La polemica sui soldi che lo Stato italiano destina alle produzioni cinematografiche non accenna a diminuire, come è nella logica delle cose quando un dibattito perde il suo valore di riflessione collettiva e diviene solo strumento di contrapposizione politica. L'attore Elio Germano
Da un lato, lo sappiamo, c'è il Governo del Paese che afferma di non poter sperperare i soldi dei cittadini, dall'altro gli uomini del Cinema che affermano che il governo fascista vuole togliere i soldi alla Cultura.
Entrambi i modi di porre la questione sono a mio parere errati: se da un lato non si può valutare un'opera dell'ingegno sulla base dello sbiglettamento, dall'altro non si deve pretendere un contributo, a volte molto ma molto sostanzioso, sulla fiducia.
Conosciamo i nomi di artisti che nel corso della Storia sono stati considerati meno di nulla per poi essere valutati come geni che producevano capolavori. da Van Gogh a Pirandello, da Wolfe a Manet, fino a qualcuno che ebbe il coraggio di affermare che Caravaggio aveva distrutto la pittura.
Dunque, valutare un'opera come di scarso valore perché l'hanno vista i dodici non è un criterio valido. "I cancelli del cielo" di Michael Cimino è stato uno dei più grandi insuccessi della storia del cinema, ma dopo ci siamo accorti che era un film superlativo. Perché il valore artistico delle opere lo decide, sul serio, solo il tempo e la loro resistenza nel tempo.
Ma dall'altro lato, parlare di Governo che non vuole sovvenzionare la Cultura è una bufala. Per un motivo simile al precedente, perché se un Governo vuole o no sostenere la Cultura non lo si decide sulla base della cifra che mette a disposizione. Un Governo, essendo un organo politico, deve fare azioni politiche, creare condizioni e criteri perché le attività culturali (non "la cultura" che è definizione molto generica) possano svilupparsi, perché i lavoratori dello Spettacolo abbiano occasioni di lavoro e siano tutelati, perché le produzioni possano nascere e andare in porto. Ed è possibile che tutto questo venga fatto con una spesa minima o addirittura senza spesa. E se così fosse, se arrivasse un governante che con una brillante idea (che io in questo momento non ho, mentre ne ho sul mio specifico, il Teatro, non so se brillanti ma ne ho), se arrivasse un parlamentare e avesse quella illuminazione che permette alle produzioni di agire pienamente con una minima spesa per lo Stato, sarebbe un male, chi avrebbe il coraggio di dire, in un Paese dove si creano le condizioni per il lavoro che questo sarebbe un male solo perché non arrivano tutti i soldi che noi vorremmo?
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Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni |
Come si può vedere, i due modi di affrontare il problema non sono corretti e avranno il solo risultato di perpetuare la ormai noiosa diatriba.
Cosa dunque andrebbe fatto? Con franchezza non lo so, anche perché come dicevo, il mio specifico è il Teatro e non il Cinema, ma una perplessità in testa ce l'ho e da parecchio tempo.
La sovvenzione teatrale esiste, ed è sacrosanta come qui ho potuto illustrare, non serve a tutelare il padrone ma il lavoratore, soprattutto quello di qualità (e per qualità intendo professionale).Ora, la sovvenzione teatrale viene elargita dopo che lo spettacolo è stato prodotto ed ha circuitato nei teatri. Per accedervi, come tanti amici Amministratori di Compagnia potrebbero raccontarvi, ci sono pacchi di moduli da riempire a volte anche con richieste folli, e questo anche a fronte di piani di produzione preventivi che vengono richiesti periodicamente, anch'essi con informazioni fuori da qualsiasi logica. Ma in pratica, i soldi si hanno dopo, ribadisco dopo, che il lavoro è stato prodotto ed è arrivato al pubblico.
Quello che con il Cinema non torna, è che i soldi vengono assegnati prima, prima e sulla base di cosa? Di un progetto. E cosa sarebbe in realtà "un progetto"? Non vorrei dispiacervi, ma... un foglio di carta. Sì un foglio di carta (più o meno lungo), sul quale è scritto quel che si vorrebbe fare, cosa racconta la storia, chi sono i personaggi, gli interpreti...
Mi pare evidente che questo sistema può presentare tante, troppo incrinature, di diverso genere, da quelle più facilmente immaginabili, alle più sottili e sotterranee.
Poiché nessuno sa, sulla carta, come sarà quel film. E se tutte le inquadrature dovessero venire male, e se la storia fosse meno efficace di quanto si immagina, e se...?
E qui va inserito un altro aspetto: cos'è l'Arte e in conseguenza la Cultura.
Per prima cosa: chi decide cosa è cosa non è Cultura.
Faccio sempre questo esempio, e mi pare funzioni: se Cultura fosse il contenuto, allora la filodrammatica parrocchiale che mette in scena Medea, varrebbe più della farsa messa in scena da Peppino De Filippo. Quindi, può avere un senso giudicare sulla base di "un progetto"? No, perché quella storia potrebbe essere realizzata malissimo, e se anche il regista o gli interpreti fossero di comprovata fama e abilità, potrebbero "toppare" il film. Sappiamo bene che è successo!
Non solo, ma siamo proprio certi che le storie che raccontiamo sono nuove, originali, o alla fin fine raccontiamo sempre le stesse dieci storie, che mutano solo in luogo e tempo?
E l'Arte, cos'è? Con franchezza non lo so, o meglio quel che so è troppo lungo e complicato da spiegarlo adesso. Di sicuro, l'Arte è una cosa che si vede dopo, nel tempo. Nel senso che quel che facciamo con il nostro mestiere è artigianato, è lavoro manuale (o intellettuale, il concetto non cambia) che si replica ogni giorno con perizia, poi un giorno qualcosa ci sfugge dalla mani e nel tempo gli altri, non noi esecutori, ma gli altri, si accorgono che è Arte. Un tal Francesco I chiese a Benvenuto Cellini di fargli una saliera, e il Cellini eseguì il compito come un bravo artigiano qualsiasi, una volta terminata ci si accorse che si era di fronte a un capolavoro.
E potremmo continuare con gli esempi, ma in sintesi, io penso che la Cultura sia "il saper fare", la capacità di avere quotidianamente il mestiere tra le mani e svolgere il proprio compito, poi un giorno, senza che ce ne accorgiamo, ci sfugge il capolavoro. Forse. Chissà...
Dunque, come si componga la diatriba Cinema-Governo non lo so, mi chiedo solo per quale motivo non si debbano pensare per il Cinema tempi e modi di sostegno economico simili a quelli del Teatro: fate, poi rendicontate, poi valutiamo ed elargiamo. Non è un sistema perfetto, ve lo dico subito, ma almeno ci sarebbe più trasparenza e meno discussioni. Noiose discussioni.
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