giovedì 14 dicembre 2017

Attori, i dilettanti al potere

Nell'attesa che si cuocia la pasta, mi vengono in mente una serie di piccoli pensieri dei quali sono certo vi fregherà poco o nulla.
Per esempio un fatto che va mostrandosi con sempre maggiore evidenza e che riguarda il mio lavoro.
Quella dell'attore è una professione/mestiere che come il buon artigianato appreso a bottega, viene passato da secoli di mano in mano. Negli ultimi tempi si assiste a uno svuotamento della professionalità attoriale (mentre cuoce la pasta non posso dirvi il perché, ma prometto che ci torno), svuotamento che ha anche un movente politico-culturale (di bassissima levatura), il risultato di questo impoverimento della professione è che i dilettanti sono ormai sullo stesso piano dei professionisti, e con il mercato economico alla canna del gas, sono anche avvantaggiati in quanto possono praticare prezzi più bassi, quando proprio dedicarsi gratuitamente.
Ma non basta: la volontà di far assurgere il dilettante a categoria "professionalmente" riconosciuta si rileva in un altro dato: sono giunti agli onori della cronaca, alla direzione di centri di cultura teatrale di primaria importanza, al rispetto diffuso da parte di addetti ai lavori e non, una serie di dilettanti spacciati per professionisti.
Che siano dilettanti, cioè che abbiano imparato facendo da soli (quindi non conoscendo davvero le regole ed il procedere della professione se non per sentito dire, come il pittore della domenica rispetto a chi viene dalle Belle Arti), lo si evince dal fatto che leggendo i loro CV ci si accorge che il mestiere non lo hanno mai appreso, da nessuno. Intendo: attori che hanno nessuna formazione, di alcun tipo, né di scuola né di gavetta, registi che non hai mai fatto l'assistente a nessun altro regista. 
Bravi, siete "nati imparati", come si dice dalla mie parti!
No, sono solo cialtroni dilettanti che hanno approfittato spesso di correnti politiche e di ondate culturali per costruirsi una rendita di posizione. Alcuni di loro vivono un breve periodo, grazie al cielo, poi spariscono; altri ce li dobbiamo tenere come grandi scienziati della professione teatrale per decenni grazie al potere politico che li protegge o alla disonestà intellettuale di una certa critica anche essa legata a doppio filo con la politica. Cosa esercita la politica tramite costoro? Una cosa di gran conto cui si presta poca attenzione: il predominio culturale. L'esercizio delle arti, secondo la nostra Costituzione è libero, il loro "orientamento" no, con buona pace delle "anime belle" che credono ancora alla purezza dell'artista.
Ci si chiederà perché i colleghi, quelli veri, non denuncino questa situazione. Facile: l'attore è come la prostituta, ricattabile in ogni momento, per cui è tendenzialmente prono al potere, soprattutto al piccolo potere che può assicurargli la sopravvivenza quotidiana almeno sul breve periodo. Quando poi un attore diviene famoso, il meccanismo si fa talmente grosso e le relazioni talmente intrecciate che a maggior ragione non si parla, onde evitarsi problemi di vario genere che giungono fino all'ostracismo: il Potere è vendicativo.
Ecco perché, qui nomi non ne leggerete, ed anche perché in questo modus vivendi dell'attore è contemplato il concetto di "vai avanti tu, io forse vengo dopo...". Mi sono già scottato altre volte. Basta, grazie.
E poi perché i nomi, amici cari, li sapete. E se non siete certi, andate sulla rete a leggere i Curriculum!
Bene, la pasta pare sia cotta, controllo... e intanto vi saluto. 

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