ti potrà salvare ciò che scrissero
Coloro che la tua paura implora;
Tu non sei gli altri e ti vedi ora
Centro del labirinto che tramarono
I tuoi passi. Non ti salva l’agonia
Di Gesù o di Socrate né il forte
Aureo Siddharta che accettò la morte
In un giardino, al declinar del giorno.
Polvere è pure la parola scritta
Dalla tua mano o il verbo pronunciato
Dalla tua bocca. Non perdona il Fato
E la notte di Dio è infinita.
Tu sei fatto di tempo, di incessante
Tempo. Sei ogni solitario istante. 

Si intitola "L'apice", è una poesia di Jorge Luis Borges, contenuto nella sua ultima raccolta, "La cifra". 
Quando l'ho letta, la prima volta, a circa 35 anni, non potevo capirla. 
"Come sai che erano 35 anni?". Perché i tempi della mia vita sono scanditi dai miei rapporti con le donne, e molte delle mie letture sono legate a loro suggerimenti.
Le storie, ovviamente, non sono finite bene, ma sicuramente i consigli che loro mi davano erano profondamente interessanti.
La stessa donna che mi convinse a leggere Borges, mi fece leggere Pessoa. Un'altra mi indirizzò verso la letteratura americana contemporanea facendomi scoprire quello che è diventato uno dei miei tre, quattro autori preferiti, Tom Robbins.
A volte sono state scoperte cinematografiche, altre volte musicali... io posso dire di avere sempre ricambiato con una accorta proposta teatrale molto apprezzata. 


Perché dico che lei "mi convinse" a leggere Borges. Borges era all'apice della sua fama proprio quando io avevo vent'anni. Potevo leggerlo allora. Ma mi rifiutai. Intorno a me c'era una sorta di "delirio Borges", un deliquio fastidioso, che riusciva solo a produrmi orticaria.
Sono probabilmente sempre stato così: rifiuto genetico di qualsivoglia omologazione. Soprattutto quando "non si può vivere senza". Stronzata, si può benissimo vivere senza. 

Dunque, tutti in delirio per Borges, ed era come vedere, per citare Eliot, quelle care signore che entrano e escono dalle sale da the parlando di Michelangelo. Come potevo adeguarmi? 
Poi giunse V. e mi spinse alla lettura. Mi disse di cominciare da "Altre inquisizioni". Così feci. E ancora oggi io consiglio di cominciare da lì. Mi è sempre parsa una scelta giusta. 

Ma a 35 anni quella poesia non potevo capirla. 
Quando sei giovane, il mondo ti appartiene, è nelle tue mani, non hai la sensazione del tempo, non pensi che il tempo possa finire, e che quel finire sei tu stesso, e dunque il vero senso delle cose è semplicemente nel fatto che, come il verso più importante e bello della poesia dice, "tu sei fatto di tempo". 

Tu materia es el tiempo 

Qualcosa poi un giorno accade e ti rendi conto che il tempo è passato, e immediatamente lo metti a confronto con quello che ti resta, che poi nemmeno sai quanto sarà, forse cento anni, forse un minuto. 

Quando il nostro amico Giuseppe Rispoli, bravo attore, compì 50 anni, un altro caro amico, e bravo attore, Andrea Lolli, gli mandò gli auguri di prammatica con questa frase: "Benvenuto all'inferno!".
Mi fece ovviamente ridere, ma Andrea aveva colto nel segno. Un tempo si diceva che "la vita comincia a 40 anni", per indicare il punto di svolta, lo scollinamento. Cambiano le epoche, cambiano tante cose... oggi possiamo dire che lo scollinamento si fa a 50. Lì sono cominciati i dolorini, la pillolina per la pressione, lo scrocchiare delle ossa la mattina... Uff! un mare di noie, cui si deve dar conto. Il corpo comincia a parlarti in un modo che non puoi più ignorare, sei costretto a rispondere.
L'inferno è quello.

Tu sei fatto di tempo, sei ogni solitario istante, sei ogni chiropratico che ti mette le mani addosso per farti scrocchiare la cervicale, riallinearti la schiena, illuderti che in fondo basta poco per tornare a ballare. Amen. 

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